Il falò di Sant’Agnese a Somma Lombardo, tra storia e tradizione
Com'è nato il rito del falò di Sant'Agnese che si celebre ogni anno a Somma Lombardo? Risale al XVII secolo e ricalca il rogo attraverso cui i romani cercarono di uccidere la martire cristiana
Ormai le celebrazioni della patrona di Somma Lombardo, Sant’Agnese, durano un’intera settimana, fino all’accensione del cilostar (un grosso cero) e della passera nel weekend conclusivo dei festeggiamenti.
«Questo rito, però, entrato a far parte del nostro patrimonio culturale», racconta Daniele Grossoni, uno dei tanti volti degli organizzatori e volontari del falò di Sant’Agnese, «ha radici molto antiche». Bisogna riavvolgere le lancette del tempo fino al 1643 quando, proprio in occasione di Sant’Agnese (il 21 gennaio), si decise di organizzare un importante palio in onore della martire cristiana protettrice delle vergini, delle fidanzate e delle fanciulle in età da marito, sgozzata con una spada come un agnello.
«Si propose quindi di introdurre una competizione pacifica che riunisse le comunità del borgo, all’epoca suddiviso in due parti: il Palio del Cilostar». Questo consisteva nel confezionamento di un grande cero per ciascuna squadra, che le conducesse nella corsa fino alla chiesa attraverso le vie del borgo, circondati dal pubblico schiamazzante. «Una commissione composta dal prevosto aveva il compito di giudicare il cero vincitore, quello più grosso e meglio confezionato», continua Grossoni. Il palio continuò ad essere organizzato per decenni fino a quando, purtroppo, l’entusiasmo iniziale scemò lentamente: la tradizione antica venne in parte ripristinata nel 1981.
«Non esiste più la processione competitiva – continua Grossoni – ma la scenografia è ancora dominata da un grande cero ogni anno confezionato e decorato finemente, eretto sul sagrato in posizione centrale dove rimane per qualche giorno prima e dopo la festa». Viene, però, introdotta una novità all’interno dei festeggiamenti: la passera. «Si tratta di una grossa sfera in rete metallica rivestita di cotone e decorata con edere e fiori. Per una settimana viene appesa all’interno della basilica, proprio sopra il portale centrale. Il sabato dei festeggiamenti viene calata e condotta all’esterno e dato fuoco subito dopo l’accensione del cilostar e dei “cilostrini”».
Perché proprio un falò? «Il falò simboleggia il rogo con cui i romani tentarono di uccidere la santa nel III secolo, sotto l’impero di Diocleziano», risponde. Sant’Agnese, infatti, era “colpevole” di aver rifiutato il figlio del prefetto, innamorato di lei, e di aver fatto voto di castità; questo fece intervenire il padre, che tentò per lo meno di fare diventare una vergine vestale. Al secondo rifiuto venne rinchiusa in un postibolo, dove nessuno poteva rivolgerle la parola o toccarla.
«Poco dopo venne condannata al rogo, ma la tradizione vuole che il rogo si estinse sotto i suoi piedi e che i capelli della fanciulla crebbero improvvisamente per coprirne le nudità. Gli esecutori si scagliarono quindi sulla giovane e le trafissero il collo con una lama. La santa morì martire sgozzata come un agnello, simbolo del sacrificio che divenne poi anche il suo emblema».
Da qualche anno la festa di sant’Agnese comprende anche un corteo che parte dalla casa di riposo Bellini verso il sagrato della basilica con il parroco il sindaco e le confraternite e la banda dove avviene il conferimento dell’Agnesino.
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