Dal Fuoco di Sant’Antonio al Falò, storia di una tradizione antichissima
L'appassionata di storica locale Cesarina Briante racconta l'origine di questa festa che mescola storie contadine a riti religiosi
![Generico 08 Jan 2024](https://www.varesenews.it/photogallery_new/images/2024/01/generico-08-jan-2024-1578463.610x431.jpg)
Il 17 gennaio si festeggia Sant’Antonio Abate, una figura importante che si lega alla tradizione e al folklore. La ragione per cui questo Santo sia diventato tanto familiare ai nostri nonni, è insita
nella sua storia, legata per lo più a leggende e alla sua iconografia.
Sant’Antonio ha seguito la via dell’ascetismo e spesso è stato rappresentato in lotta con entità che volevano distrarlo, distoglierlo dalla preghiera. Entità che si manifestavano sotto forma di animali. La fantasia popolare ha poi materializzato questa iconografia e l’ha interpretata attribuendo al Santo il compito di proteggere gli animali, tanto che la sua immagine la si ritrovava appesa nelle stalle, impressa nelle coperte e nei paramenti di alcune bestie da stalla e domestiche. Non era certo un gesto di mancanza di rispetto: i contadini intendevano affidare, in questo modo, al santo, uno dei beni più preziosi che avevano, gli animali da cui dipendeva parte della loro sopravvivenza. Allo stesso modo portavano i loro animali davanti alle chiese o nei luoghi pubblici dove venivano benedetti.
Era viva anche l’usanza di porre l’immaginetta di Sant’Antonio, sulla testa di un maialino perché crescesse bene, in salute e con taglia abbondante. Il maiale si legò così all’immagine popolare del Santo: nel medioevo era in uso, in molte comunità, allevare un porcellino a spese di tutti, così che l’anno successivo, dopo la macellazione, venisse posto in vendita a favore dei poveri.
Il Fuoco di Sant’Antonio prende il nome proprio dal santo. Il maiale era una risorsa per i nostri antenati e ogni parte veniva sfruttata: ossa, unghie, setole… niente veniva sprecato. Il grasso era utilizzato anche come base per gli unguenti necessari per la cura di alcune patologie. Il consumo della segale cornuta, che era alla base dell’alimentazione di molte famiglie contadine, provocava l’ergotismo, un ‘intossicazione causata dall’ingestione del cereale, in grani o in farina, contaminata da un fungo.
Oggi si identifica il Fuoco di Sant’Antonio con l’Herpes Zoster ma si tratta di due patologie diverse. L’ergotismo era un’intossicazione grave che poteva condurre alla morte ed era diffusa nel medioevo; un metodo di cura consisteva in un unguento atto a lenire i sintomi e a contrastare la malattia. Il Fuoco si manifestava in modo doloroso, con piaghe e bruciori alle estremità, sintomi che molti collegavano all’inferno e alla presenza del diavolo, per cui le cure includevano preghiere e suppliche al santo con tanto di reliquie. I maialini venivano allevati allo scopo di ottenere la sugna a cui venivano aggiunte piante medicinali per l’unguento curativo.
Il falò di Sant’Antonio si lega dunque a queste usanze antiche, in cui alla storia si unisce la fantasia popolare, ma anche a questo periodo dell’anno che vede riti e fuochi propiziatori atti ad allontanare l’inverno che rappresentava la paura, il buio e il gelo. La primavera, il sole, si associavano alla ripresa e alla vita e il fuoco lo rappresentava. L’usanza dei falò ha origini antichissime, già in epoca precristiana si accendevano i fuochi allo scopo di richiamare il sole e la sua luce. Sant’Antonio protegge tutti coloro che lavorano col fuoco e gli animali domestici, è patrono di panettieri e dei pizzaioli, salumieri, macellai, contadini e allevatori. Lo si invoca per trovare uno sposo o una sposa, ritrovare le cose perdute e chiedere la grazia di un figlio.
I biglietti nel fuoco con scritti i propri desideri, racchiudono un po’ di magia e si ricollegano alle richieste e ai significati attribuiti dagli antichi in epoca precristiana: si ritiene che il fuoco abbia il potere tanto di distruggere quanto di attivare, con il falò la richiesta si carica dell’energia del fuoco e giunge fino al cielo, alla dimensione dell’invisibile. Un pezzetto del tizzone del falò veniva invece raccolto e conservato come un amuleto contro i fulmini e gli incendi, alla cenere si attribuiva il potere di allontanare le persone sgradite e gli eventi fastidiosi.
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