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Il 21 novembre 1948 l’atterraggio del primo aereo civile a Milano Malpensa

La storia della nascita dello scalo. Una stele commemorativa posta nel 1963 all’ingresso dell’attuale Terminal 2 testimonia l’impegno di Busto Arsizio e dei suoi cittadini per far ridecollare l’aviazione civile italiana e far ripartire l’economia del nostro Paese

malpensa archivio grampa

È domenica 21 novembre 1948 e l’aeroporto della Malpensa viene ufficialmente aperto con l’atterraggio del primo apparecchio civile.

Si tratta del quadrimotore Breda-Zappata BZ.308 (immatricolato «I- BREZ»), un velivolo anche simbolo della rinascita dell’industria aeronautica italiana, pilotato dal collaudatore Mario Stoppani (foto in alto). L’apparecchio sorvola il campo e compie alcune evoluzioni su migliaia di spettatori presenti per questo storico evento. «In un tripudio di sole e di folla ha iniziato la sua vita l’aeroporto intercontinentale» così intitola il quotidiano La Prealpina del 23 novembre dando larga enfasi e un lungo resoconto di quella memorabile giornata. Alla cerimonia sono presenti l’ing. Malintoppi (sottosegretario all’Aeronautica), il ministro Cipriano Facchinetti, il sen. Natale Santero, il sindaco di Busto Arsizio Giovanni Rossini, monsignor Bicchierai (in rappresentanza del cardinale Idelfonso Schuster) e molte altre autorità politiche e militari.

«Questo aeroporto sarà il segno della nostra ripresa – sottolinea il ministro Facchinetti nel suo intervento – sarà uno scalo per le insonni traversate fra l’Oriente e l’Occidente, ed eviterà che altre nazioni sviino dal nostro territorio il traffico aereo di oggi e di domani». A questi fa eco l’ing. Malintoppi «la coscienza aeronautica italiana da questo momento è risorta e l’esempio avrà il suo seguito», e il senatore Santero «La terra è geograficamente piccola per le conquiste dell’uomo. Via le barriere, via i confini, auguro che questo aeroporto, con l’aiuto di Dio e la volontà degli uomini, serva sempre e soltanto ai compiti di pace».

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Un aeroporto la cui riattivazione per scopi civili lo si deve in gran parte alla città di Busto Arsizio. Se in un primo tempo, nel corso del 1947, la Camera di Commercio di Milano si fa promotrice di una sua possibile riattivazione attraverso la società denominata «Aeroporto della Lombardia» con a capo l’architetto Giuseppe De Finetti, questa iniziativa però non riesce a sortire gli effetti sperati non trovando finanziamenti e finanziatori. Da rilevare che la scelta di Malpensa è stata fatta dopo un’accurata analisi tecnico-economica- logistica anche di altri campi d’aviazione, quali: Forlanini (a Linate), Bresso, Venegono, Orio al Serio, Lonate Pozzolo, Arcore, Vergiate, S. Damiano (Piacenza). Dal criterio valutativo sono risultati essere Lonate Pozzolo e Malpensa le località da prendere in seria considerazione per la realizzazione di un grande aeroporto.

Dal momento che l’aeroporto di Lonate Pozzolo è sprovvisto di idonea pista in calcestruzzo e che la riattivazione avrebbe richiesto l’impiego di capitali ingenti, tanto da considerare irrealizzabile un eventuale progetto se non per intervento diretto dello Stato, la scelta ricade sulla Malpensa. Emergono però per società «Aeroporto della Lombardia» anche problemi nel reperimento di fondi per la realizzazione di questa infrastruttura. Lo stesso architetto De Finetti, non trovando finanziatori e finanziamenti nel capoluogo lombardo, all’inizio del 1948 decide di presentare questa proposta al sindaco di Busto Arsizio (Giovanni Rossini), ai politici che gravitano attorno a questa città e al mondo dell’imprenditoria bustocca.

Esaminatola, si dichiarano disposti a partecipare al progetto ma a condizione che «il 55% del capitale e che il consigliere delegato e quattro dei sette membri del consiglio fossero bustocchi». Condizioni che non sono accettate e non giungendo ad un accordo, la società «Aeroporto della Lombardia» il 20 luglio 1948 è messa in liquidazione. Ma «la lungimiranza delle genti bustocche non lascia che questo progetto vada nel dimenticatoio, mettendo in campo quella determinazione e quel pragmatismo tipici della gente abituata da sempre a fare i conti con il duro lavoro, decidendo di proseguire nel loro intento».

Un grande e ambizioso progetto di cui la popolazione del varesotto e dell’alto milanese viene a conoscenza solo a partire dal giugno di quell’anno, quando il quotidiano La Prealpina ne dà ufficialmente l’annuncio. «L’aeroporto di Busto si può fare». come scrive l’articolista che così giustifica anche la scelta di non aver dato prima la notizia: «non abbiamo voluto fare ulteriori accenni limitando a seguire in sordina lo svolgersi delle varie pratiche, rinunciando a tempo più opportuno la pubblica esposizione dello stato delle trattative. Ora sciogliamo volentieri il silenzio che ci eravamo imposti, non solo per rendere edotta la popolazione della vera consistenza del problema, ma anche per richiamare la sua attenzione sul fatto, importantissimo, che la realizzazione dell’aeroporto intercontinentale dipende quasi esclusivamente dalla volontà e dal concorso affettivo di Busto Arsizio. La possibilità era stata prospettata dopo la cessazione della ostilità bellica e l’interesse non mancò da parte di vari gruppi industriali dei centri abitati più interessati alla faccenda, e tra i più conosciuti ben presto il gruppo di Busto, il quale iniziò immediatamente allo scopo, dopo un’esauriente e profondo esame delle possibilità future e dei prevedibili sviluppi dell’aeroporto. La società è praticamente costituita, per quello che è già stato preconizzato l’aeroporto intercontinentale di Busto Arsizio». Intanto, dal 28 maggio 1948, il «gruppo di Busto» ha costituito la società «Aeroporto di Busto SpA» presso il notaio Michele Zanzi.

Da rilevare quanto scrive il commendator Giovanni Rossini (foto a sinistra), in qualità di Presidente della «Aeroporto di Busto SpA», al ministro dell’Aeronautica; così spiega le finalità di questa iniziativa sorta per merito di un gruppo di privati: «La Società – Aeroporto di Busto SpA – è sorta quando si è dovuto constatare che il tentativo di dar vita ad un aeroporto intercontinentale, sebbene studiato e posto in essere in un grande centro, non accennava ad una pratica realizzazione, così che era da temersi che analoghi aeroporti, in corso di apprestamento nella vicina Svizzera, si sostituissero definitivamente all’aeroporto progettato per l’Italia Settentrionale. I fondatori del nuovo ente (Aeroporto di Busto SpA n.d.a.), si mossero dunque per un solo scopo: quello di dare all’Italia un moderno aeroporto per apparecchi intercontinentali che possa servire alla necessità ed alle comunicazioni con il mondo della Lombardia, del Piemonte e del Veneto, per non dire delle altre regioni limitrofe. I promotori si posero esclusivamente al servizio della Patria ed ascrivono a loro orgoglio quello di vincere la battaglia di civiltà intrapresa nel nome d’Italia».

La sede della «Società Aeroporto di Busto SpA» è situata in via Fratelli d’Italia 6 a Busto Arsizio; il capitale versato assomma inizialmente a un milione di lire (500.000 lire a testa finanziate da Giovanni Rossini e Benigno Airoldi), ma con altre due sottoscrizioni arriva a 297.745.000 lire (delibera del 21 marzo 1950). I sottoscrittori, suddivisi per la città di appartenenza, sono i seguenti (tra parentesi la cifra versata in lire): Busto Arsizio (208.162.000), Gallarate (26.425.000), Torino (23.715.000), Milano (22.055.000), Amministrazione Provinciale di Varese (3.000.000), Somma Lombardo (7.895.000), Camera d Commercio (1.000.000), Arcisate-Castiglione Olona-Ferno-Gemonio-Lonate Pozzolo-Laveno-Legnano-Luino-Ghemme-Parabiago-Travedona (5.493.000). Il consiglio d’amministrazione è così composto: Cipriano Facchinetti (Ministro della Difesa), sen. Bellora, Benigno Airoldi (della Banca Alto Milanese), Ivo Bonzi, ing. Chiodi, Carlo Comerio, Rinaldo Martegani, Ettorino Rossi, Carlo Tosi e il conte Lora Totino. Il primo presidente della società è nominato Giovanni Rossini. In pochi mesi il vecchio scalo militare è riadattato per scopi civili; viene ripristinata la pista in cemento della lunghezza di 1.800 metri e le iniziali baracche di legno vengono sostituite con più funzionali costruzioni in muratura.

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L’aeroporto della Malpensa alla fine degli anni ’40

E si arriva a quel fatidico 21 novembre 1948 e da quel giorno velivoli appartenenti a varie compagnie aeree quali la ALI, l’Alitalia, la belga Sabena, l’americana TWA, l’olandese KLM, e la francese Air France, iniziano ad effettuare prove di decollo e atterraggio, mentre l’aerostazione si dota di un piazzale di sosta, una pista di rullaggio, un impianto per il volo notturno e altre infrastrutture atte a ricevere passeggeri e merci. Per dovere di cronaca, il primo apparecchio straniero giunge sul nuovo scalo di Malpensa martedì 23 novembre 1948: è un bimotore Douglas C.47 della compagnia aerea norvegese «Fred Olson» con undici passeggeri a bordo.

L’apertura ufficiale di questo nuovo scalo al traffico civile avviene il 21 aprile 1949, mentre l’anno successivo, esattamente il 2 febbraio, si effettua il primo collegamento aereo con New York attraverso un apparecchio della compagnia TWA. Il primo bilancio della «Società Aeroporto di Busto SpA» si chiude il 31 dicembre 1949, pur facendo registrare una perdita di 3.666.635 lire, dimostra che l’intraprendenza dei bustocchi è riuscita nell’intento di far «decollare» questo aeroporto intuendo le enormi potenzialità che uno scalo di questo tipo potrà avere in futuro e come potrà essere elemento trainante dell’economia. I numeri e le cifre iniziano a dare ragione agli azionisti come dimostra il continuo aumento del traffico che passa dagli 11.000 passeggeri del 1949 agli oltre 163.000 del 1954 prima del cambio di denominazione sociale in «Società per Azioni Esercizi Aeroportuali» (SEA). Anche il comune di Milano, a partire dal 30 agosto 1951, è divenuto azionista acquisendo 30.000 azioni della società: riteneva politicamente ed economicamente strategico il suo ingresso nella gestione degli aeroporti di Linate e Malpensa.

Da quel momento aumenta infatti il suo impegno finanziario e il peso nella «Società Aeroporto di Busto SpA» tanto che, alla fine del gennaio 1955, detiene il 77,5% del pacchetto azionario. È la svolta: questa società, da prettamente privata, è ora divenuta prevalentemente a capitale pubblico tanto che il 12 maggio 1955 viene deciso il cambio della denominazione societaria in «Società per Azioni Esercizi Aeroportuali» (SEA) e il trasferimento della sede sociale da Busto Arsizio a Milano. Questi fatti mettono definitivamente la parola fine al contributo e all’avventura aviatoria di Busto Arsizio. È stata una velleità quella dei bustocchi? «Può darsi» come ha scritto un giornalista anni orsono ma «il loro obiettivo era proprio quello di realizzare un grande aeroporto per la propria città. Trovarono pochi consensi e tanto scetticismo. La spuntarono mettendo in campo quella determinazione e quel pragmatismo tipici della gente abituata da sempre a fare i conti con il duro lavoro, i telai, la produzione, le fabbriche, i danée. Forse non lo sapevano, ma avevano costruito le basi di qualcosa di importante, che sarebbe servito poco a Busto Arsizio, molto all’intero Settentrione d’Italia».

Una storia aviatoria ben impressa e celebrata sulla stele commemorativa posta nel 1963 all’ingresso dell’attuale Terminal 2 dell’aeroporto della Malpensa che così recita: «PER DISATTIVATE ROTTE E PROFITTEVOLI INCONTRI, CITTADINI BUSTESI NEL MILLENOVECENTO-QUARANTOTTO ALL’ITALIA DIRUTA MA LIBERA 5 di 8 E ALACRE, VOLLERO RESTITUITO IL PORTO AEREO DELLA MALPENSA, APPRODO DI CIVILI NAZIONI IN VIRTÙ DI MILANO VENUTA A PORRE PER RICONOSCENZA E A RICORDO MCMXLVIII – MCMLXIII», a testimonianza dell’impegno di Busto Arsizio e della sua gente per far ridecollare l’aviazione civile italiana e far ripartire l’economia del nostro Paese.

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Pubblicato il 07 Novembre 2023
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