“Caccia” innocua al lupo: il Parco del Ticino partecipa al monitoraggio
In particolare la zona lungo il fiume è un fondamentale corridoio ecologico, nel collegamento tra Alpi e Appennino: per questo il Parco entra nel primo progetto di monitoraggio nazionale
Sarà una “fotografia” del lupo in Italia, scattata in un momento preciso, per capire dove e quanti sono gli esemplari – maschi e femmine – presenti dalle Alpi all’Appennino.
“Il primo monitoraggio del lupo in Italia” è il grande studio nazionale che si concluderà a marzo 2021. E in questo studio ha un ruolo importante anche il Parco del Ticino: territorio non montagnoso, ma fondamentale corridoio ecologico, in particolare proprio nelle zone lungo il fiume, per passare – appunto – dalle Alpi agli Appennini, dall’Ossola all’Oltrepo Pavese.
In questi mesi verranno perlustrati percorsi prestabiliti (“transetti”) in spazi naturali, a diverse quote, sull’intero territorio nazionale sulle tracce del lupo per raccogliere specifici dati di campo. Per la prima volta le Istituzioni nazionali uniscono le forze per ottenere una “fotografia” aggiornata sulla presenza e la distribuzione di questa specie in Italia, utilizzando disegni di campionamento e protocolli standardizzati avanzati, messi a punto dall‘Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra). A questo ambizioso progetto partecipa anche il Parco del Ticino che vedrà coinvolti, insieme ai Guardiaparco, personale dell’area protetta, volontari e ricercatori dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca e dell’Università di Pavia.
«Questa attività – spiega il consigliere del Parco del Ticino, Francesca Monno – si collega e si affianca ad un progetto di monitoraggio della presenza del lupo nel Parco già in corso da alcuni anni, volta a valutare la funzionalità del bacino del Ticino come corridoio ecologico (via di transito) per la specie tra le Alpi e l’arco Appenninico. In generale, i piani di monitoraggio costituiscono uno strumento essenziale per valutare l’evoluzione dello stato di conservazione o di espansione di una specie e, quindi, l’efficienza delle misure gestionali messe in atto dalle Amministrazioni».
In Italia, il monitoraggio del lupo su scala nazionale è previsto dal vigente quadro normativo, poiché il lupo è inserito tra le specie di interesse comunitario.
«Non va dimenticato, peraltro, che il lupo resta il principale alleato dell’uomo nel contrasto alla presenza del cinghiale» conclude Francesca Monno. «La dieta del lupo è, infatti, rappresentata da prede selvatiche quando riesce a reperirne in abbondanza e di certo il cinghiale rappresenta una porzione abbondante della dieta nei Paesi del Mediterraneo con frequenze variabili, ma in tutte le aree».
Nel Parco, il lupo è stato segnalato nel 2012 e poi nel 2017 (nella foto). La sua presenza assume qui anche un rilievo particolare: il suo essere all’apice della catena alimentare lo pone come elemento riequilibratore naturale delle popolazioni di ungulati. Se le mutate condizioni ambientali e sociali rendano oggi ingiustificata e anacronistica l’ipotesi di situazioni di pericolo per l’uomo, all’opposto possono contribuire a ridurre la presenza dei cinghiali, quelli sì dannosi e pericolosi per l’uomo (fino ai casi mortali, per incidente stradale).
Il Parco del Ticino, a seguito della prima segnalazione che risale al 2012, ha già avviato da alcuni anni una collaborazione con le Università di Pavia e Milano – Bicocca per il monitoraggio del Lupo nell’area protetta e sta provvedendo alla formazione di tecnici, guardiaparco e volontari finalizzata al riconoscimento dei segni di presenza del lupo, con l’obiettivo di stimare l’areale della specie nel Parco del Ticino e nelle aree limitrofe e di raccogliere campioni per le analisi genetiche.
È utile ricordare che al momento si tratta di segnalazioni di rari esemplari in dispersione, ma resta il fatto che la presenza del lupo conferma il ruolo della Valle del Ticino come corridoio ecologico funzionale tra Alpi ed Appennini: i boschi perifluviali sono infatti caratterizzati da livelli di naturalità tali da consentire ad un grande predatore come il lupo di utilizzarle nella fase di dispersione, trovando una via di congiunzione fra le popolazioni dell’Appennino e quelle delle Alpi.
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