“Fermate i tedeschi!”: i giorni della Liberazione a Inveruno e nel Castanese
A Inveruno i tedeschi in ritirata bombardarono il paese, ma la resistenza dei partigiani "azzurri" li costrinse alla resa. Tre giorni dopo la resa della colonna dei nazisti della zona di Malpensa
Si accende il fuoco dell’insurrezione, all’alba del 25 aprile, anche nel Castanese, a Inveruno, a Cuggiono.
È territorio delle brigate “azzurre”, le formazioni d’ispirazione cattolica: i comandanti Luciano Vignati e Albertino Marcora – rispettivamente da Busto e da Inveruno – chiamano a raccolta i partigiani e i giovani della zona. C’è da fermare i tedeschi!
Se la data del 25 aprile è diventata simbolica, non bisogna dimenticare che gli scontri e le battaglie durarono – in particolare intorno alle grandi città – fino al 28-29 aprile.
I tedeschi si ritiravano verso Est per poi puntare a Nord: in quel momento c’era il rischio che creassero una nuova linea di difesa, forse proprio sul Ticino. E che la guerra continuasse ancora settimane, forse mesi. Ecco perché dovevano essere fermati.
Al 26 aprile una colonna tedesca passò il Ticino arrivando dalla provincia di Novara, con l’obbiettivo probabilmente di unirsi ai soldati della Wehrmacht e della Luftwaffe nella zona di Malpensa (qui confluirono anche fascisti della Brigata Nera arrivati dall’Ossola).
A Inveruno la colonna fu fermata dai partigiani della Brigata Gasparotto: alcuni “veterani” con qualche mese di esperienza, molte reclute appena armate, due decorati della Prima Guerra Mondiale che diedero indicazioni su dove piazzare le mitragliatrici.
I tedeschi spararono prima con mitragliere pesanti da 20mm (con proiettili esplosivi), ma di fronte alla tenacia dei partigiani “azzurri” alle 15.30 aprirono il fuoco anche con i cannoni, colpendo l’abitato e in particolare la chiesa e il campanile, che fu pesantemente danneggiato.
L’uso dell’artiglieria pesante – che richiedeva di mettere in opera i cannoni, quindi perdere tempo – mostra che la resistenza dei patrioti fu tenace.
I partigiani catturarono un gruppo e poi adagio adagio le postazioni tedesche si arresero, fino a che si arrivò alla resa totale. “L’annuncio venne dato con una sfrecciante automobile sulla quale sventolava una bandiera tricolore con banda azzurra, i giovani a bordo gioiosamente ad alta voce gridavano: è finita, è finita”, racconta Pinetto Spezia, comandante di quel battaglione di ragazzi. A Inveruno i partigiani ebbero un morto – Paolo Vago – e diversi feriti, anche gravi. Ma vinsero, quel 26 aprile.
Aprile 1945, la Liberazione tra Castanese e Busto e la resa dei tedeschi
Nel frattempo altre truppe tedesche sulla sponda lombarda si dirigevano verso Busto, per aggregarsi e raggiungere Milano. “La colonna era imponente e faceva paura. É pensabile fosse lunga qualche chilometro. C’erano centinaia di automezzi, carri e autocarri di munizioni (ce n’erano anche da 90 mm per cannoni) e di viveri, militari in assetto da guerra, mitragliatrici, contraerea, lanciarazzi e bombe a mano”, ricordano alcuni abitanti di Vanzaghello nel libro “L’è ura da sta in pas”.
La grande colonna che arrivò a Busto fu chiamata per anni “colonna Stamm”, confondendola con il grosso gruppo di soldati e mezzi che scendeva dall’Ossola (formato da reparti molto più combattivi e per mesi impiegati nella guerra ai partigiani, tra cui il 20° reggimento SS Polizei, responsabile di vari eccidi).
La colonna non era guidata da temibile capitano Ludwig Stamm, ma i soldati tedeschi non risparmiavano comunque violenze: diretti a Busto, il 28 aprile la colonna avanzava sparando raffiche quando attraversava gli abitati. A Castano Primo morì una donna. A Vanzaghello vennero uccise tre uomini (Angelo Branca, Giuseppe Milani, Carlo Mainini) e altre persone rimasero ferite: tra i morti anche il casellante delle Ferrovie Nord, colpito insieme alla moglie che rimase ferita (una figlia, che aveva assistito alla scena, ebbe la possibilità di identificare gli assassini, ma nel dubbio li lasciò liberi).
Un momento della trattativa tra partigiani e tedeschi, da museopartigiano.itAlla fine i tedeschi furono bloccati alle porte di Busto, assediati dai partigiani “azzurri” e dalle avanguardie dei garibaldini che scendevano dall’Ossola. Un agente segreto italo-americano, Aldo Icardi, fece da mediatore e i tedeschi ne uscirono pressoché indenni. Solo il comandante – il maggiore Hans Schmoller, 48 anni – si sparò: per anni si è creduto che fosse il nazista Stamm. Che invece fu fatto prigioniero dagli americani a Novara, tornò presto a casa e poi si rifugiò in Argentina. Morì nel 1986.
La memoria della guerra partigiana tra Castanese e Magentino è oggi tutelata anche dal percorso “Memoria diffusa” promosso da Anpi Milano, Raggruppamento Divisioni Di Dio-Fivl ed Ecoistituto Valle del Ticino.
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