Chieste pene dai 3 ai 5 anni per la banda dello “zio” Gianni Parlapiano
Si avvia alla conclusione il processo ai componenti della banda che commetteva furti in grandi aziende e recuperava crediti facendo leva sullo spessore criminale di Giovanni Parlapiano
Al termine di una lunga requisitoria il pm Giuseppe D’Amico ha chiesto le condanne per i componenti della banda dello “zio” Giovanni Parlapiano e di altri tre componenti mentre gli altri 8 erano già stati condannati in sede di udienza preliminare per aver scelto il rito abbreviato.
Si avvia alla conclusione il processo ad uno dei criminali locali con più esperienza sulla piazza tanto che, bastava evocare il suo nome, per far pagare imprenditori strozzati da prestiti con tassi da usura che si trasformavano in estorsioni vere e proprie. L’altra grande attività illecita condotta dal gruppo era quella dei furti in grandi aziende.
Il pubblico ministero ha chiesto 5 anni e 2 mesi di reclusione per il capo che non ha esitato a definire “boss”, Giovanni Parlapiano, associazione a delinquere, furto ed estorsione i reati contestati. Per gli stessi reati sono stati chiesti 4 anni e 2 mesi per Francesco Caliandro, 3 anni e 10 mesi per Adriano Vanoli, 3 anni e 2 mesi per Roberto Bianchi. Ad aprile toccherà alle difese concludere, prima della sentenza.
In manette la banda dello “zio” e del “moro”, specialisti in usura e furti in azienda
Le indagini iniziano nel 2015 quando un piccolo imprenditore della Valle Olona si presenta in commissariato e racconta la sua storia. Racconta dell’ennesimo episodio di estorsione ai suoi danni, epilogo di una serie lunghissima iniziata con un prestito di 120 mila euro ottenuto da Francesco Caliandro, uno dei componenti del gruppo. Il credito viene poi trasferito allo zio Gianni che aumenta la pressione, in collaborazione con il braccio destro Antonino Pinto, il quale passa alle maniere forti tra botte e incendi.
Durante le indagini vengono ricostruiti almeno una decina di furti e tentati furti tra le aziende di Buscate, Tradate, Olgiate Olona, Settala, San Marino, Angera. Uno degli ultimi messi a segno ha riguardato un deposito di migliaia di borse. Gli arresti sono dell’ottobre 2017 da parte degli agenti del Commissariato di Busto Arsizio e della Squadra Mobile di Varese.
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