Cosa inquina la nostra aria? Parola agli scienziati
Sostanze pericolose e cause di mortalità. Rispondono i medici dell'Asst Sette Laghi e del Centro Ricerche EPIMED di Università degli studi dell’Insubria
L’inquinamento ambientale sta polarizzando da anni l’attenzione non solo della comunità scientifica e degli esperti ma anche di larga parte della popolazione, soprattutto giovanile, preoccupata per l’impatto che determina sulla salute pubblica. Non è però scontato conoscere le evidenze che emergono dalla letteratura scientifica dedicata.
Il Prof. Marco Ferrario e il Dott. Giovanni Veronesi, della Medicina del Lavoro e Tossicologia della ASST Sette Laghi e del Centro Ricerche EPIMED di Università degli studi dell’Insubria, provano a fare un po’ di chiarezza sul tema.
«Abbiamo recentemente condotto una revisione sistematica della letteratura per identificare le relazioni concentrazione-risposta dei principali inquinanti noti. – spiegano – Su alcuni inquinanti, come il particolato e il biossido di azoto, gli studi sono stati numerosi e offrono evidenze chiare sulla correlazione tra la concentrazione degli stessi e l’insorgere di malattie. Su altre sostanze considerate pericolosi inquinanti, invece, come la diossina, gli IPA e i metalli, le ricerche non hanno ancora offerto solide evidenze scientifiche sul tema: i dati, infatti, o sono scarsi per trarre delle conclusioni, o, in alcuni casi, hanno dato esiti non coerenti tra loro. Di conseguenza non è possibile descrivere con precisione la correlazione tra questi e i problemi di salute che potrebbero causare».
Ferrari e Veronesi entrano quindi nel dettaglio: «Studi solidi che hanno valutato la relazione tra esposizione a particolato atmosferico e outcome sanitari, in particolare mortalità e ricoveri ospedalieri, sono i progetti Aphekom (europeo), HRAPIE (OMS) ed EpiAir2 (italiano). Questi studi hanno individuato relazioni consistenti, a breve e lungo termine, delle esposizioni a PM10 (il particolato con diametro fino a 10 micron), PM2.5 (fino a 2,5 micron), biossido di azoto (NO2) e ozono (03) con la mortalità per tutte le cause (escluse le traumatiche), nonché per gli stessi inquinanti e le ospedalizzazioni per malattie cardiovascolari, malattie respiratorie ed infezioni delle prime vie aeree. Preoccupante è anche il riconoscimento di una associazione tra PM10e la mortalità neonatale (0-12 mesi). Per quanto riguarda i tumori, una meta-analisi del 2014 ha stimato un eccesso di rischio del tumore del polmone per incrementi di 10 μg/m3 sia di PM2.5che PM10. Due recenti studi di coorte non hanno invece evidenziato associazioni significative tra particolato/NO2 e tumori al seno e fegato».
Ferrario e Veronesi approfondiscono quindi le difficoltà nel fare emergere una correlazione precisa tra altri inquinanti e le malattie: «Altri studi hanno valutato la composizione chimica del particolato atmosferico, con particolare riferimento a Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) e metalli. Per gli IPA vi sono evidenze epidemiologiche di associazione tra esposizione occupazionale e tumore del polmone, ma non sono disponibili dati sulla relazione dose-risposta per l’inquinamento ambientale sia per IPA che per metalli».
«Un inquinante ben noto in Regione Lombardia per i gravi effetti a breve termine (cloracne) è la diossina. Molti ricorderanno l’incidente con esposizione ambientale occorsa nel 1976 per un guasto del rettore ICMESA di Meda. Recenti revisioni della letteratura hanno fatto ritenere possibile un legame tra esposizione occupazionale, militare ed ambientale a diossine e tumori, in particolare linfomi. Anche i risultati dello stesso Studio Seveso indicano eccessi di mortalità ma non dell’incidenza per dette patologie. Un’altra revisione di parecchi studi conclude segnalando ad oggi l’assenza di evidenze epidemiologiche in merito ad associazioni di tipo causale tra diossine e linfomi».
In Regione Lombardia si sta ponendo attenzione ai livelli di inquinamento: la Pianura Padana con l’arco alpino alle spalle che la protegge dai venti del nord è un ecosistema particolarmente esposto all’inquinamento ambientale. «Tra le iniziative di contenimento in atto, – concludono Ferrario e Veronesi – merita menzione la determina delle pianificazione di valutazioni di impatto ambientale e sanitario che ogni nuovo insediamento di rilievo deve eseguire, in conformità a specifiche linee guida regionali. In base a dette linee guida le valutazione si debbono realizzare con valutazioni dello stato degli inquinanti e degli indicatori di salute ante-operam, e quindi tramite modelli di previsione si possono stimare le ricadute attese in termini di inquinanti e dei possibili incrementi di mortalità ed ospedalizzazioni ad essi attribuibili».
Da qualche anno la SC di Medicina del Lavoro e Tossicologia della ASST Sette Laghi in collaborazione con il Centro EPIMED dell’Università degli studi dell’Insubria e con altre istituzioni di rilievo regionale sta conducendo indagini in questo campo.
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