Patteggiamenti e collaborazione, escono dal carcere molti degli arrestati della Mensa dei Poveri
Nel giro di pochi giorni sono tornati liberi o hanno concordato la pena alcuni degli esponenti di Forza Italia, già amministratori pubblici o referenti del partito
A distanza di due mesi e mezzo dall’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare, si vanno definendo in queste settimane le posizioni di molti degli arrestati nell’inchiesta “Mensa dei poveri”, che ha terremotato i vertici di Forza Italia e che ha toccato in particolare la zona di Gallarate, Busto e Cassano Magnago. Alcuni degli indagati sono tornati in libertà dopo il ritiro delle misure cautelari a loro carico, altri invece hanno concordato con la Procura di Milano l’applicazione concordata di una pena, il cosiddetto patteggiamento.
Ultimo a trovare l’accordo è stato venerdì scorso Alessandro Petrone, l’ex assessore all’urbanistica di Forza Italia che aveva in mano la Variante al Pgt, fermata in extremis proprio dall’inchiesta: ha concordato con la Procura una pena di due anni, con immediata sospensione (era difeso da Concetto Galati). Ha ribadito ancora che sperava che sulla Variante non ci fossero irregolarità.
Ha patteggiato la pena di due anni Laura Bordonaro, ex presidente di Accam, il consorzio dell’inceneritore dell’Alto Milanese. Alberto Bilardo, l’ingegnere spalla di Nino Caianiello, ha per ora concordato con la Procura tre anni (era già stato liberato due settimane fa, dopo un interrogatorio-fiume), è tornato libero venerdì 26 luglio. Fuori dallo stretto giro di Forza Italia, l’imprenditore Pier Tonetti – cui era addebitata una tangente sull’area di sua proprietà in via Torino a Gallarate – ha patteggiato due anni e la restituzione di 50mila euro di tangente.
Diversa la posizione di Carmine Gorrasi, l’ex segretario provinciale di Forza Italia (nominato tre giorni prima dell’arresto): dopo un primo diniego a maggio, il Giudice per le Indagini Preliminari ha accettato la richiesta di scarcerazione. Gorrasi si era dimesso da consigliere comunale di Busto, dunque non ha più alcun ruolo istituzionale.
Già il mese scorso era stato scarcerato l’architetto Piermichele Miano, la cui posizione era legata in particolare al filone dell’urbanistica gallaratese. Altri degli indagati, che non erano stati destinatari di misure di detenzione in carcere o ai domiciliari, hanno nel frattempo fatto un passo indietro dai loro incarichi (spesso le misure cautelari erano giustificate con il rischio di reiterazione del reato), in altri casi è intervenuta prima la politica. Ad esempio a Cassano Magnago l’assessore Paola Saporiti, ad esempio, si è vista ritirare le deleghe dal sindaco Nicola Poliseno, mentre altri esponenti politici cassanesi i cui nomi comparivano nelle carte hanno scelto di fare un passo indietro autonomamente, ultimo l’assessore Maida.
Molti degli indagati hanno collaborato fornendo nuovi elementi alla Procura (come già accaduto con Danilo Rivolta, l’ex sindaco di Lonate Pozzolo arrestato nel 2017, le cui dichiarazioni sono confluite nell’inchiesta Mensa dei Poveri). Resta in carcere il grande timoniere di Forza Italia in provincia, Nino Caianiello.
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