L’attore 2
di Abramo Vane
Volodì, scusa se ti do del tu, per me sei un mito, anch’io voglio fare l’attore e so che tu al mondo sei il numero UNO. L’ho capito fin dal primo giorno, quando su tutti i siti e comunicazioni mainstream apparve un carro armato che schiacciava una piccolo auto, ed era un filmato di otto anni prima, e poi le immagini tratte da un video gioco come se fosse lo scoppio di un’invasione militare, e tutti ci sono cascati. Geniale! Come fai a pensarle? E le tue concitate parole… Oggi sono vivo ma domani non so. E la tua spogliazione pubblica, simile a quella di San Francesco, per vestire il saio grigio-verde. E il giorno dopo le donne che costruivano bombe fatte in casa… Come fai a pensarle? Voglio iscrivermi alla tua scuola di recitazione. Hai scavato nel cuore della gente, e di più.
Hai cambiato la testa ai politici, adesso non si salutano con una stretta di mano ma con un abbraccio. I convegni e gli incontri li prepari tu con scenografie teatrali, e accanto a te si sentono attori importanti. E quell’idea, che non è circolata, e che io ho sentito in Radio, di scrivere una lettera con il sangue dei soldati e mandarla alla presidente. Fantastico!
Però mi chiedo se gli spettatori davvero capiscano l’importanza della recitazione, la rivoluzione che tu proponi con tanto coraggio. Oggi i giornalisti rincorrono le face news dei social, e tu le combatti con la forza del tuo saio, degli abbracci, della democrazia gridata a voce alta. Potenza del palcoscenico, e del gesto. I fiori sulle tombe, la libertà che avanza, metro dopo metro, un passo al giorno.
Ti faccio però una domanda. Lo zio d’America che ti ha sostenuto, e sostiene… Voledì, ti chiedo, c’è da fidarsi? Ti ha promesso che le repliche continueranno, ma non è che davvero farai la fine del rospo che scoppia bevendo acqua per diventare bue? Temo che tu e il tuo grande progetto di vittoria sarete messi da parte. Se scoppierai e le particelle del tuo cervello andranno a sparpagliarsi in tutto il pianeta io, se non sarò già defunto, non ti scorderò.
Hai fatto bene a lasciare la comicità, il dramma è nelle tue corde. Chi sono Shakespeare e il suo povero Amleto? Quanta gente si è commossa per quel teschio tenuto in mano e quell’essere o non essere? Al confronto, quanti invece del tuo pubblico oggi piangono lacrime vere, pronti a piangerne di più quando il sipario calerà.
Grande, immenso attore, dopo di te solo terra desolata.
Racconto di Abramo Vane (www.ilcavedio.org) foto da Pixabay
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