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17 luglio 1898: in Italia nasce il Welfare

Il primo istituto previdenziale italiano si chiamò Cassa Nazionale di Previdenza per l’invalidità e la vecchiaia. Durante il fascismo nacquero poi l’INFPS e l’INFAIL. Ma fu con la Costituzione che l’assistenza sociale diventò un diritto per tutti

Generico 15 Jul 2024

Se con accezione moderna per ‘welfare’ si intende “qualsiasi iniziativa diretta a garantire la sicurezza e il benessere dei cittadini”, si può affermare che fino a tutto il XIX secolo in Italia non è esistito alcun welfare pubblico, se non quello garantito dai medici condotti e dalle ostetriche comunali. L’assistenza ospedaliera era inoltre di competenza del Ministero dell’Interno, era cioè trattata nei termini di una mera questione di ordine pubblico.

La prima forma assicurativa universale si ebbe in Italia con il governo Orlando, che a fine 1917, dopo la Battaglia di Caporetto, istituì le polizze gratuite INA per tutti i soldati combattenti. Fu dunque la guerra a fare per la prima volta dello Stato un protagonista sociale.
In seguito, durante il fascismo questo tema divenne motivo di propaganda ma va detto che il regime ambiva al controllo delle popolazioni più che al loro benessere. Ciò si tramutò in politiche molto discriminatorie, soprattutto, in accordo coi proprietari terrieri, nei riguardi del mondo agricolo, che all’epoca costituiva la grande maggioranza della forza lavoro. A riguardo dell’attenzione al mondo femminile inoltre, in agricoltura veniva applicato il cosiddetto “coefficiente Serpieri”, secondo il quale il lavoro femminile valeva il 60% di quello maschile. Per farsi un’idea più nitida basti pensare che nel 1926 nelle risaie del Nord-Ovest del Paese lavoravano 233.000 mondine in condizioni durissime: tuttavia tifo, malaria, TBC e reumatismi non rientravano tra le malattie professionali di questa categoria. Ad ogni modo nel 1933 nacquero INFPS e INFAIL, due istituti fascisti divenuti mastodontici che, tolta la F, sono sopravvissuti nell’attuale ordinamento previdenziale repubblicano.

Il vero punto di svolta, nell’arco di un processo durato molti decenni, si realizzò tuttavia con l’entrata in vigore della Costituzione (1948) laddove ben tre articoli rimarcarono i diritti sociali dei cittadini. Da quel momento in poi l’assistenza ai più bisognosi, che storicamente in Italia era un fatto di beneficenza e di paternalismo dei ricchi divenne, con i limiti delle “gestioni all’italiana”, un diritto fondamentale di tutti i cittadini.
In particolare l’articolo 3, dovuto soprattutto ai deputati socialisti Massimo Severo Giannini e Lelio Basso, sancì che “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini”.
Una colonna costituzionale per i diritti dei deboli fu poi l’articolo 38, discusso a lungo anche da esponenti di primo piano del PCI come Palmiro Togliatti e della Democrazia Cristiana, Giuseppe Dossetti ed Aldo Moro in particolare. In questo articolo sono presenti passaggi fondamentali quali “ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento ed all’assistenza sociale”. Particolarmente pungente, voluto con forza da Togliatti, fu inoltre il riferimento diretto al fatto che “gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione ed all’avviamento professionale”.
Apparentemente più generico fu invece l’articolo 32:La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Proprio questo articolo delineò però quanto poi compiutamente realizzato nel 1978 con l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale. Ad esso è attribuibile anche la forte resistenza riscontrata, ancora nel XXI secolo, nei confronti dei tentativi di privatizzare progressivamente la sanità pubblica, che in Italia è invece garantita dalla Costituzione.

Un rigo di questa grande storia va lasciato anche alla provincia di Varese, perché si può ricordare il rilevante ruolo attivo svolto nel 1973 dal consiglio di fabbrica della Montedison di Castellanza, che fin dall’inizio del decennio agì in stretto legame con Giulio Alfredo Maccacaro, il medico lombardo fondatore di Medicina Democratica che ebbe un ruolo etico importantissimo nel rinnovamento dell’assistenza sanitaria nel nostro paese.
I lavoratori di Castellanza furono i primi in Italia a lottare affinché il rischio dell’operaio in fabbrica non potesse tramutarsi in un semplice aumento salariale.

Scheda libro:
C. Giorgi, I. Pavan – “Storia dello Stato sociale in Italia” – Il Mulino – 2021

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Pubblicato il 17 Luglio 2024
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