La rassegnazione dei giovani: una strada segnata?
"La politica non muove un dito per le nuove generazioni, per questo se ne vanno”. Giancarlo Giannini lancia un avvertimento su un bel problema per l'Italia. Stipendi bassi, precariato e poca fiducia nel futuro stanno minando una generazione
“I giovani sono il futuro, il guaio è che i politici non fanno niente. Io ho cercato di sostenerli sempre, interpretato varie opere prime, insegnato al Centro Sperimentale. La politica invece non muove un dito per le nuove generazioni, per questo se ne vanno”.
A parlare è Giancarlo Giannini intervistato dall’Espresso. Una critica forte, diretta, chiara.
Non sono passate molte ore dalla pubblicazione di quel post sui social quando durante una cena escono due racconti che in modi diversi entrano nella stessa questione.
“Il mio amico finisce la scuola e poi se ne va. Ha già deciso e fa bene”. A parlare è una diciassettenne. Chiude così, con una amara ammissione, una sollecitazione a scoprire di più sull’Italia degli ultimi cinquant’anni. Non c’è un progetto professionale a spingere ad andarsene, non è una sola questione economica, ma la sfiducia. C’è la rinuncia perché tanto non servirebbe a niente perché non c’è un futuro per i giovani.
Dall’altra parte del tavolo una trentenne che appartiene alla generazione che ha passato l’adolescenza senza gli smartphone, perché non erano ancora arrivati nelle tasche di tutti. Oggi fa l’educatrice e guadagna poco più di mille e cento euro. È contenta del suo lavoro. Ha studiato e si è laureata per arrivare a fare quello che fa, le piace ed ha una passione da vendere. Le brillano gli occhi quando parla dei suoi bambini. Vive sola da sette anni e ce la fa, ma deve pesare ogni scelta. “Io li capisco quando dicono così. Che prospettive hanno? Sembra davvero che non interessi a nessuno il loro futuro”.
Poi leggi le notizie sui giornali e scopri che l’ultimo concorso per infermieri a Varese aveva 150 posti e si sono presentati in 35, di questi 20 lavorano già. Non staremo a tirarla lunga sulle condizioni della sanità. È uno dei pochi temi che abbiamo sentito raccontare in lungo e in largo durante la campagna elettorale. Poi però sappiamo che quella professione fondamentale all’interno degli ospedali non è valorizzata in alcun modo. Uno stipendio che arriva a 1.400 euro con tante notti e spesso turni massacranti. La maggior parte delle persone assunte arrivano da lontano e non è previsto alcun percorso di accoglienza. Affitti alle stelle e condizioni di vita davvero difficili. Una fatica che troppo spesso appare non ripagata in nessun modo. Intanto nelle corsie degli ospedali mancano e anche qui non si vede quale futuro ci aspetti.
Potremmo proseguire a lungo, ma questi pochi fatti raccontati sono segnali di una direzione che preoccupa. Serve a niente guardare a come fosse qualche decennio fa, a quali siano le cause facendone letture sociologiche complesse. Quando si crede, a torto o ragione, che serva a poco la propria idea, la propria azione, la strada alla rassegnazione sembra segnata.
E torniamo a Giannini. Non è responsabilità solo dei politici, ma loro hanno gli strumenti per guidare i processi. E insieme a loro ci siamo noi dell’informazione, sempre più frastornati e colpevoli di inseguire l’intrattenimento, il gossip, gli stereotipi piuttosto di scegliere che racconto fare della realtà contemporanea.
Una volta erano i conflitti generazionali a scatenare la spinta al cambiamento. Anche allora non era tutto bianco o nero, basti pensare alle riflessioni di Pasolini nel 1968 dopo gli scontri a Valle Giulia a Roma quando se la prese con gli studenti perché figli della borghesia rispetto ai poliziotti che appartenevano al popolo. Allora la lettura era di classe, sociale, politica contro ogni benpensante.
Oggi il conflitto viene anticipato, cooptato e poi sfruttato a dovere ovunque, anche sul palco di Sanremo mandando in scena siparietti che appaiono come il massimo dell’antagonismo. È sempre stato così, con un potere che distrae con le “sciocchezze” per non affrontare le questioni difficili.
E intanto i giovani rinunciano, non vanno a votare e se ne vanno davvero.
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