Ammalati di gioco? È previsto anche il ricovero
Prima regione in Italia, la Lombardia ha introdotto la cura residenziale per chi è affetto da gioco patologico. Dai 6 ai 18 mesi in una delle strutture accreditate
Sono due uomini i primi “ricoverati” con la diagnosi da dipendenza da gioco. Lo scorso anno, Regione Lombardia ha dato una svolta nell’assistenza e nella cura di questa dipendenza. Per la prima volta in Italia, si è assimilata la dipendenza da gioco alle altre situazioni legate a sostanze o alcol.
« La Regione, lo scorso anno, ha chiesto a ogni ATS di fare un piano locale di assistenza che prevedesse una gradualità: ambulatoriale, residenziale e semi residenziale – spiega il Direttore Socio Sanitario di ATS Insubria Ester Poncato – Noi abbiamo individuato, attraverso un bando, tre erogatori che si occuperanno della cura residenziale».
In provincia di Varese sono stati individuati il Crest di Cuveglio e il Gulliver di Varese, oltre al centro Arca nel Comasco: « Nel bando avevamo imposto parametri molto rigidi, chiedendo un’esperienza maturata nel campo della cura delle dipendenze».
Per accedere a quest’assistenza occorre una richiesta specifica dei Sert, i servizi di assistenza che fanno capo al Dipartimento psichiatrico delle diverse Asst: « Quando la situazione è molto compromessa è richiesta la residenzialità – spiega la psicologa Laura Randazzo, responsabile dell’Unità operativa Nuove Progettualità del Dipartimento Socio sanitario di Ats Insubria – Noi verifichiamo che ci siano le condizioni e autorizziamo il ricovero».
Durante il ricovero, che può durare dai 6 ai 18 mesi, vengono attuate delle misure riabilitative di tipo psicologico, psicoterapeutico ed educativo: si attuano misure che mirano a modificare il comportamento, aiutando il paziente a rielaborare il problema e a prediligere atteggiamenti più adatti a gestire la dipendenza.
Dopo aver superato il momento di crisi, il paziente può essere indirizzato a un’assistenza di tipo semiresidenziale che prevede il rientro in famiglia alla sera.
«L’impegno maggiore – chiarisce dal dottoressa Poncato – rimane comunque relativo alla prevenzione che attuiamo in diversi modi coinvolgendo i principali attorni e soprattutto le scuole. Ora abbiamo un progetto sperimentale che abbiamo attuato con i comuni del Piano di Zona con capofila Gallarate. Cerchiamo di individuare, insieme a comuni, forze dell’ordine, esercenti e associazioni, politiche efficaci di contrasto. L’importante è rafforzare la consapevolezza di sé e delle proprie capacità. Soprattutto nelle scuole abbiamo avviato progetti di potenziamento dei fattori protettivi ».
Dalla crescita esponenziale delle vittime del gioco d’accordo patologico sin dal 2007, si è arrivati, negli ultimi tempi, a numeri stabili, attorno ai 150 pazienti all’anno che si rivolgono ai Sert: « Le politiche di prevenzione iniziano a funzionare – commenta il direttore socio sanitario di Ats – Nonostante viviamo in un mondo che è pieno di offerte di gioco facile. Sin dalla tenera età trovano modalità di gioco soprattutto in internet. Per questo va rafforzata la prevenzione a partire dalla scuola».
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