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Verso il passo di Las Cuevas: salite, vento e colori irreali

I ciclisti milanesi Carlo Motta ed Enzo Bernasconi si spingono verso il confine andino con il Cile. Tra leggende inca, sciami di Harley-Davidson e riflessioni sul rapporto tra il viaggiare e il paesaggio

Bicicletta Las Cuevas

Nuova puntata di “la bicicletta argentina”, l’avventura di Carlo Motta ed Enzo Bernasconi, partiti  a fine febbraio da Cuggiono (anche) sulle tracce degli emigranti che lasciarono la pianura lombarda sulle sponde del Ticino per andare in Argentina, ma anche alla scoperta del Paese di oggi, anche grazie al legame con le radio comunitarie.
Il racconto è di Carlo Motta.
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La bicicletta argentina 6 marzo 4 di 7

 

Miercoles 6 marzo
Uspallata-las cuevas: siamo passati da 1900 a 3200 metri snm (Sobres el Nivel del Mar) percorrendo 86 km con 1700 mt di dislivello positivo.
Giornata faticosa: tanto traffico, salita, sole e vento forte ma di impareggiabile bellezza.
Partiamo alle 7.15, appena comincia a far chiaro; l’aria è fina, quasi fredda, ma dopo qualche minuto l’alba andina ci avvolge e ci rapisce. La temperatura non si scalda di molto ma sono i colori che inondano tutto il sensibile. Li senti, li annusi, li tocchi, li degusti e anche li guardi. Tonalità di colori che hanno dell’incredibile: rossi, rosa, arancioni, gialli, grigi, verdi, grigioverde: pare che tutta la tavolozza si sia riversata sulle Ande e in maniera fortuita. È un quadro di van Gogh, quelli dei colori caldi, dipinti nel suo soggiorno in provenza. Ecco, sì, uno splendore cromatico come solo un audace dipinto di van gogh con i suoi colori può dare. Un dipinto tanto più audace perché in continua evoluzione come continuo è il variare della luce irradiata dal sole.ù

Percorriamo la RN 7 che dal fondovalle sale sino al passo de las Cueva, giusto al confine con il Cile. La strada è molto battuta da immensi tir da e per il Cile, purtroppo non c’è alternativa. Loro, tir, auto e moto non fanno più il passo, da decenni c’è un comodo tunnel che collega i due paesi.
Si pedala per lunghi, lunghissimi tratti, diritti e in salita, roba che i drittoni di ieri gli fanno un baffo.

Lungo tutta la valle ci sono i resti di una ferrovia invasa dai detriti. Ma, con un orecchio attento al rombare dei camiones e a quello ancor più assordante degli innumerevoli gruppi di harley-davidson, la mente si perde e la telecamera dell’occhio varia in continuo la messa a fuoco su quello che mi circonda. Siamo ben oltre i paesaggi da cartolina, le panoramiche da macchina fotografica moderna. La descrizione che più si addice a quello che provo è quella descritta con il termine paesagire di Andrea Zanzotto ovvero capire cosa ci circonda entrando nel paesaggio e in quello che ci può raccontare. Non sono più solo un osservatore ma faccio parte del paesaggio.

È un po’ il “pensare con i piedi” dell’argentino Osvaldo soriano che liberamente tradurrei in “Pensare con i pedali” perché andare in bici come camminare aiuta ad accendere tutti i sensi in relazione con l’anima e con il cervello.
La strada non ha ancora cominciato a salire in modo convinto che arriviamo al Puente de l’inca, dove finiva l’antico impero incaico. È un ponte naturale sulla gola del fiume Las cuevas, vicino ci sono delle sorgenti idrotermali. Il terreno è giallo e scivoloso per le emissioni di acqua solfurea: sito di cure termali sino al 1965 quanfo una valanga distrusse le strutture.

Una leggenda quequa racconta che per poter salvare la figlia, gravemente malata ma curabile con quelle acque termali, l’inca, con un gruppo di fedeli guerrieri, parti’ da cuzco per il lungo viaggio. Quasi arrivato a destinazione il gruppo venne bloccato dal profondo burrone. Fu allora che, di fronte al dolore di un padre, le montagne si commossero facendo cadere enormi pezzi di roccia e ghiaccio che andarono a formare il ponte che permise alla bambina di accedere alle cure. Una bella storia di amore genitoriale.
Ancora oggi, giurano i locali, nelle notti più buie si vede una carovana di ombre attraversare il ponte.

A quaranta km dall’arrivo il percorso comincia a salire ma oltre alla strada si alza anche un vento fortissimo e, ovviamente, contrario al nostro senso di marcia. Arriviamo al rifugio viento (i nomi della toponomastica sono significativi) a Las Cuevas che sono quasi le 19. Fatta! e domani ci aspetta il redentor!
Una doccia ed una buona zuppa di lenticchie ci rimette in sesto.

Ieri, cercando cibo in un piccolo pueblo, mi hanno indicato una casa dove vendevano tortitas de casera, piccoli panini fatti in casa. Prendo pane e acqua ed al momento di pagare la signora vuole solo i soldi del pane, per l’acqua no, l’acqua non si vende e non si compra, el agua es sagrada.
Un caro saluto e state in campana.
Carlino

Pubblicato il 09 Marzo 2024
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