La mostra “I volti del monsone” di Nasirul Islam piace e viene prolungata
Il Fotoclub "Il Sestante" ha ospitato lo scorso weekend i lavori del fotografo Nasirul Islam originario del Bangladesh. Visti il successo e l'apprezzamento delle opere "esotiche", la mostra è stata prolungata e sarà possibile visitarla fino a venerdì 4 ottobre
Il monsone è da sempre, nell’immaginario collettivo europeo, la peculiarità del Subcontinente indiano: la vita degli abitanti di stati come l’India ed il Bangladesh subisce l’influenza stagionale di questi venti, spesso seguiti da cicloni tropicali violenti. Ma com’è vivere in zone del globo con un legame ancestrale tra uomo e natura? Una mostra al Fotoclub “Il Sestante” racconta di queste terre e dei suoi abitanti, immortalati nei loro momenti di vita quotidiana. Il loro autore, classe 1991, ha istinto naturale per la fotografia e la magnetica terra dei monsoni: questa è l’essenza del nuovo socio del Fotoclub, Nasirul Islam, che lo scorso venerdì 27 settembre ha inaugurato la sua prima mostra fotografica gallaratese “Megh Malhar – il racconto del monsone“, proprio nella sede del Fotoclub (clicca qui per l’intervista al fotografo).
«Sono nato in Bangladesh ma insieme alla mia famiglia sono venuto qui a Gallarate, dove mio padre vive e lavora da vent’anni in un’azienda. Sono arrivato nel 2006, ma poco dopo mi sono trasferito a Londra: mi ero iscritto alla London School Economic, studiavo Accounting. Ma non faceva per me». «Così sono tornato in Bangladesh, a Pathshala, dove ho studiato fotogiornalismo e fotografia, frequentando molti workshop. Ho lavorato anche come freelancer per alcuni giornali, era molto difficile e competitivo».
Ma la vocazione alla fotografia, all’impatto dell’immagine e ai suoi colori, ha avuto la meglio sulla scrittura e i risultati sono arrivati: nel 2014 ha esposto dei suoi lavori proprio a Pathshala, mentre l’anno successivo ha organizzato una mostra fotografica in Grecia. Nel 2016 ha ricevuto la medaglia d’oro per il Fritt Ord student per il suo progetto fotografico “Foniasophobia“. Nel 2017, invece, ha esposto in Norvegia.
Adesso è ritornato da qualche tempo in Italia, proprio a Gallarate dove è giovane membro a pieno titolo del Fotoclub e studia l’italiano in una scuola di Varese. Ora punta a lavorare molto organizzando workshop e su commissioni fotografiche – dai ritratti alle foto per eventi. In futuro, invece, vorrebbe collaborare alla produzione di corti cinematografici.
«Le foto per questa mostra sono il risultato dell’ultimo semestre come studente di fotografia, nel 2016: ho trascorso due mesi nel mio villaggio d’origine, Dakshin Bemangul, nel distretto di Madaripur, seguendo ed intervistando le persone che vivono lì. Tutte le persone emigrate dal Bangladesh a Gallarate provengono da quel villaggio, molte di loro le conosco personalmente». Si tratta, dunque, di un vero e proprio reportage, con i suoi tempi e la sua lentezza: «Ci vuole tempo per rompere il ghiaccio con i soggetti: queste non sono semplici foto che poteva scattare anche un turista, sono frutto di un lavoro più lungo e paziente», spiega Nasirul. In più, si tratta di fotografie scattate da un insider della comunità, ma che ha osservato le cose da una prospettiva diversa in quanto fotografo: «Ho cercato di catturare il ritmo dei monsoni in maniera poetica, realizzando foto alla natura, agli oggetti, alle persone che vivono il monsone ogni giorno e credo che la cosa più interessante sia che l’abbia fatto usando solo il mio iPhone». La scelta dello strumento telefonico, però, non influisce certamente sulla qualità eccellente dei suoi scatti: la forma quadrata delle fotografie, poi, molto compatibile con il formato di Instagram (clicca qui per vedere il suo profilo Instragram), seppur piccola, attira l’osservatore a concentrarsi sui dettagli.
Non una storia fotografica di povertà o di politica quindi, Nasirul ci tiene a sottolinearlo: «Solo persone nelle mie fotografie: mi piace far vedere ai gallaratesi che vengono al Sestante luoghi che non hanno mai visto ma, soprattutto, voglio raccontare il buono della mia comunità d’origine, di cui magari qui non si sa nulla». Sono, infatti, stati proprio l’esotismo della mostra e l’evocazione di luoghi dell’Asia ad attirare molti visitatori la sera dell’inaugurazione, venerdì 27 settembre, tanto che è stato deciso di prolungare la mostra fino a venerdì 4 ottobre, tutti i giorni dalle 16.00 alle 19.00.
«E fotografo l’ambiente, che negli ultimi tempi sta subendo sempre di più le conseguenze del cambiamento climatico», continua il fotografo. Quindi gli effetti del surriscaldamento globale e del cambiamento climatico si sentono già in Bangladesh? «Certamente. Le temperature si sono già alzate rispetto al passato, ma ora i giovani sono molto più attenti alla questione ambientale. Però per noi che abitiamo vicino al mare e a molti fiumi il cambiamento è già in atto: il livello dell’acqua si è alzato notevolemente. L’estate e l’inverno sono cambiati ed il monsone è cambiato, non è più regolare come una volta».
(Summer is always hotter, Winter is less cold, and monsoon is changing, it’s not regular – quest’ultima parte rendeva molto meglio in inglese, la lingua in cui si è svolta l’intervista, esattamente come l’ha detta Nasirul Islam)
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