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Il teatro, il Papa e il bambino: Riccardo Carù, cinquant’anni dietro le quinte

È una colonna portante del Teatro delle Arti, una seconda casa che lo ha visto nascere e crescere in questi cinquant’anni. Dal jazz ai grandi del palcoscenico, la passione di una vita

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Spesso la Storia viene scritta anche dai personaggi “minori”, quelli che stanno dietro le quinte e svolgono il proprio lavoro silenziosamente, in punta di piedi e, talvolta, passando inosservati. È il caso di Riccardo Carù, anima del Teatro delle Arti di Gallarate fin dai suoi albori: ha iniziato la sua attività di volontariato in teatro – si occupa dell’accoglienza degli attori nei camerini – ufficialmente nel 1969, ma era già presente al momento dell’inaugurazione del 1963.

«La serata di inaugurazione del Teatro è per me un ricordo indelebile. Era il 5 marzo 1963 ed era venuto il cardinal Montini. Ricordo che continuavo ad andare da lui e mi diede uno schiaffetto dicendomi gentilmente “dai, lascia che vengano da me anche gli altri bambini”», racconta Carù. «Il 21 giugno di quell’anno Montini è diventato PapaPaolo VI: quando l’ho saputo ero contento e non riuscivano proprio a tenermi». «Ero il bambino che aveva preso uno schiaffetto dal Papa», spiega divertito.

Dal 1970 ha cominciato a frequentare le Arti ed a vedere i primi spettacoli:«Arrivavano le prime compagnie teatrali, ricordo di aver visto come primo spettacolo Mercadet l’affarista, con Brazzelli. Poi ho cominciato stando vicino agli attori», che ha potuto conoscere da vicino. «Li ho conosciuti tutti, quelli che sono passati da qui. Per questo devo ringraziare Don Alberto Dell’Orto».

Erano gli anni d’oro del teatro, quando il palcoscenico di via Don Minzoni veniva calcato da nomi altisonanti come Mariangela Melato, Vittorio Gassman, Giorgio Gaber, la figlia di Charlie Chaplin (Victoria Chaplin). Le Arti facevano il pienone e, spesso, molti spettatori dovevano sedersi sui gradini per assistere allo spettacolo. Di quei momenti sono rimaste le locandine appese ai muri del foyer, monito di un passato glorioso nonché piacevole sorpresa per i frequentatori più giovani, ignari della Storia del teatro che è passata per quelle stanze.

Anche il post-spettacolo aveva un sapore tutto diverso, qualche anno fa:«La seconda sera dello spettacolo, dopo aver smontato, si facevano le due di notte perché con i tecnici mangiavamo spaghetti o pasta. Era una vera festa». «Adesso non facciamo più così tardi ed alla troupe prepariamo i panini», racconta mentre confessa che anche lui, ormai, qualche volta non rimane più fino a tarda serata. Anche il rapporto con le scuole, sostiene Carù, era più fitto di ora.

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Per non parlare degli storici concerti jazz di Chet Baker – venuto nel 1977 e nel 1980 – e di Gerry Mulligan(1977), organizzati grazie al Jazz Quartet di Gallarate:«Quei concerti hanno fatto il pienone, c’era una coda lunghissima quando abbiamo aperto la biglietteria e li abbiamo esauriti in tempo record».

E Dario Fo? «Don Alberto e Dario Fo erano amici.  Lui è stato alle Arti – il primo teatro della provincia di Varese ad ospitare l’attore – tre volte», racconta Carù mentre sfoglia la sua raccolta di foto ed autografi di tutti gli attori che sono passati alle Arti svelando un segreto:«Quando è venuto nel 1993 e l’ho conosciuto ha fatto un disegno che mi ritrae. Questo disegno vale più di tutti e me lo tengo stretto».

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Gli spettacoli che ha preferito? «Sicuramente Misura per Misura con Scaccia, La bisbetica domata con Glauco Mauri e Valeria Morriconie La Medea con Mariangela Melato. Sono state tre messinscene molto impegnative», risponde.

Dopo molti anni, avere a che fare con attori importanti è diventato quasi naturale, rivela Riccardo:«Con certi primi attori, come Gassman – che era un signore – ho sempre mantenuto le distanze in camerino. Con altri invece ho instaurato un rapporto più amichevole, soprattutto con quelli che tornavano». «Per esempio, Dario Fo era uno alla mano e quando è tornato, la seconda volta, mi ha riconosciuto. Con Sabrina Ferilli, invece, già alla fine della prima serata scherzavamo e ridevamo», continua a raccontare.

Il ricordo più prezioso di tutti questi anni alle Arti? «La serata con Claudia Cardinale e Carlo Lizzani, che nel 2006 era venuto per lavorare ad un dvd sui cento anni del museo Agusta, dove lavoravo. Gli ho fatto visitare il museo e poi l’ho invitato quella sera a teatro, c’era lo Zoo di vetrocon la Cardinale. Poi non so bene cosa mi è successo, quella sera sono andato dalla Cardinale dicendole che c’era in sala Lizzani e che sarebbe stato bello ricordare, dopo lo spettacolo, Luchino Visconti dato che ricorreva il centenario dalla nascita», racconta divertito Carù, «lei mi ha guardato e mi ha detto:”Ma che bella idea! È stupenda”; anche Lizzani era entusiasta». Un momento che Carù definisce «improvvisato», ma davvero bello, vista la grande partecipazione emotiva da parte dei due attori nel ricordare il maestro Visconti.

Dopo più di cinquant’anni alle Arti, Carù non sembra ancora intenzionato a lasciare il teatro, che conosce come le sue tasche:«Il Teatro delle Arti è la mia vita».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Pubblicato il 01 Luglio 2019
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