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Via i brevetti dalla sociatà fallita: i finanzieri di Varese arrestano l’amministratore per bancarotta fraudolenta

L'uomo finito in manette è indagato assieme ad un'altra persona: sono accusati dalle Fiamme gialle di aver distolto dai creditori (e dall'erario) l'attivo di un'azienda decotta

Generico 03 Apr 2023

L’azienda non ce la fa più, ma quello che ancora si può mungere viene distolto così da sottrarlo alle eventuali azioni a favore dei creditori e dello Stato, che di fronte ad un fallimento sono titolati a recuperare i soldi. Si chiama bancarotta fraudolenta, ed è un meccanismo per il quale sono andati nei guai due amministratori societari, uno dei quali finito in manette dopo le indagini della Guardia di finanza di Varese che ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa nei confronti di un imprenditore della provincia di Varese dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Busto Arsizio su richiesta della Procura bustocca al termine di un’indagine per reati di natura fallimentare.

L’indagine ha tratto origine dalla sentenza dichiarativa di fallimento del Tribunale di Busto Arsizio che ha interessato una società attiva nella realizzazione e commercializzazione di progetti in campo energetico con sede a Besnate.

Il passivo accertato dal curatore fallimentare è risultato pari a circa 2,8 milioni di euro nella maggior parte per debiti con l’Erario (pari a 1,8 milioni). Le investigazioni del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Varese hanno permesso di ricostruire operazioni distrattive poste in essere dall’amministratore di diritto dell’impresa e da colui che, secondo l’ipotesi accusatoria, viene ritenuto il “dominus” della fallita che pertanto è stato destinatario del provvedimento cautelare eseguito dai Finanzieri varesini.

Fra le molteplici operazioni che hanno portato al depauperamento del patrimonio della società poi dichiarata fallita, le Fiamme Gialle hanno individuato la vendita di un brevetto relativo a “lampade fotovoltaiche e contratto di licenza relativa ad una c.d. nanotecnologia”, che sono stati ceduti, in periodo di massima decozione, ad un’altra società riconducibile agli stessi indagati senza incassare il relativo corrispettivo pattuito per oltre 500mila euro.

Nell’esecuzione della delega, la polizia economico-finanziaria ha eseguito numerose perquisizioni presso imprese riconducibili ai due indagati la cui condotta gestoria e amministrativa – nelle loro rispettive qualità – è stata, peraltro, ritenuta dal Giudice talmente spregiudicata e predatoria che entrambi non si sono limitati a cagionare il fallimento della realtà economica da foro amministrata, ad un mero livello civilistico – commerciale, ma hanno posto in essere gravissimi fatti criminosi, a vario titolo inquadrabili nelle fattispecie delittuose di cui alla legge fallimentare (R.D, n. 267 del 1942).

Per il Corpo, contrastare la commissione di reati fallimentari, significa impedire l’arricchimento indebito di quanti distraggono gli asset sani da una società in decozione a proprio vantaggio ed a danno dei creditori delle società tra i quali anche l’Erario.

Pubblicato il 07 Aprile 2023
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