Licenziato per una sigaretta all’aperto a Malpensa, il giudice lo reintegra
L'azienda contestava all'operaio quarantenne una grave violazione di sicurezza, ma è emerso che il comportamento era diffuso e conosciuto anche dai superiori. È successo nell'estate del 2021 e si è arrivati a sentenza ora.
Ha fumato una sigaretta davanti agli uffici sul piazzale del magazzino cargo di Malpensa ed è stato licenziato, dopo che gli è stata contestata una violazione delle norme di sicurezza.
È successo alla “cargo city” dell’aeroporto di Milano, protagonista un lavoratore di MLE, la società che si occupa appunto di logistica: il dipendente ha fatto ricorso e il giudice del lavoro di Busto Arsizio lo ha reintegrato, annullando il licenziamento.
Protagonista è uno dei tanti operai che ogni giorno sono al lavoro nell’area merci dell’aeroporto, lontano dal terminal passeggeri: operaio 40enne, che lavora al cargo da quattro anni, prima da interinale, poi assunto, dopo una causa con il sindacato di base Cub Trasporti.
L’8 luglio del 2021, a inizio turno, si è acceso una sigaretta mentre attendeva le indicazioni dai “team leader” che coordinano il lavoro. La sigaretta era una consuetudine, in quel momento prima di “attaccare” il pesante lavoro manuale: anche quel giorno un intero capannello di operai stava fumando tabacco o sigaretta elettronica prima dell’inizio delle operazioni, fuori dall’ “ufficio rampa”, vicino all’area operativa.
Il punto è che l’ufficio si trova già “air side”, vale a dire nell’area aeroportuale, dove sono in vigore regole più rigide. Per questo l’operaio un mese dopo si è visto recapitare una lettera in cui gli veniva contestato di esser stato “sorpreso a fumare”, comportamento che “configura una grave violazione delle basilari regole di Safety&Security”, in quell’ambiente con regole piuttosto rigide che è l’aeroporto.
Nella contro-contestazione e poi anche di fronte al giudice del lavoro però è emerso un quadro un po’ articolato: non c’era cartello di divieto, fumavano anche i team leader, la violazione di fatto era generalizzata, a inizio e fine turno (e talvolta anche nelle pause), c’erano anche delle bottiglie di plastica tagliate e usate come posacenere, per raccogliere i mozziconi. Gli stessi responsabili d’area si accorgevano della presenza dei mozziconi, anche se forse non hanno mai davvero sorpreso qualcuno a fumare prima di quell’8 luglio.
Secondo il giudice l’operaio, assistito dal sindacato CUB Trasporti, “ha provato la tolleranza dell’azienda al comportamento dei lavoratori e dei loro superiori”, visto anche che mancavano documenti che ribadissero il divieto. E per questo la sigaretta fumata sul piazzale non può essere considerata “grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro”, compresa la fiducia.
A distanza di un anno esatto dunque l’operaio è stato riassunto, ha visto pagato un anno di mancate retribuzioni ed è tornato al suo lavoro sul piazzale cargo.
Dove ogni giorno passano migliaia di spedizioni, dal vestitino che arriva dalla Cina con Amazon alle auto di lusso made in Italy in partenza per qualche emirato.
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