Ad Arsago l’addio a Raffaella Filippini, una forza gentile
Era un tratto del carattere della storica attivista ambientalista e operatrice sociale, ricordato nell'ultimo commosso saluto nel suo paese
La vera felicità «non si raggiunge attraverso il successo personale, ma attraverso la fedeltà ad un proposito degno», scrisse centoventi anni fa la romanziera e attivista americana Hellen Keller. Ed è una frase che potrebbe raccontare l’impegno di Raffaella Filippini, esponente ambientalista attiva per tre decenni e più, attiva per lavoro nel sociale.
In tanti l’hanno salutata, stretti nella chiesa di Santa Maria in Monticello, ad Arsago Seprio, il paese dove ha vissuto e dove ha portato avanti, nella quotidianità, il suo impegno. Con una forza gentile che era un suo tratto distintivo e che è stata evocata anche nel corso delle esequie.
Prima della celebrazione guidata da don Lorenzo Maggioni, il primo a ricordarla – con voce affaticata e segnata dal dolore – è stato Emilio Magni, a lungo al suo fianco nell’impegno per l’ambiente, che – ha ricordato – faceva parte di una visione ampia, solidale e responsabile: «Raffaella è stata la colonna di Legambiente sia con la mia presidenza sia poi con Lovetti e Torreggiani. È stato lei che ha retto tutto il lavoro: una donna competente, appassionata, una donna che amava l’ambiente e il prossimo, perché queste cose vanno insieme».
Se molti conoscevano l’impegno ambientalista, nell’ultimo saluto si è ricordato molto anche il versante professionale, nel settore sociale del Comune di Arsago, che era presente con il sindaco Fabio Montagnoli e il gonfalone. «Anche sul lavoro ha dato tutto, è stata una donna che ha amato. Ha dimostrato quanto una donna sia importante in una società dominata dal maschilismo», ha continuato commosso Magni.
La figlia Clarissa, parlando a nome della famiglia, ha ricordato i «tre princìpi» trasmessi attraverso la sua esistenza: il rispetto della natura, l’impegno sociale, l’onestà. «Ogni volta che agiremo con questi princìpi sarai viva in noi». Un impegno portato avanti con modi gentili e attenzione agli altri, senza voler far prevalere la sua voce ma convinta dello scopo finale da perseguire: un tratto evocato anche dalla lettura (la parabola della donna che ha perso una dracma) e dall’omelia.
Partendo dal brano di vangelo che «ci avvicina al cuore di Dio che è cuore di donna» il celebrante ha ricordato il suo servizio per la comunità e per i più fragili: «È andata a cercare nelle case, nelle famiglie, quel particolare che permetteva alle famiglie di andare insieme, andava a cercare quella scintilla che poteva mantenerle vive nonostante tutto». Un saluto commosso, accompagnato anche dal canto spiritual che ha aperto la celebrazione, in un giorno di dolore ma anche di gratitudine.
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