Rinuncia di giorno e cena in famiglia, il primo giorno di Ramadan in una famiglia di Gallarate
Il mese sacro del digiuno dei musulmani è un momento di preghiera, ma anche un mese in cui cambiano i ritmi della vita e in cui nascono anche occasioni comunitarie, dopo il tramonto
Il sole scompare dietro alla collina verso Crenna, scende la linea d’ombra sui viali di Gallarate e Abdul Jabbar – presidente di Il Faro, associazione dei musulmani del Gallaratese – si prepara al momento dell’Iftar, la rottura serale del digiuno diurno di Ramadan. «Un po’ di sacrificio e un po’ di pazienza: il Ramadan questo ci dice, che nella vita sempre ci vuole un po’ di pazienza», dice Jabbar, sintetizzando il significato spirituale, religioso ma anche umano di questo mese di rinuncia e di attesa.
«Il Ramadan è iniziato ieri (mercoledì, ndr) sera, oggi è il primo giorno di digiuno». Al mattino c’è il Sahar, il pasto prima dell’alba: «Ora s’inizia alle 5 del mattino, poi si fa giornata normale e digiuno finisce alle 18.45, ora del tramonto. L’alba è un minuto e mezzo prima ogni mattina, il tramonto un minuto più tardi ogni sera». C’è una apposita app del buon musulmano, che dà gli orari esatti.
La vita dei musulmani osservanti è fatta di preghiera, anche collettiva. «Durante il Ramadan il numero aumenta più meno del 30-40%, quando arriva questo periodo vengono anche quelli non tanto presenti». Venerdì ci sarà la preghiera più importante della settimana al centro sportivo di via Montenero, a Sciarè, che da tempo ospita il momento comunitario.
Però c’è anche una dimensione domestica, familiare: alle 18.45 a casa di Abdul Jabbar la tavola è imbandita. Una tavola che unisce anche tradizioni culturali diverse: Abdul viene dal Pakistan, mentre sua moglie Fatiha Muohajar viene dal Marocco, così in tavola si trovano fritti con verdura e patate tipici del Pakistan, risso con carne, ma anche i dolci marocchini («fatti con la macchina della pasta come quella delle nonne, pasta poi fritta e passata nel miele») e il thé profumato.
La famiglia mangia insieme a tavola, anche il figlio di Abdul, che ha undici anni e dunque fin qui non fa Ramadan continuo. «I bambini iniziano a questa età, magari solo alcune ore o alcuni giorni». In settimana i musulmani osservanti devono resistere durante la giornata di lavoro: «Più facile adesso, perché fa meno caldo rispetto a quando Ramadan era a giugno o luglio», dice Abdul, che lavora in una fabbrica di stampaggio plastica.
Più rilassato il fine settimana, quando l’Iftar, la rottura serale del digiuno, diventa anche un momento da condividere con parenti o amici.
Il Ramadan dura un mese, si concluderà poi con l’Id al-Fitr, la festa conclusiva della rottura del digiuno, che i musulmani gallaratesi negli ultimi anni hanno sempre celebrato a Cardano al Campo.
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