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Ares Federici, il “giapponese di Busto” che sogna le Olimpiadi

Il 18enne della Pro Patria Bustese che ha appena vinto i primi due titoli italiani assoluti ha vissuto sei anni nel Paese del Sol Levante: «Esperienza magnifica, mi manca tutto. E ai Mondiali nipponici del 2021 voglio esserci»

ares federici ginnastica artistica bustese pro patria

Su una vettura che ogni giorni parte da Busto Arsizio in direzione Milano salgono con i loro borsoni sportivi, uno accanto all’altro, il presente e il futuro della ginnastica artistica nostrana e nazionale. Al posto di guida il più esperto, Ludovico Edalli, uno che le Olimpiadi le ha già frequentate (a Rio) e che ha in tasca il pass per quelle di Tokyo, sperando che vengano disputate.

L’altro a Tokyo ci è già stato, a lungo, nonostante abbia appena 18 anni e per il momento i Giochi li ha visti solo in televisione e nei suoi sogni. Cinque cerchi che, però, potrebbero diventare realtà perché la strada, per quanto lunga, è già tracciata. Ares Federici, classe 2002, ha confermato le attese sportive vincendo due ori di specialità ai campionati italiani di Napoli dove Edalli (che di anni ne ha 27) ha ottenuto il quinto titolo tricolore nell’all-around. Entrambi hanno in comune la città di nascita, Busto appunto, e il club – la Pro Patria Bustese Sportiva – che li ha scoperti e cresciuti. Ma Ares  – allenato da Stefano Rossini – prima di affermarsi come atleta ha alle spalle una vicenda particolare: sei anni trascorsi in Giappone, che lo hanno segnato in modo indelebile.

«A causa dell’epidemia cerco di evitare i mezzi pubblici, e così Ludovico mi dà ogni giorno un passaggio per Milano dove ci alleniamo insieme. Tra di noi si è creato un rapporto fatto di amicizia e consigli, è un po’ un fratello maggiore perché mi racconta le sue esperienze ma anche gli errori che bisogna evitare di compiere lungo la carriera».

Intanto, a Napoli, sono arrivati i primi due titoli nazionali: si aspettava un risultato del genere?

«Un po’ sì, perché da un lato mancava qualche avversario che avrebbe potuto contendere le medaglie e dall’altro perché sapevo di essermi preparato molto bene. Sono felice per i due successi di specialità ma anche per il 13° posto nel concorso all-around del sabato: non mi aspettavo un risultato del genere, tanto più che una caduta mi ha fatto perdere qualche punto. Tutta esperienza, anche questa».

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La spedizione bustocca agli assoluti di Napoli. Con Federici (in basso) Saul Fermin, gli allenatori Paolo Siviero e Stefano Rossini e, a destra, Ludovico Edalli

Agli assoluti lei ha vinto nel volteggio e nel corpo libero: quale specialità sente più sua? E come è arrivato a perfezionarsi in queste discipline piuttosto che in altre?

«Direi che il corpo libero è la mia specialità principale e anche quella in cui posso pensare di competere agli altri livelli, anche se il volteggio è comunque una “punta” del mio repertorio. Credo che sulle mie capacità abbia inciso un fatto: nei miei primi anni in Giappone ero affascinato dal trampolino elastico: su quello ho imparato tanti movimenti che mi sono tornati molto utili negli esercizi al corpo libero e al volteggio. Dove invece devo migliorare tanto è il cavallo con maniglie, attrezzo che necessita di un’elevata stabilità su polsi e mani: forse io non ne ho così tanta. Però mi piace anche quello e spero di migliorarlo».

Ha citato il Giappone che per la sua carriera e la sua vita rappresenta tantissimo. Come è nato questo amore?

«In tutto, ho trascorso sei anni in Giappone: ci sono arrivato per via la professione di mio papà che lavora per una grande azienda italiana; quando poi la famiglia è tornata in Italia, io sono rimasto per un ulteriore anno da solo. L’anno più bello della mia vita. E se non fosse stato per la scuola e per la ginnastica, penso che sarei rimasto là per sempre ad abitare». 

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Come è riuscito a superare le difficoltà legate alla lingua e alle abitudini? E a frequentare scuola e attività sportive?

«Sono stato ospitato da persone gentilissime che mi hanno aiutato molto su tutti i fronti. La lingua in particolare: io parlo giapponese ma è chiaro che in certi ambiti non sia semplice. L’ultimo anno di scuola è stato tosto, ma da marzo siamo stati a casa e tutto sommato l’ho conclusa normalmente. In palestra mi sono dovuto adattare per parlare e ciò mi ha aiutato molto. Durante il lockdown inoltre, ho lasciato Tokyo dove era vietato allenarsi e mi sono spostato in una zona periferica dove per un altro mese è stato possibile continuare ad andare in palestra. Anche in quel caso un amico è stato fondamentale; sono stato ospitato e aiutato il più possibile».

A Tokyo ci saranno, o almeno ci dovrebbero essere, anche le prossime Olimpiadi.

«Purtroppo l’Italia non ha qualificato la squadra e così avrà un solo posto a livello individuale maschile, un pass ottenuto proprio da Ludovico ai Mondiali di Stoccarda. In Giappone però sono previsti anche i Mondiali del 2021: voglio che proprio da quelli inizi la mia carriera internazionale nella ginnastica artistica tra i senior. Per le Olimpiadi pensiamo al 2024».

Al di là del grande affetto per il Giappone, quand’era a Tokyo cosa le mancava dell’Italia?

«Direi due cose: il cibo e gli amici di sempre che vivono qui e con cui ho un ottimo rapporto. Detto questo però, sinceramente, preferisco vivere all’estero. Del Giappone, in questo momento, mi manca tutto».

La scelta di Milano per gli allenamenti?

«Io lavoro su tutti i sei attrezzi. Quando a Busto, in una prova al volteggio, ho sfiorato il soffitto con la testa abbiamo capito che non era il caso di proseguire e così ho scelto Milano».

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Damiano Franzetti
damiano.franzetti@varesenews.it
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Pubblicato il 13 Novembre 2020
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