Il coreografo Joseph Fontano al liceo coreutico di Busto Arsizio: “Scappai da casa per seguire il mio sogno”
Il noto coreografo americano ospite del liceo Bausch dove ha raccontato la sua vita racchiusa in un libro autobiografico che ha scritto durante il lockdown
Si è svolto questa mattina nell’aula magna del liceo candiani Bausch l’incontro con il noto coreografo statunitense Joseph Fontano che ha presentato il suo libro autobiografico dal titolo “Il fulmine danzante”. Intervistato dal professor Francesco Posa ha ripercorso la sua carriera straordinaria davanti agli studenti del liceo coreutico.
IL LIBRO
È stato invogliato a scrivere il libro una volta scoppiata la pandemia, prima non si era mai figurato di pubblicarne uno, ma compiuti i settant’ anni in lock-down si è deciso a farlo. La stesura del romanzo è stata un viaggio per l’artista, in cui ha rivissuto la sua storia, anche gli episodi drammatici, piangendo e gioendo dall’emozione.
La vita vissuta come un grande viaggio che va dal passato al futuro. Il suo obiettivo era quello di spronare i lettori a non lasciarsi abbattere dalle difficoltà, infatti lui stesso fa riferimento agli ostacoli che ha dovuto superare e a come sia riuscito riuscito ad ottenere la propria rivincita personale.
DANZA E TEATRO
Convinto di esser nato per fare teatro ha parlato della madre che era una ballerina ed è stata probabilmente lei a trasmettergli l’amore per la danza. Lui crede che questa sia l’arte più difficile di tutte, poiché racchiude in sé tutte le altre e inoltre sfrutta il lavoro e l’utilizzo del corpo: «Il teatro è tutto, mi sento a casa in qualunque teatro, è un luogo sacro, le persone vanno per apprendere una comunicazione diversa dal linguaggio verbale».
Prosegue Fontano: «La nostra sala di danza è il palcoscenico ed è il luogo in cui dobbiamo dare il massimo di noi stessi. Non bisogna trasformare gli esercizi in monotonia, bisogna ricercare ogni volta un qualcosa di diverso. Noi, lavorando con il corpo, siamo influenzati dalla nostra emotività, perciò, ogni volta si comunica in maniera differente. Bisogna cercare un incontro tra la nostra persona e la disciplina rigorosa di questo linguaggio non verbale. Tutte le mattine mi sveglio e ricerco in me stesso la danza, perché la danza è la persona stessa, è in me, io deve essere ciò che faccio, quando si sta facendo una coreografia sul palcoscenico, si diventa la coreografia stessa, la danza». Quello del ballerino è un lavoro da nomade, «non ci si può stabilizzare in un solo posto. È necessario portare appresso con sè le proprie cose, è molto difficile portare avanti un rapporto continuativo con una persona».
PRIMA COMPAGNIA
Sopraggiunto in Italia negli anni Settanta del secolo scorso, Joseph, entra in contatto con una realtà totalmente differente da quella di New York, la danza contemporanea non esisteva ancora. Così, con un gruppo di dodici danzatori, tra cui Bob Curtis, Josè De Verga, Elsa Piperno, mettono in scena uno spettacolo, nel 1972 al Teatro Parioli di Roma. Avendo desiderato fortemente questo gruppo, in cooperativa decidono di creare la compagnia Teatrodanza Contemporanea di Roma. Per lui, la compagnia, significò un notevole impiego di forze ed energie poiché a soli ventun anni si ritrovò a dover formare dei nuovi danzatori.
VITTORIA OTTOLENGHI
Critica di danza, è stata una figura estremamente rilevante nella sua vita. Non essendo diffusa in Italia la danza contemporanea era complesso capirne l’essenza e proprio per tale motivo la Ottolenghi lo criticava, sino a definirlo “l’onnipresente ossuto”. Fu in un secondo momento, solo dopo essere entrata in contatto con quest’arte nuova che iniziò ad apprezzare l’operato di Joseph e ad indicargli anche diversi percorsi artistici da intraprendere.
PIONIERI DELLA DANZA
Inizia il suo percorso professionale nel 1968, alla School of Visual Art e successivamente presso l’Università New School for Social Research studiando danza contemporanea con Paul Sanasardo. Alla New School fa un corso serale, con Jhon Cage, dove impara un nuovo approccio al mondo del teatro, una danza di tipo concettuale. Grazie alla compagnia di Paul Sarasardo, entra in contatto con i “grandi miti” della danza, proprio nel momento in cui si stavano formando. Joseph debuttò come solista poiché un paio di giorni prima di una prima, il primo ballerino si infortunò e lui, somigliandogli molto lo sostituì. Tre anni dopo sentiva la necessità di cambiare e fu proprio Pina Bausch a spingerlo ad andare in Germania. Ebbe la fortuna di incontrare Martha Graham, a cui deve la nascita del suo movimento personale, Alvin Nikolais che gli ha permesso di studiare in maniera differente lo spazio. Questi personaggi hanno scolpito la persona ed il danzatore che è diventato.
LA DANZA CONTEMPORANEA
Dal punto di vista creativo ritiene che la danza contemporanea sia caduta nell’ omologazione, che manchi di
personalità, originalità; si sta giungendo alla morte della creatività. Ciò che manca ora nella danza è l‘individualità, ma è veramente difficile che un coreografo abbia la possibilità di compiere una ricerca continua, ininterrotta, e che quindi che riesca a compiere un lavoro differente dal momento in cui le compagnie raramente lavorano 12 mesi all’anno. “La danza oggi ha bisogno di ricerca”.
IL PADRE
Suo padre era un militare, un eroe di guerra, non accettava di avere un figlio danzatore. Era un uomo molto violento e a soli dodici anni, Joseph, scoprì non essere suo padre biologico. Da bambino sognava in modo ricorrente di scendere le scale e di vedere alla fine di queste un mostro, il patrigno, ma lui era incapace di urlare e di ribellarsi . A 18 anni decide di scappar di casa, dopo aver sognato di riuscire ad uccidere il mostro nel sogno. Ci vollero due anni prima che riuscissero a ritrovarlo, ma avendo raggiunto la maggiore età non tornò più a casa. «Noi siamo i nostri insegnanti, a volte dobbiamo fare un qualcosa, anche se per noi non è congeniale, la danza e la cretivitá non hanno limiti. I limiti possono essere punti di forza, noi siamo unici e ciò che facciamo non è mai uguale».
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