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Processo Mensa dei Poveri, il destino di Cassani nelle mani di Bilardo e Caianiello

Il sindaco è passato da baluardo della legalità a potenziale imputato nella maxinchiesta per corruzione: la sua posizione dipende dalle dichiarazioni degli uomini del ras di Forza Italia. Che ritornano già in una denuncia del 2018

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Chi aveva in mano il destino della Variante del Pgt di Gallarate? Chi ha pilotato gli affari del cemento e il destino delle aree della città? È uno dei grandi filoni dell’inchiesta Mensa dei Poveri, in cui si scontrano versioni differenti, tra gli stessi indagati.

Dentro al filone dell’urbanistica gallaratese, tre sono i capitoli o – meglio – tre fasi: quello sui palazzi storici di via Mazzini e la “tangente al quadrato”, quella sull’area di via Torino (ex industriale da adibire a commerciale) e quella sull’affidamento dell’incarico per la revisione del Pgt.

Quest’ultimo capitolo è in realtà il primo, per così dire, dal punto di vista logico : perché secondo l’accusa proprio dal controllo della fase iniziale di redazione del Pgt sarebbe passata la possibilità di influire sulle diverse partite.
L’operazione del “gruppo Caianiello” – secondo l’accusa – passava dal controllo illecito della procedura di nomina del professionista che doveva “disegnare” il Pgt. Secondo lo stesso Nino Caianiello il gruppo aveva puntato “raggruppamento che faceva capo a Giuliani” e che comprendeva l’architetto Moriggi, che era considerato influenzabile.

La ricostruzione dell’accusa poggia sulle intercettazioni (che hanno giustificato i provvedimenti cautelari di maggio 2019) e sulle deposizioni di Bilardo, Petrone e dello stesso Caianiello, che hanno guidato la seconda fase dell’inchiesta. Sono loro ad avere chiamato in causa anche il sindaco Andrea Cassani, che secondo la loro ricostruzione avrebbe saputo delle manovre. «Sarete contenti ora» è la frase che secondo Bilardo il sindaco Cassani avrebbe pronunciato nei corridoi del Comune: sarebbe questo il passaggio che dimostrerebbe che il sindaco era consapevole dell’obbiettivo strategico di Forza Italia per controllare un passaggio che – per legge – deve essere esclusivamente tecnico e non nella disponibilità della politica.

Cassani e il suo legale hanno sempre parlato di una calunnia, un’accusa infondata da parte di Bilardo e Petrone, «persone che stavano vivendo situazioni stressanti e hanno evidentemente ritenuto di confondere un po’ le acque».
Caianiello, da parte sua, dice che Petrone e Bilardo gli avevano detto di aver ottenuto «l’obiettivo». Il ras di Forza Italia dice che «il sindaco Cassani, a proposito dell’aggiudicazione in favore di Giuliani, disse che Forza Italia era stata accontentata e aggiunse che, per tale ragione, vantava un credito politico nei confronti del nostro partito»: ma Caianiello riporta comunque le parole indirette di Petrone e Bilardo, che rimangono gli accusatori di Cassani (che è all’ultimo anno del primo mandato e ha annunciato di volersi ricandidare). Sempre secondo “il Mullah” Bilardo gli disse che non si poteva “prescindere dal sindaco del Comune”.

Legato a filone principale sulla revisione del Pgt ci sono poi i due capitoli più specifici, su via Mazzini e via Torino. La vicenda di via Mazzini (definita dagli stessi inquirenti “la tangente al quadrato”, vedi qui) ritorna anche in una vicenda giudiziaria a latere: Nino Caianiello aveva infatti già nel 2018 denunciato per diffamazione l’avvocato Pietro Romano , che in un video pubblicato il 26 giugno 2018 (un anno e un mese prima degli arresti di “Mensa dei poveri”) ipotizzava che qualcosa di strano stesse avvenendo in via Mazzini.

«Informai il sindaco Andrea Cassani che c’era qualcosa di strano in via Mazzini. E ora c’è anche la prova documentale» dice oggi Romano, tornando alla carica del sindaco di Gallarate. Quella che secondo Romano è una prova è nel testo della denuncia presentata da Caianiello, che spiega l’operazione avviata (e considerata lecita) e specifica: “Il signor sindaco aveva poi riferito ad alcuni assessori della sua giunta, tra cui il dott. Alessandro Petrone […] e il coordinatore cittadino di Forza Italia ing. Alberto Bilardo, che il Romano gli aveva fatto capire che c’era un accordo con il Paggiaro per ottenere favori sulla sua proprietà di via Mazzini”.

Ora: dev’essere il processo a dimostrare che si tratti effettivamente di un’operazione illecita, mentre di certo quell’area vide una modifica all’interno della Variante al Pgt, arrivata al primo passaggio (di due) in consiglio comunale nell’inverno 2019, mentre gli arresti di Mensa dei Poveri scattarono poche settimane prima della seconda e definitiva approvazione.

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I palazzi storici di via Mazzini, al centro dell’operazione di “mediazione” finita nell’inchiesta Mensa dei poveri

«È arrivato ad adottare il Pgt, compresa l’operazione di via Mazzini, finita poi nel quarto capo d’imputazione dell’ordinanza» sottolinea Romano, richiamando di fatto la responsabilità politica più che quella (appunto da dimostrare) di Cassani, che continua a considerare le accuse nell’inchiesta come frutto delle calunnie di altri indagati.
Le due vicende giudiziarie restano intrecciate, anche come tempi: «Lo scorso martedì 9 giugno si è tenuta l’udienza, l’avvocato Cesare Cicorella che rappresenta Alessandro Petrone ha prodotto una memoria che il mio legale ha chiesto di poter verificare». E a questo punto l’udienza è rinviata a novembre. E in autunno si dovrebbe arrivare anche al prossimo passaggio di Mensa dei Poveri, in cui restano indagati Cassani (difeso sempre da Cesare Cicorella) e – anche per la vicenda specifica di via Mazzini – Nino Caianiello.

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Pubblicato il 25 Giugno 2020
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