Dalla campagna di Padova ai raggi X nel Varesotto: Aldo Bosello, l’emigrante geniale
Nel 1951 lasciò il Veneto nel cassone di un camion: in Lombardia ha fatto fortuna innovando i raggi X e fondando un'azienda all'avanguardia. Pochi giorni fa il suo paese d'origine gli ha concesso la cittadinanza onoraria
C’è ancora un pezzo di campagna, dietro la casa di Aldo Bosello, nella periferia di Cardano al Campo, cittadina vicino a Malpensa: una serra rigogliosa, una voliera, un prato per il cagnolino e le tartarughe.
«Sono arrivato qui nel 1951, a sedici anni» ci racconta mentre mostra i documenti che raccontano la sua vita e le sue «innovazioni», quelle che hanno fatto la fortuna della Bosello High Technology, oggi Carl Zeiss X-Ray con sede a Cassano Magnago.
Aldo Bosello ha 88 anni e un tempo è stato un emigrante.
Partito ragazzino da Massanzago, paese della pianura veneta di cui è ora anche cittadino onorario, per aver trasmesso “i valori di laboriosità, amicizia, doti comunicative propri della nostra gente”, come si legge nelle motivazioni redatte dal sindaco di Massanzago.
Terra povera, un tempo, che spinse all’emigrazione tanti. “I veneti hanno conquistato la Lombardia con il biglietto della ferrovia” scriveva un parroco di Gallarate negli anni Cinquanta, ammirato e insieme un po’ disorientato di fronte a quella massa di immigrati laboriosi, anche se dai costumi un po’ diversi da quelli dei lombardi (i veneti erano considerati allora più “rumorosi”, molto legati tra loro, abituati a costruirsi case isolate).
Aldo Bosello arrivò in Lombardia in camion, «mio papà, mia mamma, sei fratelli e due mucche nel cassone».
Una casetta in una campagna di prati umidi, che anni dopo sarebbe stata tagliata dalla superstrada per l’aeroporto di Malpensa. «C’era qua in zona il fratello di mio papà, che viveva ad Arnate. Ci aveva scritto che c’era lavoro: io ho trovato subito da lavorare a Busto, in una fabbrica di candele».
Il passaggio alla fabbrica Fulgor, «poi mi son messo in proprio come elettricista». Un cervello sempre in moto, vivace, autodidatta: «C’erano le riviste Siemens e lì mi sono appassionato alle innovazioni». La parola torna nel racconto, quasi come “innovazione” fosse un orizzonte ultimo, che sempre si sposta, ogni giorno più in là.
Prima Aldo mette mano alle macchine tessili nelle fabbriche della zona («ho automatizzato le macchine della Cantoni per il velluto, un sistema che riconosceva da solo dove fosse il guasto o il blocco»), poi avanti fino all’approdo ai raggi X, con quella «innovazione» che è la sua fortuna: «Di brevetti ne ho fatti diversi, il più importante è stato il brevetto dei Raggi X nel 1995. Volevo aprire un reparto dedicato, mi avevano detto tutti che ero pazzo. Il pilotaggio dei raggi X avveniva trasformando i i Volt, era però un sistema autodistruttivo: io ho iniziato a farlo con gli Ampere».
Un passaggio che ha fatto grande la sua azienda, poi ceduta nel 2019 alla Zeiss, il colosso tedesco che ad Aldo Bosello ha consegnato anche un encomio, per il suo ruolo nell’innovazione. Dentro ad Aldo resta un’umiltà che sa di prudenza contadina e insieme motore di una ricerca continua: «All’inizio non mi sono reso conto dell’importanza, non volevo dirlo in giro: le paure sono insite. Io mai ho voluto vedere come facevano i raggi X gli altri, per non essere influenzato e cercare la mia strada».
Trapiantato in Lombardia, figlio operoso di un terra capace anche di osare e sperimentare, Aldo Bosello ha ancora nel cuore il suo paese d’origine, la casa avita che esisteva «già prima di Napoleone» e che ha lasciato nel 1951. Mostra una foto fatta pochi giorni fa, da alcuni cittadini brasiliani (con avi Bosello) che sono andati fino a Massenzago per vedere i luoghi di origine della famiglia.
La casa Bosello a MassenzagoE qui apriamo un’altra pagina, tutta diversa da quella dei raggi X.
«Son ventincinque anni che tengo il rapporto con i miei cugini in Brasile, sono stato là tre volte. I Bosello in Brasile sono quasi mille, soprattutto nello Stato di Santa Catarina. Erano partiti nel 1891, il capostipite aveva sei figli: li hanno mandati in mezzo alla foresta, hanno dovuto fare tutto da soli. Qualche anno fa un brasiliano di 95 anni, che parlava in veneto, mi ha chiesto se in Italia c’erano montagne belle come in Brasile: lì ho capito che dovevo scrivere il libro per far conoscere da dove venivano».
È uscito nel 2006, incentrato sul suo parente don Carlo Bosello ma anche sul paese, il cui nome è citato qua e là tra libri e guide turistiche «per Villa Baglioni, con le opere che il Tiepolo ha fatto all’età di 21 anni, un ciclo con le Metamorfosi di Ovidio»
Il libro ha riannodato i fili dell’esperienza, è anche un po’ alla base della cittadinanza onoraria di Massanzago consegnata nei primi di maggio. «E dal Brasile continuo a ricevere messaggi di persone che parlano italiano o veneto», dice.
Aldo ha un senso profondo delle radici, racconta del cugino sacerdote a Trieste, scomparso da pochi giorni, «al suo funerale a San Giusto c’erano due vescovi e migliaia di persone».
La sua famiglia è rimasta sempre unita, da quel giorno del 1951.
«Sei fratelli tutti vivi, abitiamo ancora tutti qui intorno».
La campagna di settant’anni fa non c’è più, sostituita da capannoncini e palazzine: Cardano che era un paese nel 1951 oggi è diventata una cittadina. Dall’orto di Aldo Bosello si vede la costa della collina morenica, con la chiesetta di Santo Stefano e l’asilo Porraneo, di cui è stato a lungo presidente.
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