EasyJet e le conseguenze della crisi: tre basi verranno chiuse
La compagnia britannica ha annunciato che potrebbere ridurre considerevolmente il personale in patria e le basi di Stansted, Southend e Newcastle
Lo stop ai voli imposto dall’emergenza Covid e la successiva lenta ripartenza comincia a mostrare i segni sull’occupazione. EasyJet sta preparando la chiusura di tre basi inglesi, a Stansted, Southend e Newcastle; 727 piloti britannici sono a rischio licenziamento.
Lo riporta BBC News che, a seguito del comunicato ufficiale del vettore britannico sul piano di chiusura delle basi, ha riportato le dichiarazioni dei due sindacati di riferimento, Balpa – l’associazione dei piloti britannici – e Unite the Union, il sindacato che comprende i lavoratori nel mondo dei trasporti. “Il taglio dei posti di lavori è una reazione eccessiva alla crisi” ha detto il segretario generale di Balta Brian Stratton, seguito a ruota da Unite secondo cui tagliare 1290 assistenti di volo sarebbe “un colpo durissimo” inflitto a “un’industria già in grande sofferenza”.
“Il calo di domanda ha come conseguenza la riduzione del personale”, ha dichiarato il Ceo della compagnia Johan Lundgren, spiegando che “siamo pronti a lavorare con i rappresentanti dei nostri lavoratori in maniera costruttiva al fine di minimizzare il più possibile il taglio dei posto di lavoro”.
EasyJet ha oggi 11 basi in Gran Bretagna, con 163 aeromobili e 546 rotte. Le tre basi in odore di chiusura rimarranno comunque tra le rotte servite da EasyJet, come assicurano i vertici: i voli da e per Newcastle, Stansted e Southend rimarranno, ma non ci saranno aeromobili e personale fisso negli aeroporti.
L’annuncio di EasyJet è stato fortemente criticato da Oliver Richardson di Unite the Union: “La compagnia ha ricevuto un prestito da diversi milioni garantito dallo Stato, che dovrebbe servire proprio a difendere i posti di lavoro nel paese”. E segue il comunicato uscito a fine maggio che annunciava il piano di tagliare fino a 4500 posti di lavoro, per fronteggiare la crisi da coronavirus e l’impossibilità a tornare ai livelli di domanda del 2019 prima del 2023.
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