I podcast che sanno emozionare e informare, raccontando storie “fuori dalla bolla”
"Fuori da qui" di Simone Pieranni e "Figlie" di Sara Poma e Sofia Borri sono stati i podcast protagonisti dell'incontro di Festival Glocal col direttore di VareseNews Marco Giovannelli e Francesca Milano, direttrice responsabile di Chora News presso Chora Media
I podcast che sanno emozionare e informare, raccontando storie “fuori dalla bolla”. Ne hanno parlato a Festival Glocal Marco Giovannelli, direttore di VareseNews, Simone Pieranni, autore e ideatore di “Fuori da qui”, Sara Poma e Sofia Borri, protagoniste di “Figlie” e Francesca Milano, direttrice responsabile di Chora News presso Chora Media.
Un rapporto, quello tra VareseNews, organizzatore di Festival Glocal, e Chora Media ormai consolidato, per una serie di motivi, riassunti da Giovannelli: «Per la qualità che esprimono e per il progetto fortemente innovativo – ha spiegato alla platea di una Sala Campiotti piena e attenta -. Ho fortemente voluto sia Simone che Sara e Sofia per il valore dei loro lavori, che con Glocal e il tema di quest’anno, Visioni, coincidono appieno».
«Raccontare storie è giornalismo, è un modo di fare informazione, entrando in profondità nelle cose, capendo la complessità del mondo che ci circonda. Raccontare significa mettersi in gioco in prima persona, una cosa che il podcast sta riportando nel giornalismo. Il mondo reale, l’errore, torna nel racconto», ha spiegato Francesca Milano introducendo i due progetti podcast “Fuori da qui” e “Figlie”.
Simone Pieranni ha raccontato il suo progetto: «Un podcast settimanale, con puntate pubblicate ogni sabato, per tutti coloro che vogliono uscire dalla bolla. Non è più una semplice rassegna stampa, come era l’idea iniziale. Vogliamo dare uno sguardo curioso sul mondo, mi piace immaginarlo come una sorta di “pagina 3” degli Esteri, un approfondimento culturale sui fatti del mondo, cercando di tirare fuori storie non mainstream, da fonti poco conosciute, poco note. Così cerchiamo diverse fonti e diversi paesi del mondo, poco frequentati, dall’Africa, dall’Asia, dal Medio Oriente, senza toccare i temi che vengono raccontati dagli altri podcast di Chora – ha spiegato Pieranni -. È un progetto partecipato, un lavoro collettivo, che raccoglie le idee e i contributi di tanti collaboratori che costruiscono attivamente il progetto. Ne nascono contributi interessantissimi, che fanno scoprire a noi per primi cose nuove e temi diversi e diversificati. Temi che escono dalla bolla, appunto. Gli spunti arrivano spesso dai più giovani, che a Chora sono tanti e danno un sacco di stimoli, temi che sono poco considerati dai giornali o dai media nazionali. Storie laterali, storie che raccontano cose che da noi hanno poca attenzione. La chiave è la curiosità, la volontà di stimolare temi e idee che fanno scoprire cose nuove».
Sara Poma e Sofia Borri hanno invece presentato “Figlie”, un podcast che appassiona, che allarga lo sguardo su un pezzo di mondo e un pezzo di storia recente che porta nell’Argentina del regime dei militari, a cavallo tra gli anni Settanta e i primi Anni Ottanta, che si è lasciato alle spalle morte, dolore, migliaia di desaparecidos e un processo di riconciliazione ancora lontano dall’essere concluso.
«È una storia plurale, anche se nasce da un’urgenza personale, cioè quella di raccontare la storia di mia mamma alla quale ho unito la storia di Sofia e di sua madre – spiega Sara Poma -. La presenza/assenza di mia mamma, che se ne è andata quando avevo 17 anni, è stato il punto di partenza, al quale si è unita Sofia: è bastata una mail a far scattare la scintilla, raccontare la sua storia ha liberato la mia. La storia di Sofia mi ha permesso di aprire tanti canali, per far diventare una storia nostra la storia di tutti».
Sofia è figlia di Silvia, una militante desaparecida in Argentina, rapita nel 1982 e mai più tornata. Con lei era stata rapita anche la stessa Sofia, allora bambina, recuperata dai nonni e arrivata prima in Brasile, poi in Svezia ed infine in Italia: «Ho scritto a Sara perché volevo riscoprire la memoria, che per me è un impegno quotidiano, un debito etico verso chi non c’è più e verso il mondo. Un impegno di memoria che è stato mio e del mio impegno per tanto tempo, ma che ho voluto, dovuto, rendere di tutti. Silvia, mia mamma, ho voluto riscoprirla, ritrovarla, per raccontarla attraverso chi l’ha conosciuta», spiega Sofia.
«Unire le due storie è stato automatico, c’è stato un lavoro sulla fiducia, capire come mescolare le nostre vicende, di come rendere di tutti le nostre storie – spiega ancora Sofia Borri -. “Figlie” parla del lutto materno, della memoria, temi che riguardano tante e tanti. Il tema della relazione è stato fondamentale, mi sono affidata e mi sono fidata di Sara e di tutte le persone che abbiamo incontrato. Il risultato vale lo sforzo di aver condiviso un tema così personale e così privato, perché ha riverberato su tante persone. Io ero agitata, perché portavo a casa mia, dove non avevo mai portato nessuno se non il mio compagno, tutte le persone che avrebbero poi ascoltato il podcast. L’argentinità si sente, trapela, se ne respira l’atmosfera. Sara non parla lo spagnolo, ma le interviste sono fluite in maniera naturale, dover tradurre per lei mi ha aiutato a ripetere le cose, rielaborare i messaggi che ci lasciavano le persone che hanno incontrato e vissuto mia mamma. Il viaggio poi è stato favoloso, ci ha travolto, come succede ogni volta. Raccontando “Figlie” è inevitabile pensare a quanti non possono fare quello che ho potuto fare io, arrivare in Italia o in Eruopa attraverso un corridoio umanitario. Un tema che si lega all’attualità delle tante situazioni drammatiche che stanno vivendo tante persone in tanti scenari del mondo, da Gaza ad altri luoghi. La testimonianza di “Figlie” parla anche a loro».
«Andare in Argentina e raccontare l’emozione di quel viaggio è stato automatico, frutto dell’esperienza del metaracconto che si fa soprattutto nei podcast americani, attraverso piccoli frammenti, sporcature, che si mescolano al racconto per renderlo più vero e che rendono il mezzo podcast straordinario – ha commentato Sara Poma -. “Figlie” è un racconto in sei puntate che per le ultime tre diventa un diario di viaggio in Argentina. L’inizio è la conoscenza, poi c’è la scoperta, infine il viaggio, la testimonianza, l’immergersi in Argentina, nella case di chi siamo andate a trovare. In figlie ci sono tante voci, dei militanti di Hijos, delle madri di Plaza de Mayo, delle abuelas, degli amici di Sofia e di Silvia. Ci sono luoghi e persone della memoria, alcuni anche dolorosi come la Esma o il Faro, i luoghi delle torture dei desaparecidos che sono diventati luoghi di impegno e di memoria, dopo anni di impunità e negazione. Molto non è entrato nel racconto del podcast, altro no, ma ci siamo state e l’abbiamo rivissuto».
«Sara è la cantautrice dei podcast – chiosa Simone Pieranni -. Ci sono momenti ironici, altri che emozionano. “Figlie” può fare da cassetta degli attrezzi per chi vuole fare podcast: è pieno di riferimenti, una lezione su come si possono fare podcast, il mix di tecniche, il racconto diviso della storia, la stessa storia dell’Argentina che entra nel racconto intimo delle due protagoniste senza essere freddo, anzi. “Figlie” è da ascoltare».
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