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La storia ritrovata di Domenico, il partigiano istriano vittima del nazifascismo

Il bersagliere Cervai era originario di Orsera, piccolo paese sulla costa della Venezia Giulia

Somma Lombardo generiche

È una storia rimasta nell’ombra per tanti anni. Travolta dall’oblio e dalle complesse vicende di un territorio – l’Istria e la Venezia Giulia – che ha cambiato quattro volte Stato negli ultimi ottant’anni.

Quella del partigiano Domenico Cervai – morto nell’ottobre 1943 – è però anche una storia ritrovata, grazie al pronipote Stefano Pelosi e ad una appassionata di genealogia, Pamela De Rosa. Venerdì, in occasione del Giorno della Memoria, il Prefetto di Varese ha consegnato ufficialmente ai familiari la medaglia che onora le sofferenze di chi ha lottato contro il nazifascismo.

La storia, dicevamo, segue un filo esile, che collega Somma Lombardo con l’Istria.
O meglio ancora: con la Venezia Giulia, la costa della penisola istriana che era a stragrande maggioranza popolata da persone di etnia italiana (mentre sloveni e croati erano più presenti nelle campagne). È su questa costa che nacque Cervai, figlio di Biagio ed Elena Quarantotto, venuto al mondo nel 1912 a Orsera, allora parte dell’Impero Austroungarico, poi divenuto Italia, oggi in Croazia (il nome in serbocroato è Vrsar, così conosciuto anche da migliaia di turisti che oggi affollano spiagge e villaggi).

Il pronipote di Domenico Cervai, Stefano Pelosi, abita a Somma Lombardo. Nel 2022 è tornato in Croazia, per ripercorrere i passi di suo nonno materno, Nicolò Cervai. «Memore delle parole del nonno che ricordava suo fratello scomparso in guerra, ho voluto cercare di dare un volto a un nome» racconta. «Lì, a Orsera, ho trovato una piccolissima parte della storia della sua famiglia: quello che non era stato spazzato via dall’esodo e che era presente nel piccolo comune istriano».

Ripercorrere la storia non è facile, perché Orsera nell’arco del Novecento è passata di mano tante volte: nel 1918 passa dall’Impero all’Italia, nel 1943 (nei giorni della morte di Domenico) viene strappata all’Italia e annessa al Reich nazista, inserita nella “Zona di Operazioni Litorale Adriatico” governata direttamente dai tedeschi. Nel 1947 passerà alla Jugoslavia socialista, poi nel 1991 alla Croazia. Tutti passaggi che rendono più difficili le ricerche d’archivio.

In Croazia Stefano non ha trovato alcuna lapide commemorativa del fratello di suo nonno Nicolò. La ricerca però è andata avanti, con una richiesta alla Presidenza del Consiglio.

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Qualcosa dagli archivi è però uscito: documenti italiani e anche altri inviati dalla Croazia, erede della documentazione jugoslava.
Dal diploma da partigiano consegnato a una parente risalente all’epoca e tutto consumato, solo parzialmente leggibile, si sapeva già che all’8 settembre, mentre i tedeschi rastrellano i soldati italiani, decide di resistere, in un contesto particolarmente difficile in cui la Resistenza italiana operava in concorrenza con quella jugoslava. Sarà ucciso il 6 ottobre 1943, in un luogo non identificato nella penisola istriana.

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Una medaglia per la storia perduta degli istriani

La medaglia è stata consegnata dal Prefetto di Varese ad Angela e Franca, figlie di Nicolò, il fratello del partigiano Domenico. Per la famiglia il riconoscimento consente di ricostruire un pezzo di memoria.
Ma è anche un tassello della memoria collettiva di una zona che fu sconvolta dagli eventi della Seconda Guerra Mondiale, prima dalle persecuzioni etniche contro la popolazione slava (già a partire dal 1918 e poi nel Ventennio fascista), poi dalla violenza nazista contro tutti gli oppositori, infine dalle rese dei conti dopo la resa del Reich e dall’imposizione del nuovo potere jugoslavo.

Ad Orsera la gran parte della popolazione di etnia italiana preferì il cammino dell’esodo, mentre una piccola parte decise di rimanere nello Stato jugoslavo. Per lunghi anni gli esuli hanno vissuto nel silenzio, mentre generalmente si sono pressoché interrotti i legami con chi è rimasto in Jugoslavia, considerato come traditore.

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Foto ricordo a Pola, passata alla Jugoslavia nel 1947. Il primo in basso a destra è Nicolò Cervai, fratello di Domenico e nonno del sommese Stefano Pelosi

Da questo punto di vista tante storie sono ancora in ombra e sconosciute.
«Questa medaglia è in memoria di tutti coloro che non hanno potuto raccontare la propria storia e per tutti coloro la cui storia non ha raggiunto i giorni nostri, per tutti gli esuli istriani»

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 27 Gennaio 2024
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