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A bordo del Canadair che sgancia l’acqua sugli incendi

A Malpensa c’è l’unico simulatore al mondo del CL-415: l’abbiamo provato per capire come si vola sopra a un incendio e “facendo acqua” in un lago

Succede tutto nel giro di pochi secondi: si mette la prua dell’aereo verso la colonna di fumo, si “entra” nell’incendio e si sganciano sei tonnellate d’acqua. In mezzo agli scossoni per le correnti di aria calda, l’aereo alleggerito dal carico d’acqua viene proiettato verso l’alto.

«Si sgancia a 180 km/h, a 30 metri d’altezza: così l’acqua si distribuisce su un’area di 100 per 30 metri» ci spiega Andrea Canetto, pilota di Canadair. Ha tempo di spiegarlo con calma, perché non siamo davvero in volo sopra un incendio, ma dentro a un simulatore a Malpensa. Anzi: nell’unico simulatore al mondo che consente ai piloti di “vivere” l’esperienza del volo prima di farlo davvero.

Canetto viene dal reparto Sperimentale Volo dell’Aeronautica Militare: «Nel 1984-85 feci il primo volo con il Canadair CL215, che inizialmente erano gestiti dall’AMI: li aveva ottenuti la senatrice Susanna Agnelli, dopo un incendio nella zona della sua villa all’Argentario». Dal 2001 vola come pilota antincendio e si occupa anche dell’addestramento di altri piloti, che avviene “sul campo”, perché solo così si ha l’idea di cosa si deve affrontare.

« L’aereo non è difficile da pilotare, è un “paperone”», dice riferendosi alla forma e al comportamento dell’idrovolante. «Quel che è difficile è la missione». Perché significa infilarsi appunto in mezzo alle colonne di fumo, avvicinarsi il più possibile, spesso anche su territori difficili dal punto di vista orografico.

Simulatore di volo Canadair Malpensa

Quando si arriva sopra l’incendio il pilota “taglia” potenza ai motori. All’ultimo ci si infila nel mezzo della colonna di fumo, il bagliore delle fiamme – vicinissimo – all’ultimissimo scompare dentro la coltre, mentre le turbolenze dell’aria calda che sale dall’incendio scuotono l’aereo. In pochi secondi si deve “centrare” il punto di scarico, sganciare le sei tonnellate d’acqua, riprendere potenza e virare, magari per evitare la montagna di fronte.

Per queste condizioni di lavoro il Canadair è uno degli aerei coinvolti in più incidenti ed è altamente letale (il 63% si conclude con la morte di uno o più piloti). «Quando arriviamo spesso non sappiamo la direzione e l’intensità del vento, bisogna prendere punti di riferimento visivi».
Volando a bassissima quota le minacce sono tante, quella maggiore sono forse i cavi elettrici degli elettrodotti, che diventano visibili solo quando l’aereo è a poche decine di metri. C’è passato anche Canetto: «Al 1° di gennaio 2002 ho preso i cavi elettrici a Pietra Ligure. C’era vento forte: avevamo vento contro e con l’ala abbiamo toccato un cavo, siamo riusciti a liberarci all’ultimo». Il pezzo d’ala è caduto in un giardino sottostante, ma i piloti sono riusciti a rientrare alla base.

L’altra fase delicata è il rifornimento: si tocca l’acqua a 180 all’ora, da terra sembra quasi che il grosso idrovolante sfiori l’acqua, ma a bordo lo scossone è forte, alto è il rischio di fare danni se si “tocca” troppo veloci o con un angolo di picchiata troppo elevato. Poi ci sono gli ostacoli in acqua. «In mare, quando dobbiamo spingerci sottocosta, il pericolo maggiore sono gli acquascooter, manovrabili e veloci: a volte cambiano direzione all’ultimo».

Ma in acqua è capitato anche di sfiorare uno scaldabagno che galleggiava nelle acque della Sardegna. Non esiste routine, per un pilota di Canadair, né tempi di recupero: tra il rifornimento e lo sgancio passano pochi minuti, a volte pochissimi. «In un’occasione abbiamo fatto 80 lanci d’acqua in tre ore».

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 11 Gennaio 2019
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