Residui nel Naviglio, Arpa risponde: “Difficilmente correlabili al depuratore”
Il caso era stato sollevato dal consigliere comunale di Turbigo Francesco Gritta, partendo dall'osservazione dell'alveo durante la secca del canale
“I materiali nell’alveo difficilmente sono correlabili allo scarico del depuratore”. Per questo Arpa Lombardia non procederà ad analizzare ulteriormente i residui visibili nella sede (oggi asciutta) del Canale Industriale tra Nosate e Turbigo, poco prima del punto in cui il canale diventa Naviglio Grande.
La richiesta era arrivata dal consigliere comunale di Turbigo Francesco Gritta.
“Il 18 febbraio a seguito di richiesta, i tecnici di Arpa Lombardia – dice la nota di Arpa – hanno eseguito un sopralluogo lungo le sponde del Canale Industriale che, in questo periodo, è oggetto di lavori di ristrutturazione, pulizia e manutenzione da parte della proprietà. In diversi punti, sia a monte sia a valle del manufatto di scarico del depuratore di S. Antonino, è stata rilevata la presenza di materiale depositato sul fondo del canale: sassi, sabbia e detriti. I lavori prevedono, tra i vari interventi, l’asportazione del materiale depositato, nel tempo, all’interno del canale industriale e il loro smaltimento in conformità delle norme vigenti“.
“La competenza di Arpa Lombardia, come da normativa vigente, riguarda esclusivamente la verifica periodica della conformità dell’impianto e del processo di depurazione, che prevede, tra l’altro, il controllo del rispetto dei limiti per lo scarico nel recettore, per i parametri fissati nell’autorizzazione. I risultati di questa attività, garantita costantemente dall’Agenzia, sono comunicati a Città Metropolitana (autorità competente per l’autorizzazione allo scarico del depuratore) e a Regione Lombardia (autorità competente per l’accordo di programma riguardo l’adeguamento dell’impianto)”.
“Si specifica, inoltre, che i materiali rinvenuti nell’alveo, oggetto della segnalazione, sono difficilmente correlabili al processo depurativo dell’impianto e al relativo scarico, considerando che a valle dell’impianto e prima dell’immissione nel canale industriale, l’acqua attraversa un ‘area di “fitodepurazione”. Oltre a questo, si ricorda che i solidi sedimentabili presenti nello scarico di un impianto di depurazione sono materiali “fini” e se si considera che vi sono accumuli di materiali anche nella porzione di canale a monte dello scarico del depuratore, se ne deduce l’improbabile correlazione. Il materiale rinvenuto, come dichiarato anche dal gestore dell’impianto, sembra ricondursi a lavori eseguiti sul manufatto di scarico. Occorre comunque tenere presente che gli ultimi lavori di pulizia del canale risalgono a oltre 10 anni fa. Per questa ragione, gli accumuli di materiale lungo tutto il canale potrebbero trarre origine dal deterioramento dell’opera”.
“Alla luce di questo, la verifica dell’eventuale presenza di sostanze inquinanti all’interno del materiale di cui si richiede l’analisi (detriti, sassi, sabbia) potrebbe essere difficilmente correlata allo scarico del depuratore e non costituirebbe alcun valore aggiunto sulle condizioni operative del depuratore stesso che viene regolarmente controllato dall’Agenzia”.
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