Fiume, la città cosmopolita spazzata via dal Novecento
Era la città in cui "si diceva che anche il più stupido degli uomini parlasse quattro lingue": fu travolta da nazionalismi e totalitarismi. L'Ecoistituto ne parla attraverso la testimonianza di Harry Bursich
C’era una volta Fiume: una città cosmopolita e orgogliosamente autonoma. C’era una volta e non c’è più, perché Fiume è finita stritolata dal Novecento, dai nazionalismi e dai totalitarismi.
La storia di Fiume è una storia emblematica della complessità di quell’area di confine tra mondo slavo, italico e germanico. L’Ecoistituto della Valle del Ticino prova a ripercorrerla, in occasione del Giorno del Ricordo, con l’incontro “C’era una volta Fiume. Storia di una città e una famiglia nella tragedia giuliano dalmata”: ospiti Harry Bursich, cittadino italiano nativo di Fiume, e Daniela Franchetti dell’istituto varesino di Storia contemporanea
“Parlare degli esuli Giuliano Dalmati – scrive l’Ecoistituto – significa recuperare un pezzo di tragica storia del Novecento. Storia complessa, spesso sottaciuta quando non distorta. Ma è importante parlarne non tacendone cause e sviluppi perché è soprattutto nella prima metà del Novecento che un nazionalismo esasperato, variamente connotato ideologicamente, ha portato comunità multietniche insediate su uno stesso territorio in Venezia Giulia, Istria e Dalmazia a devastanti conflitti. Esemplare sono i casi di Trieste, di Pola, di Fiume città dove Italiani, sloveni, croati, ebrei convivevano all’interno di fiorenti realtà, allora importanti sbocchi sul mare dell’impero asburgico. E’ infatti negli anni Venti con gli sconvolgimenti portati dalla Grande Guerra nell’area orientale, con la fanatica propaganda nazionalista, con la virulenza del primo fascismo, con l’italianizzazione forzata e brutale dei territori di frontiera prima e con l’occupazione dell’esercito italiano nei Balcani negli anni quaranta poi, che si acutizza quella devastante contrapposizione che troverà il tragico epilogo contro le popolazioni italiane dopo l’otto settembre ’43 provocando negli anni seguenti il massiccio e doloroso esodo di ben 300mila nostri connazionali”.
Dal nazionalismo ungherese all’italianizzazione forzata, dal fascismo all’occupazione nazista, all’imposizione del comunismo staliniano prima del 1948, Fiume ha vissuto in ogni passaggio una perdita della sua identità: quella della città in cui “si diceva che anche il più stupido degli uomini parlasse quattro lingue” (Raoul Pupo).
Appuntamento mercoledì 10 febbraio ore 21 su pagina facebook dell’Ecoistituto della Valle del Ticino.
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