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Nel pozzo oscuro di Buenos Aires: le storie dei desaparecidos

Il viaggio di Carlo Motta ed Enzo Bernasconi tocca i luoghi dei drammi della dittatura militare che colpì un'intera generazione tra fine Settanta e inizio Ottanta

La bicicletta argentina 23 marzo

Sabado 23 de marzo
CABA Città Autonoma di Buenos Aires

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La bicicletta argentina 23 marzo 4 di 6

Alle 10 appuntamento in plaza de Mayo con Marco ed Elisa, con loro proseguirò l’horror tour della città: visiteremo il parque de la memoria e l’esma: mettetevi l’elmetto, si comincia.
Prima tappa, il “Parque de la memoria – monumentos a las victimas del terrorismo de estado” la raggiungiamo con il bus 33 che parte davanti al centro culturale kirchner. Il parque è grande e viene vissuto dai cittadini anche come luogo d’incontro e passeggio; è situato sulle rive del Rio de la Plata, nella parte nord occidentale della città. Il posto non è casuale, visto che lì si arenavano i pochissimi corpi dei desaparecidos martoriati dalle torture che il mare restituiva tra le migliaia di quelli buttati nel fiume dagli aerei della morte. Le installazioni sono tutte molto suggestive, ne ricordo tre.

La scultura chiamata “pensare è un fatto rivoluzionario “ di Marie Orensanz bene evidenzia chi erano i prediletti degli assassini; poi quella posizionata tra le acque fangose del rio raffigurante pablo miguez, il desaparecidos più giovane, 14 anni, realizzata dalla scultrice argentina Claudia fontes. I ragazzi rabbrividiscono quando si accorgono che la statua rappresenta uno dei caso su cui stanno lavorando all’archivio del centro di detenzione e tortura di vulcano/puente doce.

Poi i quattro lunghi muri di pietra che riportano i nomi delle trentamila vittime suddivise per anno e ordine alfabetico. Ci sono ancora spazi vuoti perché non tutte le vittime sono state identificate. È un modo per ricordare a tutti che dietro ai numeri ci sono volti, storie, vite. Tanti i cognomi italiani.

Seconda tappa, visita guidata all’ESMA, la scuola che formava i meccanici della marina militare argentina.
All’ingresso quattro enormi colonne sostengono un timpano sul quale è scritto a caratteri cubitali “Escuela de Mecanica de la Armada”; la scritta suona così sinistra che la vista mi si annebbia e sottotraccia leggo “Arbeit mach frei” che sovrasta l’ingresso ad Aushwitz. Ora è il Museo “Espacio memoria y derechos humanos” e dal 2023 è anche patrimonio dell’Unesco. La vice di Milei, victoria villaruel, gia avvocato difensore di molti militari golpisti e stragisti, la vuole chiudere, rivendica lo spazio per costruirne delle scuole (sic).

La bicicletta argentina 23 marzo

Quello che è ancora più raccapricciante è che l’esma era una scuola: mentre i prigionieri venivano torturati e violentati e “il mercoledì si faceva pulizia” ovvero si uccideva per far posto ai nuovi arrivati, gli allievi studiavano. Il mercoledì si decideva chi far salire sui voli della morte: aerei ed elicotteri, che gettavano nel rio de la plata i giovani prigionieri che si ritenevano non più interessanti dopo una iniezione di pentotal. Molto meno prosaicamente quando i prigionieri erano troppi si ammazzava anche in modo più spiccio e poi si sotterrava, bruciava o si faceva ritrovare il cadavere in strada, in una discarica di modo che tutti sapessero a cosa si poteva andare incontro.
La nostra guida, molto preparata e puntuale, comincia a raccontare.

L’esma fu uno dei tantissimi centri di detenzione tortura ed eliminazione che vennero installati dai militari durante “l’ultima dittatura”: sì, gli argentini dicono proprio così, l’ultima dittatura perché ne avevano già vissute altre in precedenza. Questo fu il più grande, da qui passarono nei 2818 giorni di dittatura oltre 5000 persone, 250 sono i sopravvissuti. La stragrande maggioranza dei desaparecido, qui come in tutto il resto del paese, aveva tra i 18 ed i 35 anni di età, così da aver bene chiaro quel’ara la generazione da colpire. La struttura funzionava come centro clandestino di detenzione ed eliminazione e contemporaneamente come scuola, è circondata da un’inferiata alta un paio di metri, tutto è ed era visibile dall’esterno; l’ingresso è su avenida del libertador, una delle vie più trafficate.

Nel cortile si trova uno degli aerei utilizzati per i voli della morte, lo Skyvan matricola P51.
Il sequestrato arrivava sulle Ford Falcon incappucciato, portato direttamente al casino (alloggio) degli ufficiali che veniva usato come prigione e tortura e subito gli veniva tolto il nome e assegnato un numero (vi ricorda qualcosa?) e sbattuti in piccolissime celle chiamate cucce (per chiarire le dimensioni) con il cappuccio in testa e la luce sempre accesa. Le torture, effettuate nel sotano, il seminterrato, erano continue; per arrivare alle camere di tortura si percorreva un corridoio chiamato “avenida felicità”, che mattacchioni questi militari. Le torture più in voga, oltre alle botte date con qualsiasi strumento a portata di mano, erano il submarino, inserimento della testa nell’acqua sino all’asfisia, e la picana, la rete metallica su cui veniva steso il giovane a cui si applicava corrente ad alto voltaggio sulle parti più sensibili.

A gestire le torture vi erano prodi militari, addestrati a panama nella escuela de las americas gestita direttamente dal’esercito degli Stati Uniti. L’impegno dei nostri eroi, oltre a massacrare giovani inermi, era quello di dividersi il bottino recuperato nei sequestri: i capi litigavano persino per la spartizione dei dischi di tango.
Sui pavimenti luridi delle minuscole celle almeno 37 i casi accertati di parti: i bambini venivano subito sottratti alle madri e dati a famiglie compiacenti. Sono i nietos, i nipoti, che le abuelas de plaza de mayo cercano assiduamente. Vi avevo avvertiti di indossare l’elmetto!
Vivevi nella paura che toccasse a te. Ogni notte il rumore di un auto che si fermava ed il cuore partiva a mille: ti immaginavi le botte, gli insulti, le torture…

Genitori che si imbattevano per strada o in un negozio con i torturatori del loro figlio, che non è ne vivo ne morto, senza tomba, inghiottito dalla notte argentina. I militari se ne andarono nel 1983 perché avevano terminato il loro compito ovvero annichilire un’intera generazione di giovani che voleva cambiare il paese, definire riforme economiche di tipo ultraliberistico, cedere il patrimonio dello stato alle multinazionali, ridurre alla povertà ed alla fame una larga fetta di popolazione. L’operazione Condor, pensato e gestito dalla Cia e da quel farabutto e premio nobel per la pace (sic) di Henry Kissinger, coinvolgeva ben sette dittature sudamericane di quegli anni.
I desaparecidos, l’innominabile, il mai esistito, quelli che non si trovano da nessuna parte furono con la loro assenza la principale accusa contro il terrore della dittatura.
È grazie alle madres de plaza de mayo, all’inizio etichettate come le locas (le pazze), che queste atrocità e responsabilità non sono cadute nell’oblio e si è riusciti a perseguire qualche assassino e rendere evidente quanto tutti sapevano ma preferivano lasciare nel dimenticatoio.

Son quasi le 18 quando ritorniamo a plaza de mayo tutto è pronto per la grande manifestazione di domani, sul palco si alternano giovani artisti.
Oggi è stata veramente dura.
Un caro saluto e state in campana.
Carlino

Pubblicato il 26 Marzo 2024
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