11 marzo 1926: D’Annunzio battezza il “Campo della promessa”, l’aeroporto precursore di Malpensa
La storia del campo d'aviazione creato durante la grande guerra tra Lonate Pozzolo e Castano Primo e poi protagonista di tante vicende fino al Dopoguerra
L’11 marzo 1926 è la data di nascita ufficiale del campo d’aviazione tra Lonate Pozzolo e Castano Primo, battezzato (in quella data) come “Campo della promessa” da Gabriele D’Annunzio.
Un aeroporto scomparso nel Dopoguerra, ma che in qualche fu precursore di Malpensa, visto che il suo sistema di piste e infrastrutture venne connesso con quello della brughiera di Malpensa, già teatro di imprese aviatorie da inizio Novecento.
Il nuovo campo d’aviazione, in affiancamento a quello della cascina Malpensa, fu avviato nel 1916, in piena Grande Guerra, ma solo nel Dopoguerra si configurò come un vero aeroporto con dotazioni strettamente aviatorie e ampie dotazioni militari, come il grande fabbricato di casermaggio (prima, nei campi d’aviazione della Grande Guerra, ci si accontentava spesso di tende).
La dedicazione ha appunto una data precisa, grazie alla lettera inviata da D’Annunzio: «Per tutte le mani che si levarono al sole inermi eppur lucenti come armi forbite, io, capo degli stormi di Cattaro, di Pola, di Vienna, comandante di Fiume e di Zara, do oggi al campo di Lonate il nome di Campo della Promessa. Lonate, 11 marzo 1926».
A metà anni Venti, come detto, il campo divenne un vero e proprio aeroporto: le imprese Soldavini di Ferno ed Bollazzi di Lonate Pozzolo edificarono le caserme per gli avieri e gli ufficiali, mentre appena fuori dalle reti del campo fu costruito un gruppo di case per gli ufficiali di più alto rango (con un rifugio antiaereo ancora esistente). C’erano poi due gruppi di hangar, la santabarbara e anche altre strutture complementari, come le piscine.
Tra anni Venti e Trenta l’aeroporto fu sede di vari Gruppi e Squadriglie da caccia e da bombardamento della Regia Aeronautica, con progressivo passaggio a macchine sempre più moderne, dai fragili biplani in legno e tela ai velivoli quasi interamente metallici.
In particolare dalla metà degli anni Trenta lo scalo iniziò a specializzarsi come base per i reparti da bombardamento con velivoli costruiti dalla Caproni, che aveva i suoi stabilimenti a Milano e nella vicinissima Vizzola Ticino.
Per questo venne allestito anche il “campo da bombardamento” sulla brughiera di Lonate e del Gaggio, dove vennero allestiti anche bersagli fissi che simulavano edifici, binari di ferrovie e persino una nave: i bombardamenti venivano effettuati con bombe da esercitazione in cemento, ritrovate poi a centinaia nella zona (alcune sono ad esempio esposte lungo via Gaggio, altre al parcheggio di Volandia).
Reperti del “Campo della promessa” lungo la via GaggioIl 5 gennaio 1935 al Campo della Promessa nacque il 7º Stormo Bombardamento Notturno, che venne poi portato in Africa per la guerra di aggressione scatenata dal regime fascista contro l’Etiopia.
Il “Campo della promessa” durante la Seconda Guerra Mondiale
Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, l’aeroporto ospitò vari reparti, tra cui il primo reparto di bombardieri in picchiata – comandato da Giuseppe Cenni – sui celebri “Stukas” di costruzione tedesca.
Dopo l’armistizio divenne una base per l’Aeronautica della Repubblica di Salò, con il Gruppo Aerosiluranti “Buscaglia-Faggioni” su velivoli S.M.79 (impegnato anche contro le navi nel Sud Italia liberato) e con il 1º Gruppo caccia “Asso di bastoni” su Macchi Castoldi M.C.205 e su Bf-109 tedeschi, che attaccavano i bombardieri anglo-americani.
Tra 1943 e 1944 la “Organizzazione Todt” costruì chilometri di piste di collegamento, ancora visibili tra via Gaggio e la zona di Somma, per raccordare il “Campo della promessa” con la nuova pista in cemento realizzata sulla brughiera di Malpensa (quella che sarebbe stata riutilizzata dall’aeroporto civile).
Lungo i raccordi furono costruiti decine di “paraschegge”, grandi rilevati in terra con forma a “C”, ideati per proteggere gli aerei dai bombardamenti e dai mitragliamenti: alcuni sono ben visibili anche oggi, altri sono stati fagocitati dal bosco ma hanno anche restituito resti di velivoli.
Nello stesso periodo iniziarono poi i lavori di costruzione di un binario collegato al tram Milano-Gallarate-Lonate Pozzolo.
Nell’aprile 1945 i tedeschi e i soldati della Rsi furono circondati da forti contingenti di partigiani: in parte furono catturati in aeroporto, in parte (alcuni tedeschi) fermati alle porte di Busto Arsizio.
Il “Campo della promessa” diventa area d’addestramento
I genieri tedeschi prima avevano però fatto brillare le mine sotto piste in cemento, rese inagibili. Quelle del Campo della Promessa vennero dunque distrutte, mentre rimase solo danneggiata quella di Malpensa, che nel 1948 venne riutilizzata per avviare lo scalo civile, come “Aeroporto di Busto Arsizio”.
Il “Campo della promessa” divenne un’area per esercitazioni, in particolare dei carristi di base a Solbiate Olona (a pochi chilometri di distanza) e dell’artiglieria semovente di base a Milano, fino all’inizio degli anni Duemila.
Cosa resta del “Campo della promessa”, tra edifici e reperti in via Gaggio a Lonate
Tornando alla definizione di “Campo della Promessa”, la lettera del “Vate” si può oggi leggere (in riproduzione) anche su una delle installazioni create da Ambrogio Milani lungo l’asse della via Gaggio di Lonate Pozzolo, che fino agli anni Trenta faceva un po’ da limite Nord dell’aeroporto e che ospitava invece l’ampia area di esercitazione per i bombardieri.
Sempre in via Gaggio si trovano tanti altri reperti, come bombe da esercitazione, un tombino di una cisterna per carburante, residui di materiali dei fabbricati. A Lonate Pozzolo è conservata invece la “stele degli aviatori”.
Tra le strutture abbandonate nell’area dell’ex Campo vero e proprio, tra Lonate e Castano, si riconosce ancora la grande struttura in cemento della caserma degli avieri, per il resto depredata negli anni da tutto, compresi tutti i mattoni (riutilizzati persino in una chiesa della zona). L’area dell’ex aeroporto è quasi interamente rinaturalizzata e oggi è anche meta di escursioni naturalistiche. Tra la vegetazione si può ancora trovare la grande “Rosa dei venti” che serviva a tarare le bussole magnetiche dei velivoli.
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