Prezzo del latte, gli agricoltori Cia: “Potere all’industria grazie a Coldiretti”
Scontro tra le due principali associazioni di agricoltori. L’accordo firmato con Italatte penalizza gravemente gli allevatori e apre alla riduzione dei prezzi
Un ritorno al passato con aggravante e complicità di una parte del mondo agricolo, travestito da successo. Così la Confederazione Italiana dell’Agricoltura descrive la rottura dell’unità sul tavolo latte di quest’estate e arrivato infine al contratto siglato nei giorni scorsi da Italatte (gruppo Lactalis) con la sola Coldiretti, che – dice la Cia – metterà in serie difficoltà tutte le stalle.
«È un capolavoro al contrario la nuova intesa siglata solo da una parte del mondo agricolo – dice il presidente di Cia Agricoltori Italiani Provincia Centro Lombardia Paolo Maccazzola – dà ancora più poteri alle industrie di trasformazione, di fatto reintroduce il sistema delle quote, e riduce il prezzo agli allevatori, avvicinandolo a quello basso del resto d’Europa».
Il prezzo scende a trentacinque virgola cinque centesimi al litro, due in meno del contratto precedente, sottolinea la Cia. Qualora gli allevatori dovessero produrre di più rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente, soprattutto nelle stagioni fredde, ci sarà una riduzione di ben sei centesimi al litro. Non è previsto alcun premio quando gli allevamenti produrranno di più, in particolare nei periodi caldi, su richiesta dei trasformatori. Infine, sottolinea ancora la Cia, le aziende dei soci Coldiretti dovranno restituire la differenza di prezzo percepita da giugno ad oggi, non avendo aderito all’accordo di giugno del resto del comparto.
È evidente lo scontro aperto tra le due principali associazioni degli agricoltori. «Coldiretti si autoelogia nel comunicati stampa, ma, come al solito, non distribuisce le bozze dei contratti che stanno arrivando ai produttori, forse si vergogna e spera non siano resi noti» dice ancora Paolo Maccazzola. «Il danno creato in Lombardia rischia di estendersi in poco tempo a tutta Italia, visto che qui si produce il quaranta per cento del latte nazionale».
Per comprendere le distanze tra le esigenze degli agricoltori e quelle dell’industria, è utile ricordare che da novembre a marzo c’è il picco produttivo nelle stalle, mentre da maggio a settembre c’è maggiore richiesta delle imprese di trasformazione casearia per l’aumento dei consumi di latticini e formaggi freschi. Le difficoltà di intesa sono dovute alla biologia, anche le vacche soffrono il gran caldo e producono meno latte, anche se negli ultimi anni i sistemi di allevamento si stanno adattando ai cambiamenti climatici e al benessere animale.
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