Un anno di accoglienza a Gallarate, nelle parrocchie venti profughi dall’Ucraina
I principali poli sono Cascinetta e Madonna in Campagna, dove è stata recuperata "in emergenza" la vecchia canonica. Altre persone ospiti a Casa di Sant'Eurosia: una presenza a volte stabile, a volte ancora in attesa del ritorno a casa
Sono passati undici mesi dall’attacco russo all’Ucraina, undici mesi dall’arrivo dei primi profughi ucraini, a cui è stato poi riconosciuto in automatico lo status di rifugiato.
Irina – nome di fantasia, ovvio – esce di casa con due dei figli, uno nel passeggino, l’altro dell’età delle elementari, distratto da un gioco sul telefono. Abita in viale Milano a Gallarate, rione di Madonna in Campagna.
Qui la parrocchia ha messo a disposizione la vecchia canonica, un cortile su cui svetta alto il muro curvilineo in mattoni dell’abside santuario risalente al Seicento.
«La vecchia casa canonica del parroco da qualche anno non era più abitata, perché bisognosa di lavori: la parrocchia di Madonna in Campagna l’ha messa a disposizione per ospitare gli ucraini» spiega nel cortile monsignor Riccardo Festa, prevosto della città.
Le parrocchie di Gallarate, sull’accoglienza si sono mosse in qualche modo all’unisono, anche perché esistevano strumenti già “collaudati”: non solo una Caritas cittadina che coordina, ma anche un’associazione che riunisce volontari di tutta la città e che gestisce la Casa di Sant’Eurosia, una casa per persone in difficoltà che prende il nome dalla co-patrona di Gallarate e che è stata inaugurata nel 2021, dopo un voto fatto in periodo Covid.
I lavori a Madonna in Campagna
«La parrocchie hanno affidato la accoglienza all’associazione Sant’Eurosia, che ha avviato i lavori». Finanziati anche da un bando di Fondazione Comunitaria del Varesotto, i lavori hanno visto il rifacimento dell’impianto elettrico, dell’impianto di riscaldamento e di un bagno, oltre che la tinteggiatura interna. I parrocchiani hanno contribuito in alcuni casi aiutando nello sgombero dei locali da materiale che era presente, in altri fornendo materiale per i lavori.
«La casa è stata subito occupata da due famiglie con bambini piccoli» dice ancora il prevosto. «Una delle due famiglie è poi rientrata perché il papà poteva riprendere il lavoro in Ucraina. Oggi a Madonna in Campagna c’è una famiglia con tre bambini, una signora che è qui con la figlia e infine un’altra signora adulta».
Le altre persone accolte dalle parrocchie di Gallarate
La parrocchia di Cascinetta – all’altro capo della città, si può dire – ha invece accolto nei suoi spazi una famiglia particolarmente numerosa, di otto persone. Due donne sole invece sono ospitate a Casa di Sant’Eurosia, la casa per persone in difficoltà abitative che come detto è sostenuta e gestita da tutte le parrocchie. In totale oggi sono dunque 18 le persone “in carico” alla comunità cattolica cittadina, nelle diverse realtà.
Il finanziamento per l’accoglienza ottenuto da Fondazione Comunitaria oltre ad essere impiegato per il recupero “d’emergenza” della casa di viale Milano ha consentito anche di sostenere economicamente l’ingresso di una ventina di bambini all’oratorio feriale e nelle attività sportive.
Una presenza man mano più stabile
Con il passare dei mesi il numero di rifugiati si è ridotto (erano ancora 143 a fine agosto), oggi molti di quelli rimasti ospiti di parenti, altri in alloggi messi a disposizione da Gallaratesi e appunto 18 nelle strutture delle parrocchie: è una presenza che sta diventando più “stabile”, anche se ancora con qualche incertezza da parte di alcuni.
«Di quelli ospiti nelle parrocchie la maggior parte sono indipendenti dal punto di vista economico, perché i padri lavorano, qui o in Ucraina. Alcuni stanno trovando un lavoro qui, ad esempio una delle donne che ospitiamo è una diplomata e fa l’istruttrice in una palestra, man mano ha ottenuto più ore».
Oltre alla casa e alle occasioni sportive, le parrocchie forniscono anche un corso d’italiano per adulti e il doposcuola per i bambini, che si ritrovano comunque a vivere una situazione ancora instabile e incerta, se le famiglie (e in qualche caso è così) non hanno ancora fatto una scelta definitiva tra ritorno in Ucraina e vita da rifugiati in Italia.
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