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Porco Rosso rende omaggio agli idrovolanti costruiti tra lago Maggiore e brughiera di Malpensa

Nato nell'arco di trent'anni, il film è la storia di un maiale-pilota che vola per la libertà. È anche un omaggio all'Italia e agli idrovolanti più belli del mondo

Porco Rosso

C’è stato un tempo in cui gli aerei idrovolanti italiani erano i velivoli più eleganti del mondo, affusolati scafi che fendevano le acque per librarsi in cielo. Agli idrovolanti italiani – miti degli anni Venti-Trenta, in gran parte costruiti nei dintorni di Varese – ha reso omaggio anche il regista e fumettista Hayao Miyazaki, nel suo poetico film “Porco Rosso”.

Trasformato dal senso di colpa in un maiale, Marco Pagot è diventato un cacciatore di pirati in Adriatico. Un vero asso in forma di maiale, eroe romantico di un universo di uomini liberi: Porco Rosso decolla da una baia rocciosa sul suo aereo idrovolante, un Savoia S21 (anche se in realtà l’S-21 era diverso, a partire dal fatto che era un biplano).

Non è l’unico aereo costruito nella zona di Varese a comparire nel film: il giapponese Miyazaki ha disseminato i 93 minuti della pellicola di citazioni e omaggi alla storia dell’aviazione e all’Italia, con cui ha un rapporto particolare (il suo studio cinematografico prende il nome da un’aereo italiano, il Ghibli).

Nel film compaiono anche i grossi S-55 resi celebri dalla trasvolata di Balbo e il Macchi M-72 (gli esemplari nuovi di fabbrica venivano messi in acqua sul lago di Varese, all’idroscalo di Schiranna), mentre l’aereo dei pirati “Mammaiuto” è un omaggio al soprannome degli sgraziati Cant Z501, costruiti dai Cantieri Riuniti dell’Adriatico su progetto dell’ingegner Zappata (che lavorò poi anche all’Agusta di Cascina Costa).

Malpensa Generiche
La formazione di S55 della «aeronautica italiana»

Il suo amico-nemico è “Ferrarin”, un riferimento al celebre pilota Arturo Ferrarin, che oltre ad essere pilota di caccia pilotò anche uno degli M39 italiani nella Coppa Schneider. La Coppa era una gara di velocità in cui le Nazioni, ogni anno, si sfidavano con i loro migliori idrovolanti, in una gara che non era solo sportiva, ma anche di competizione industriale nel settore aeronautico. Stati Uniti, Regno Unito e Italia si contesero il trofeo (che veniva assegnato definitivamente a chi vinceva per tre anni di fila) per oltre un decennio, alla fine vinsero gli inglesi nel 1931. Tra gli avversari di Marco Pagot-Porco Rosso c’è un certo americano Donald Curtiss, che vola su un biplano che richiama molto il Curtiss R3C-0 della coppa Schneider. del 1925.

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L’aereo di Porco Rosso in decollo al fianco dell’aereo di Donald Curtiss, nelle scene finali in cui il biplano blu è decorato anche con un vezzoso cuore

Il successo degli idrovolanti italiani e dell’aeronautica – arma preferita di Mussolini – coincide con il Ventennio fascista. E proprio dai fascisti scappa Porco Rosso, rifugiandosi sulla sponda orientale dell’Adriatico (in Istria: una terra di confine, forse non a caso). «Meglio porco che fascista», è il brusco motto del protagonista, che per colpa della guerra idolatrata dai fascisti ha lasciato la sua innocenza, ha visto amici e avversari ascendere al cielo e ha perso le sue stesse sembianze umane.

Marco Pagot si rifugia in un Adriatico in parte realissimo, con i paesini istriani cresciuti intorno al campanile di San Marco, in parte immaginario come il Mar dei Sargassi di Salgari: un universo libertario in cui si vola per vocazione e non sotto padrone, in cui alla sera i nemici – pirati e cacciatori di taglie – si trovano fianco a fianco in un elegante albergo Liberty gestito da una donna affascinante e costruito su un isolotto (che secondo alcuni è una citazione di quello di San Giovanni, a Pallanza, sul Lago Maggiore). Un universo in cui Marco Pagot ha il suo posto, come libero pilota: «Un maiale che non vola è solo un maiale».

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Ricercato per «non collaborazione antistatale, espatrio e rempatrio clandestini, idee degenerate, crimine di essere un maiale di sfrontata insolenza», Porco Rosso tornerà nel cuore d’Italia solo per riparare il suo “idrocaccia” danneggiato, per poter poi sfidare Curtiss. La fabbrica di aerei dalla SIAI di Sesto viene qui trasposta nelle famigliari officine “Piccolo” in una Milano che è anche un po’ ispirata Torino: rimesso in ordine l’aereo con l’aiuto della piccola Fio’, Porco Rosso riprende il volo con uno spericolato decollo dai navigli e da un fiume, reinventati con maestria da Miyazaki.

Porco Rosso
Dopo il decollo dai navigli, Porco Rosso sorvola quella che potrebbe essere la Darsena di Milano o il Po a Torino

I riferimenti aeronautici comprendono poi diversi idrocaccia tedeschi e italiani (Macchi M.5) della Grande Guerra ma anche, nel finale ambientato molti anni dopo, un piccolo jet molto particolare che ricorda un po’ nella forma della cabina e nella formula idrovolante il Nardi FN-333 costruito dalla Siai-Marchetti, e nelle ali il piccolo jet Caproni Vizzola C-22J, costruito in soli tre esemplari nella fabbrica vicino a Malpensa: un ulteriore omaggio alla figura di Gianni Caproni, amatissima da Myazaki che l’ha resa centrale nel film “S’alza il vento”.

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Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 01 Agosto 2022
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