A Przemysl, la città polacca dove arrivano i profughi dell’Ucraina
Da Est arrivano a migliaia i profughi d’Ucraina, da ovest arriva un’armata di furgoni e pullman, da tutta Europa
Sono due flussi, uno da Est e uno da Ovest. Da Est arrivano a migliaia i profughi d’Ucraina, da ovest arriva un’armata di furgoni e pullman, da tutta Europa. Il punto d’incontro è la città di Przemysl.
I mezzi ucraini si fermano ormai a qualche chilometro dalla linea di confine, paralizzati da una coda lunghissima. «Sono sceso a 10 km dalla frontiera, ho camminato per due ore» ci racconta Dieudonnè, studente di economia ivoriano che ha lasciato sabato Odessa, dove era rimasto tra gli ultimi del suo gruppo nella grande città portuale bombardata.
Non c’è tempo per piangere ma gli sguardi sono tristi
Alla dogana di Medyka le persone passano a piedi: non c’è tempo per lacrime e paura, c’è solo la fretta di andare oltre, più lontani dalla guerra. Gli autobus dei vigili del fuoco e quelli della rete di trasporto urbano di Przemyśl fanno la spola ininterrottamente. «È stato un viaggio lungo, diciotto ore. C’erano tanti uomini armati, posti di blocco» – dice Ietta mentre corre verso gli autobus, incalzando con amore le due sorelline di 3 e 4 anni.
In città il punto di approdo è soprattutto un centro commerciale convertito già da giorni in centro di smistamento. Centinaia di persone sono stipate: sulle brandine, finalmente al caldo, forse molti realizzano di aver lasciato tutto, forse perso per sempre. Gli occhi si fanno lucidi, gli sguardi tristi.
La grande catena di solidarietà dei cittadini di Przemysl
Alla stazione ferroviaria invece la folla di profughi è ancora in movimento, invade l’atrio di stucchi, ricordo di quando Przemysl – come Leopoli che sta appena più in là – era impero austroungarico. Il sottopasso e la piazza sono attraversati in continuazione, scout e pompieri e volontari laici e religiosi distribuiscono pasti e bevande. Il centro della città sembra una qualsiasi città di provincia alla domenica mattina, con le grandi cattedrali cattolica (polacca) e greco-cattolica (ucraina). Przemysl in ucraino si chiama Peremiscl: anche questa un tempo è stata terra contesa tra nazionalismi e non è banale forse vedere la generosità dei polacchi verso chi fugge.
Lo studente ivoriano in fuga da Odessa
Nell’atrio della stazione si confondono le file per i biglietti e le informazioni sui treni e i bivacchi di chi solo attende. Tra loro c’è appunto Dieudonnè: «A Odessa hanno bombardato dal primo giorno. Poi ci sono stati quattro giorni tranquilli, stavano bombardando nei dintorni. Poi è ripreso. I miei amici se ne erano già andati per tempo». Nei giorni scorsi sono state denunciati episodi odiosi verso africani e indiani (che il governo polacco si affretta a smentire). «Io non ho trovato problemi fino a qui» – racconta Dieudonnè.
A Przemysl arriva ancora il treno da Kiev, quello da Odessa invece è soppresso (almeno per ora, ci dicono). In circolazione ci sono poi decine se non centinaia di furgoni, da mezza Europa: ucraini venuti dall’estero a recuperare i parenti rifugiati, tedeschi che offrono posti liberi, medici e infermieri veneti e autisti di pullman dalla Campania.
Il convoglio solidale ha salvato anche Arina, una bimba di soli 6 mesi
Dalla zona di Malpensa il “convoglio solidale” delle associazioni ha lavorato per tutta domenica per recuperare persone, fino a 100 km più a nord, al valico di Rava Ruska (capofila è l’associazione Noi con Voi di Samarate). «L’emozione più grande è stata trovare Oksana, con Arina, la sua bimba di sei mesi», dicono Georgia Gionchetta e Fabiola Guerra, di Banca del Tempo Gallarate, che nel gruppo si sono occupate di assistere i più piccoli. Oksana e Arina sono state le prime a partire per l’Italia, con un furgone che ha lasciato la città alle due di pomeriggio. Il grosso del “convoglio solidale” aspetta gli ultimi profughi, mentre scende la sera a Przemysl.
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