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Le associazioni ambientaliste: «Chiudere l’inceneritore Accam»

In una lettera aperta sette fra comitati e gruppi territoriali vogliono porre fine all’attività dell’impianto «che non è una vacca da mungere»

accam

Fermare subito l’attività dell’inceneritore Accam per il quale «si sta delineando uno scenario dove gli investimenti non erano finalizzati al bene pubblico, ma solo a interessi privati». Parole chiare in una lettera aperta firmata da sette fra associazioni ambientaliste e gruppi di azione territoriale locale che arriva a nemmeno una settimana dall’operazione della dda milanese «mensa dei poveri». Uno dei centri di potere del “sistema Caianiello“, sostengono infatti gli inquirenti, era proprio il consorzio Accam, diventato spa nel 2004 dove gli azionisti sono 27 comuni distribuiti a cavallo fra Alto milanese e Varesotto.

Nella lettera (firmata da Medicina Democratica, Ecoistituto della Valle del Ticino di Cuggiono,  Associazione 5 agosto 1991 di Buscate, Comitati Salviamo il Paesaggio di Casorezzo e Inveruno, Comitato No Terza Pista di Vanzaghello, Comitato Rifiuti Zero di Busto Arsizio – NoInceneritore Busto Arsizio e Legambiente Turbigo) viene citata la mancata chiusura dell’inceneritore entro il 2021, data fissata dalla stessa assemblea dei soci, «hanno speso milioni di euro per riuscire ad abbassare le emissioni di ossidi di azoto entro i limiti dell’AIA, hanno voluto ridargli vita con una previsione di chiusura al 2027 (ma pensando andare ben oltre) motivandola con la necessità di sanare gli enormi buchi di bilancio e sfidando anche la contrarietà di numerosi piccoli comuni (purtroppo non sufficienti, in termini di quote, per avere la maggioranza). Ci stiamo riferendo agli (speriamo ormai ex) amministratori di Accam e ai tre principali comuni soci».

«Gli ultimi mesi hanno visto vari Comuni prendere la decisione di abbandonare la società e le difficoltà della stessa a rimanere in-house con la proposta del cda di richiedere una deroga governativa.
Hanno strombazzato i valori emissivi ridotti per “dimostrare” che le nostre erano fobie e allarmismi nonostante una indagine epidemiologica recente che, seppure parziale e inadeguata, evidenziava incrementi di alcune patologie associate alle ricadute dell’impianto.
Hanno respinto ogni idea del tavolo tecnico che prevedesse la chiusura controllata dell’inceneritore e la modifica del sistema di trattamento dei rifiuti verso il ciclo a freddo
Hanno strumentalizzato i lavoratori per metterli contro la popolazione esposta e le associazioni ambientaliste.
Si sono “dimenticati” dell’episodio (2005 – “Operazione Grisù”) di smaltimento di rifiuti non autorizzati con relativo sequestro dell’impianto, come pure del blocco contemporaneo di entrambi i forni con arresto di emergenza ed emissioni fuori controllo, che ben si guardarono di segnalarlo immediatamente agli enti nel novembre 2004. Per non dire dei recenti superamenti dei limiti emissivi con interventi dell’ARPA.
Hanno sottaciuto le 117 tonnellate di ecoballe provenienti da Napoli ed incenerite nell’estate del 2017 e, con il nuovo piano industriale, avevano in previsione di bruciare 17.000 tonnellate di fanghi all’anno, alla faccia della tutela della salute, con nuovi investimenti necessari».

Questo fino all’altro ieri, continua la lettera: «Poi è arrivata la DDA di Milano con l’operazione “Mensa dei poveri” e ha scoperchiato una rete di soggetti, legati principalmente a Forza Italia e al loro referente per il Varesotto, Nino Caianiello, ritenuti a vario titolo responsabili di associazione per delinquere finalizzata al compimento di plurimi delitti di corruzione, finanziamento illecito ai partiti politici, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, false fatturazione per operazioni inesistenti, auto riciclaggio e abusi d’ufficio. Questa rete si era infiltrata anche nelle partecipate pubbliche con dirigenti a loro affiliati. Uno dei centri di potere era Accam».

«Ora, la direttrice Paola Rossi, la Presidente Laura Bordonaro, il consigliere Alberto Bilardo e il loro mentore politico Nino Caianiello risultano indagati per vari reati, accusati di aver usato il loro ruolo per conferire consulenze e incarichi che servivano ad avere indietro una parte dell’importo, utilizzando l’impianto e lo smaltimento dei rifiuti come “mucca da mungere”.
Si sta delineando uno scenario dove gli investimenti in Accam non erano finalizzati al bene pubblico, ma solo a interessi privati».

«Alla luce di tutto ciò torniamo a chiedere con forza ai soci di chiudere al più presto l’impianto di incenerimento ACCAM, dimostratosi utile solo per bruciare risorse e produrre CO2 e mazzette e, nel caso si ristabilissero le condizioni economiche e politiche adeguate, il consorzio dovrebbe investire in un sistema di trattamento dei rifiuti che incentivi il riciclo e il riutilizzo di materia».

Pubblicato il 12 Maggio 2019
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