Malpensa, Fiumicino e gli altri: la maxicausa sulla tassa d’imbarco passa al Tar del Lazio
La tassa sarebbe "addizionale comunale", ma il gettito va a Roma e i Comuni finora hanno avuto poco. L'associazione Ancai, che riunisce 27 Comuni, non demorde
«Lo Stato ci deve 70 milioni di euro». I Comuni aeroportuali italiani non demordono, sulla richiesta di arretrati della cosiddetta Tassa d’imbarco, l’addizionale comunale sui biglietti dei voli in partenza. Con una novità: dalla sede civile ora si passa al tribunale amministrativo, in una battaglia avviata ormai da tempo.
«Dal giudice civile la causa è stata rimandata al TAR del Lazio, per questo come Comuni abbiamo rinnovato incarico all’avvocato De Nora di Milano» spiega Mauro Cerutti, presidente di lungo corso dell’Ancai, Associazione Nazionale Comuni Aeroportuali, e vicesindaco di Ferno, il Comune su cui ricade la maggior parte del sedime dell’aeroporto di Malpensa (l’area recintata copre 2/3 del territorio del paese).
Il 2022 sarà il sesto anno di una causa su cui i Comuni non vogliono cedere: chiedono che lo Stato versi integralmente quanto dovuto per la tassa che si chiamava “comunale” ma che è finita poi più che altro nelle casse dello Stato.
Cos’è la tassa d’imbarco
La “tassa d’imbarco” è stata infatti istituita dalla finanziaria del 2004 (legge 350/2003) e si chiama in realtà ufficialmente “addizionale comunale sui diritti d’imbarco”: è dovuta ai Comuni che mettono a disposizione una parte del loro territorio come sedime aeroportuale. La tassa viene pagata da ogni passeggero sul biglietto in partenza dall’Italia, il gestore aeroportuale la versa allo Stato.
Pur essendo una tassa a beneficio degli enti locali viene gestita dal Ministero dell’Interno con opportuni trasferimenti. Nei fatti però lo Stato ha trattenuto quote consistenti del gettito, denunciano i Comuni: il grosso del gettito finisce soprattutto nel “Fondo di solidarietà trasporto aereo“, ammortizzatore sociale aggiuntivo a cui attinge soprattutto l’ex Alitalia (anche se le crisi nel mondo dell’aviazione sono ricorrenti, potrebbe interessare anche i lavoratori Air Italy di base tra Olbia e Malpensa).
La causa Ancai per la tassa d’imbarco
Quanto vale la causa? «Al ministero chiediamo il riconoscimento per il periodo 2005-2015, per un totale di 70 milioni di euro» spiega Mauro Cerutti. «Abbiamo poi presentato una ulteriore diffida per il periodo 2016-2018, solo con questo si arriverà già a 90 milioni».
Cerutti, già sindaco del Comune di Ferno per due mandati, è nel direttivo dell’Associazione Comuni Aeroportuali da oltre dieci anni, presidente dell’associazione dal 2014: l’ultimo rinnovo – il terzo – l’ha ottenuto il 22 novembre scorso. Un segnale di fiducia da parte degli altri sindaci: l’Ancai riunisce 27 Comuni aeroportuali, a partire da quelli nella zona di Malpensa e da Fiumicino (l’aeroporto prende il nome infatti da una poco conosciuta cittadina).
Paradossalmente i Comuni degli aeroporti sono per lo più piccoli Comuni, sebbene ospitino infrastrutture strategiche per le città: così ad esempio c’è Orio al Serio, per l’aeroporto di Bergamo che poi è nei fatti anche uno scalo di Milano. C’è la cittadina laziale di Marino che corrisponde al territorio dell’aeroporto di Ciampino, c’è Elmas per Cagliari e così via.
L’Associazione Comuni Aeroportuali Italiani vuole allargarsi
«Anche dopo gli ulteriori rinnovi delle amministrazioni, vorremmo portare nell’associazione anche i Comuni più grandi», che oggi non sono parte dell’organismo. Si parla in particolare di Milano (nei cui confini rientra solo lo scalo di Linate), Roma, ma anche Genova e Napoli.
Proprio con Napoli l’Ancai ha un rapporto già più avviato. Il capoluogo campano si sta muovendo anche sulla vicenda della tassa d’imbarco: «Napoli ha avviato la procedura legale, ma avvierà autonomamente una causa».
Quanto invece alla ormai annosa causa dei Comuni Ancai, Cerutti prevede che possa approdare al Tar nella primavera prossima.
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