Tangenti, in provincia “un sistema feudale” intorno a Nino Caianiello
Il quadro tracciato in conferenza stampa indica nel "mullah" di Forza Italia il centro del sistema corruttivo. Che passa per l'urbanistica, ma soprattutto per le società partecipate che si occupano di servizi pubblici in provincia, come acqua e rifiuti
Due filoni d’indagine sulle tangenti, uno milanese e uno nel Varesotto. Ma in cui compare – figura centrale – Nino Caianiello.
Un sistema corruttivo «che assume caratteri più sistematici e pervasivi» rispetto al contesto di Milano, dice il sostituto procuratore Luigi Furno (che è stato per alcuni anni in Procura a Busto).
Questo perché in provincia di Varese viene «registrato un riconoscibile centro d’autorità», appunto il mullah Caianiello, «cui fanno capo le nomine delle principali società pubbliche della provincia, come raccolta rifiuti, servizio idrico integrato». Aggirando l’interdizione ai pubblici uffici, Caianiello sarebbe divenuto «pubblico amministratore di fatto di Accam, Prealpi servizi e Alfa Srl», le più rilevanti società pubbliche della provincia.
«Abbiamo registrato la nomina di uomini che rispondono a questa figura e che sanno ab origine di dover rispondere a un sistema corruttivo, un sistema feudale in base al quale devono la decima al feudatario. Decime sulle loro retribuzioni ma spesso anche sugli incarichi, spesso inventati a tavolino, che vengono poi affidati a professionisti» del territorio. Insomma: Accam, Prealpi e Alfa come generatori di lavoro per chi fa parte del sistema intorno al plenipotenziario di Forza Italia, che peraltro non ricopre invece alcun ruolo ufficiale. Dentro all’inchiesta confluiscono «amministratori apicali» delle società, a differenza di quanto si registra a Milano. Tra loro, Alberto Bilardo, uno dei dodici finiti in carcere.
Al diffuso sistema corruttivo e consociativo, c’è poi anche il versante “urbanistico” a Gallarate, città in cui è in corso la procedura di Variante al Pgt (l’assessore alla partita è il forzista Alessandro Petrone, finito in carcere). Una vicenda «molto peculiare», ammette Furno. Si tratta dei rapporti tra Caianiello e l’imprenditore edile Leonida Paggiaro, grande accusatore del “mullah” per la vicenda dell’Esselunga di Gallarate, per cui Caianiello è stato appunto condannato in via definitiva.
Di fatto in questo caso ci sarebbe un «accordo tra concussore e concusso», una «corruzione sulla corruzione» dice il sostituto procuratore Alessandra Dolci. Di fatto tra i due «si baratta la cifra 125mila euro più 36mila di spese processuali, in cambio di un cambio di destinazione d’uso per la costruzione di un centro commerciale», da realizzare a Gallarate. In carcere sono finiti anche lo stesso Paggiaro e l’architetto Miano.
Agli arresti domiciliari c’è anche il neocoordinatore di Forza Italia Carmine Gorrasi.
Al di là del ruolo “varesino”, Caianiello rientra anche nel fiilone di Milano dell’inchiesta, con un ruolo di «garante» di alcune operazioni. E anzi, per il procuratore capo Francesco Greco è proprio lui il «trait d’union» tra i due filoni, quello del Varesotto e quello milanese.
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