Casa Bellora, una quinta per piazza Garibaldi
Novant'anni fa vecchie case con portico lasciarono il posto al fastoso palazzo della famiglia Bellora: edificio e interni ancora oggi raccontano l'età dell'oro dell'industria tessile di cui Gallarate era capitale
Là dove c’erano solo alcune case con portico sorse un maestoso palazzo, come un sipario a chiudere la vista sulla piazza dedicata a Garibaldi. Era il 1929, l’ultimo anno dei ruggenti anni Venti, appena alla vigilia della crisi economica mondiale e nasceva la grande Casa Bellora, un bell’esempio di edilizia gallaratese, che ancora oggi nobilita la piazza centrale.
Scoprire le vetrate, lo scalone, le eleganti sale del palazzo è un viaggio nella realtà della Gallarate di allora, piccola capitale dell’industria tessile di quell’Alto Milanese – da Legnano a Gallarate – che era stato primo motore dell’industrializzazione italiana.
Prima del palazzo Bellora attuale sulla piazza, appena a fianco del Teatro Condominio, c’era una semplice casa con loggiato e porticato, simile a quelle molto antiche che circondavano (e in parte delimitano ancora) la vicina piazza Libertà. Il capitano d’industria Carlo Bellora – che aveva stabilimenti a Gallarate, a Somma, ad Albizzate ma anche nella Bergamasca e dava lavoro a migliaia di operai, chiamò l’architetto Moroni per realizzare un palazzo che avrebbe dovuto dare alloggio prima di tutto alla sua famiglia.
Lo studio Tenconi-Moroni era il più celebrato studio cittadino, che aveva costruito in particolare numerose ville per le famiglie più importanti della città, a cominciare da quelle dei Borgomaneri nel “quartiere Liberty” tra il Sempione e la ferrovia, prima espansione del borgo di Gallarate, in direzione di Somma.
Dalla precedente abitazione di Corso Sempione Carlo Bellora (che era nato nel 1887 e morirà nel 1948) si trasferì nella nuova casa nel 1929, insieme alla moglie Margherita e ai cinque figli: i maggiori Filippo e Claudio, avuti dalla moglie Elisa Sironi morta di “febbre spagnola” nel ‘918, e i minori Elisa, Angelo e Pietro avuti dalla seconda moglie, Margherita Sironi.
«Filippo era mio padre, Carlo mio nonno» racconta Carlo Bellora, musicista e ancora oggi inquilino della casa al primo piano, che conserva intatti molti ambienti. Racconta memorie di famiglia e anche una “genealogia” degli altri inquilini del palazzo. «Al piano terra c’erano lo studio e l’abitazione dell’avvocato Guido Sironi, futuro sindaco della città. L’avvocato Piceni, genero di Sironi, aveva studio al piano terreno e abitazione al secondo. E infine la signora Missaglia al secondo piano, con le figlie Cesira, futura Bonicalzi, e Ada, che sposò poi una Sironi di via Dante».
Nel dopoguerra rimasero nel palazzo i Bellora: Filippo al primo piano ed Elisa detta Lisetta dapprima al piano rialzato e poi al secondo (vi abitò fino al 2006). Gli spazi del piano terra sono oggi occupati dallo Studio Lainati, compreso quello che in origine era stato pensato da Bellora e dallo studio Tenconi-Moroni come sede di una banca, con elegante ingresso autonomo sull’angolo tra la piazza e via San Francesco, oggi sempre chiuso.
All’interno l’ampio atrio con vetrata e lo scalone, pur modificato con l’inserimento della colonna dell’ascensore moderno, restituiscono l’aspetto monumentale e anticipano gli ambienti privati. Che ancora oggi sono – in parte – rimasti identici alle origini, tra soluzioni architettoniche di pregio, arredi in legno, velluti. Altri ambienti invece hanno visto modifiche successive, ad esempio con l’intervento di Silvio Zanella: noto oggi come artista e instancabile animatore dell’arte in città, svolgeva anche la professione di arredatore (anche questa dimensione viene celebrata anche nel quadro delle mostre in corso per il centenario della nascita).
Dalle finestre lo sguardo cattura piazza Garibaldi, certo più ingombra di auto che in passato: «Mio nonno – continua a raccontarci Carlo Bellora – si dilettava con la fotografia e ha ritratto da qui la piazza». Una fotografia mostra sullo sfondo i portici dell’Albergo Tre Re verso San Pietro, poi abbattuto per lasciare il posto alla Casa del Fascio (che oggi viene chiamata con pudore “Palazzo Minoletti”). Un’altra, all’opposto, è presa da sotto al portico del Tre Re e ritrae proprio casa Bellora, appena costruita.
L’intervento di Palazzo Bellora risale agli anni Venti del Novecento, tra i più felici in termini di trasformazione della città, con tanti interventi pubblici – come la scalinata della stazione o quella di Crenna – e privati – come la “casa di pietra” degli Orlandi o la neogotica Casa Marcora. E lo stesso palazzo invita a scoprire anche altri pezzi di città legati alla famiglia Bellora: il grande atrio con vetrata colorati ad esempio riecheggia – come per altri particolari del palazzo – quelle della Casa di riposo Bellora di piazza Giovane Italia, dietro l’ospedale, realizzata sempre nel 1929. Gli arredi hanno ancora tessuti e velluti che vengono dalla produzione delle fabbriche Bellora, compresa quella gallaratese accompagnata dal suo villaggio operaio (vedi qui)
Ancora oggi lo stile misurato della casa fà da elegante quinta a piazza Garibaldi e accompagna con lo sguardo (come nella foto che apre questo articolo, 192) verso un altro palazzo dello studio Tenconi-Moroni, la “casa di civile abitazione” all’angolo tra via San Francesco, via Roma e piazza Risorgimento, del 1924.
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