Il boom della bicicletta nell’era Covid: Milano ci pensa, la provincia la seguirà?
Nuove ciclabili, aziende che aiutano i dipendenti a scegliere la bici, incentivi nazionali e locali: la paura del Covid-19 spinge a cambiare. Più facile su una grande città, ma qualcuno si sta mobilitando anche nelle realtà di provincia
Il trend nelle grandi città c’era già, ma adesso diventa improvvisa accelerata: il rinnovato successo della bici diventa boom (comportamenti individuali in crescita) e soluzione strategica (scelte politiche, a partire dalle città).
A Milano tutti sono stati messi di fronte al grande nodo del trasporto pubblico: come ci si sposterà in sicurezza, se bisogna evitare gli assembramenti in metropolitana e sui bus? Da un lato si sta pensando davvero a orari diversificati anche su richiesta delle aziende di trasporto, dall’altro è emersa l’idea della bicicletta: a Milano, città piatta e concentrica, è una buona soluzione.
Il Comune ha ingranato – la metafora automobilistica suona ironica – la quarta, se fin qui si era mosso in prima o in seconda: nel giro di pochi giorni sono spuntate le ciclabili persino su Corso Buenos Aires, tra entusiasmi, qualche inevitabile critica, sostegno inaspettato dei commercianti (certifica anche una fonte tendenzialmente critica come Il Giornale) che capiscono ch è meglio un cliente in bici che uno che non esce per paura del metrò sovraffollato e delle code infinite in auto.
Ma ci sono anche i comportamenti individuali comunque in crescita e quelli delle aziende: il Corriere della Sera cita Moncler e Dsquared2, giusto per far due nomi della moda che stanno incentivando e dando strumenti ai dipendenti.
Il boom è percepito dagli stessi produttori di bici, racconta sempre il Corriere:
«È vero, c’è un’attenzione diversa. Una nuova prospettiva di chi vuole rinunciare ai mezzi, provando a lasciare l’auto in garage», dice Matia Bonato, presidente di Assobici, ma anche nuova generazione al comando dello storico Rossignoli. Qualche settimana fa parlando con i colleghi del settore si chiedeva se lo slancio annunciato verso le due ruote avrebbe portato a un boom di mercato. Pensavano di cavarsela con due mesi di magazzini intonsi. «Invece è stato un po’ come uscire da due mesi di astinenza da alcol. A noi sarebbe bastato qualche bicchierino», dice Bonato.
E in provincia, là dove ci si sposta più in auto che in treno o in bus? Qui il sovraffollamento è un pericolo meno immediato (ma non inesistente), in compenso anche qui il rischio che più traffico si trasformi in più inquinamento. E allora le associazioni dela Fiab, la Federazione Italiana Amici della Bicicletta, si muovono. Un po’ rilanciando una strategia generale avviata, come nel caso di Fiab Varese, un po’ provando a mettere insieme anche nuove proposte su cui convergere, come nel caso di Fiab Gallarate Pedala.
Nei giorni scorsi hanno fatto sentire la loro voce rispetto alla chiusura delle sponde dei navigli, per ricordare che non sono solo la ciclabile della gita della domenica, ma possono essere (e per alcuni sono già) anche collegamenti interurbani sicuri, da riattivare tanto più in questo momento. Possono essere utili per lo studente che da Robecchetto deve andare a scuola a Turbigo o per l’impiegata che da Corsico va verso la zona di Porta Genova a Milano o il cameriere che da Vimodrone deve andare a lavorare a Porta Venezia.
Certo, per molti – i pendolari – rimane il problema del treno, che comunque dovranno prendere, anche con rischio sovraffollamento. C’è un aspetto che si potrebbe discutere: sui treni si viaggerà per forza con spazi vuoti imposti e potrebbe essere fattibile – almeno per qualcuno – andare da casa in stazione in bici e trasportarla sul treno, per poi risparmiarsi anche il viaggio su Atm a Milano. Se così fosse, si ridurrebbe una quota anche di traffico automobilistico locale che converge verso stazioni-nodo come Saronno o Busto Arsizio o Gallarate. E consentirebbe anche di liberare una parte delle strade, togliendo traffico e auto parcheggiate per tutto il giorno.
In altre realtà europee la conversione alla bici è molto più decisa, anche rispetto a Milano: scelte delle città ma anche investimenti corposi a livello nazionale, che invece – è brutta notizia di oggi – sono al palo in Italia, con la bocciatura delle risorse straordinarie da parte del governo. Però anche da alcune realtà di provincia italiane – come Parma, per fare un esempio – arrivano segnali incoraggianti.
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