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I “cavalieri ribelli” della brughiera, che vinsero due medaglie alle Olimpiadi di Mosca

A causa del boicottaggio dell'edizione in Urss, l'Italia mandò una squadra olimpica di equitazione senza il tricolore, "nata" nella brughiera di Malpensa e guidata da Federico Roman: "Mi ritrovai capospedizione". E portarono a casa un oro e un argento

Equitazione olimpiadi Mosca 1980

Olimpiadi di Mosca 1980: scatta il boicottaggio occidentale contro l’Urss.
Gli atleti italiani vincono quindici  medaglie, anche se non sotto la bandiera italiana. «Abbiamo gareggiato senza inno di Mameli e senza tricolore, sotto la bandiera olimpica», racconta Federico Roman. Che vinse l’oro nell’equitazione (concorso completo) e l’argento nella prova a squadre.

È una storia che raccontiamo perché la squadra che si presentò nella capitale sovietica in quel luglio 1980 riuniva cavalieri cresciuti al centro ippico Le Querce di Casorate Sempione, nella brughiera di Malpensa, la “piccola Inghilterra” dalla lunga tradizione equestre. Insieme a Federico Roman, capo spedizione, c’erano il fratello Mauro Roman, Marina Sciocchetti di Somma Lombardo, Anna Casagrande di Milano (le foto dell’articolo sono fornite da Federico Roman, salvo che dove diversamente indicato.

I quattro seguivano già percorsi diversi, ma erano accomunati dalle “origini” in brughiera.
«Alle Querce sono cresciuti con mio padre istruttore tutti e quattro i componenti di quella squadra olimpica» spiega Roman. Classe 1952, nato a Trieste da famiglia istriana («padre di Cittanova, mamma di Pola») , figlio di militare ed istruttore d’equitazione, si ritrovò un po’ inaspettatamente capospedizione verso Mosca, che rievoca oggi nei giorni delle Olimpiadi di Parigi.

«C’era già stata l’invasione dell’Afghanistan da parte della Russia e una grossa fetta di Paesi occidentali ha boicottato le olimpiadi a Mosca».
Un boicottaggio che inaugurò una stagione proseguita poi con il contro-boicottaggio dei Paesi comunisti alle olimpiadi di Los Angeles (mentre a quelle invernali di Sarajevo parteciparono tutti, essendo la Jugoslavia non allineata).
«L’Italia si era dichiarata favorevole al boicottaggio ma lasciando al Coni la facoltà di decidere». Soluzione “all’italiana”, intermedia, che finì per complicare ancora di più le cose.

Olimpiadi Mosca 1980 Federico Roman equitazione

«I militari erano comunque esclusi dalla partecipazione, per decisione governativa. La Fise, la Federazione italiana sport equestri, legata anche al mondo militare, era contraria alla partecipazione, ma i singoli atleti potevano scegliere. Tranne Giovanni Bossi, tutti gli altri quattro decisero di partecipare. Ognuno rilasciò dunque una dichiarazione, io ricordo dichiaravo che la mia presenza alle Olimpiadi non aveva alcun valore politico ma era il desiderio di un singolo atleta di poter gareggiare».

Presa la decisione, i quattro cavalieri si preparavano a partire, anche se sorse una ulteriore controversia. «Sia io che mio fratello montavamo due cavalli di proprietà della Federazione che si oppose. Carraro e Pescante obbiettarono che i cavalli erano stati acquistati con i fondi del Coni e la Fise ha dovuto cedere. Il Coni a quel punto incaricò il più anziano, vale a dire il sottoscritto».

Cavalli a parte, con il boicottaggio ufficiale da parte dell’Italia, l’organizzazione della trasferta olimpica fu tutta in capo  agli atleti. «Il maniscalco, ma anche il veterinario non poterono partecipare. Io mi ritrovai persino a preparare i box di legno per l’imbarco dei cavalli sugli aerei che li dovevano portare a Mosca».

Olimpiadi Mosca 1980 Federico Roman equitazione

Come veterinario c’era Lorenzo Zaraga, un amico dei Roman, come caposcuderia Angelo Cristofoletti, come maniscalco Bruno Croce: tutta gente della brughiera, messa insieme per superare gli ostacoli politici, con la pressione della Fise – si legge sui giornali – che paventava persino un risultato che avrebbe messo in ridicolo l’Italia. «Nel mese precedente ho passato più tempo al centro ippico di Rocca di Papa e negli uffici del Coni che a cavallo».

L’arrivo a Mosca

«Noi cavalieri, ritrovatici dopo anni alle Querce, pensavamo di essere trattati da eroi al nostro arrivo a Mosca, per aver scelto di esserci. Invece i russi ci trattarono malissimo e tentarono di boicottarci».

Olimpiadi Mosca 1980 Federico Roman equitazione

Gli italiani gareggiavano nel “completo“, la disciplina olimpica che prevede tre prove di dressage, salto e cross-country, su più giorni.

«Anton Buhler, nostro delegato tecnico, il giorno della prova di campagna obbligò a rinviare di due ore la gara per consentirci di esaminare un passaggio obbligato, in una fase banale del tracciato, che però non avevamo mai potuto vedere». Era un passaggio in un bosco di centinaia di betulle, che rischiava di essere “saltato” e compromettere la prova.

equitazione olimpiadi mosca 1980
Foto da Coni.it

L’oro di Federico Roman nel “completo” individuale

«Sul piano agonistico fu una Olimpiade monca, per l’assenza di tanti atleti» riconosce a 44 anni di distanza Roman. «Ma ci misurammo anche con un percorso difficile per la pioggia che aveva reso il terreno pesante. In alcuni tratti io correvo accanto al cavallo al trotto, per farlo riposare. Scivolai a terra e rischiai di perdere il cavallo. Rossinan, un irlandese di nove anni da 1,63, si è comportato benissimo, al galoppo ho dato dei bei punti ai padroni di casa».

L’ultima prova, il 27 luglio 1980, erano gli ostacoli. «Feci un errore nel finale, ma nel complesso il vantaggio ottenuto nelle prime prove ha consentito di neutralizzarlo». Roman vinse così la medaglia d’oro, battendo i sovietici Blinov e Salnikov.

Olimpiadi Mosca 1980 Federico Roman equitazione

L’argento nella prova a squadre

Non era però finita, per «il tenace quartetto a cavallo», com’era definito dalla Stampa di Torino alla vigilia.

Dopo l’oro di Federico, i fratelli Roman, Marina Sciocchetti e Anna Casagrande conquistarono infatti anche l’argento a squadre, sempre nella disciplina del Completo, portando così a due il medagliere italiano dell’equitazione. I cavalieri italiani andarono “a segno” in entrambe le prove in cui erano impegnate.

Federico Roman montava Rossinan, il fratello Mauro Dourakine 4, Anna Casagrande su Daleye e Marina Sciocchetti Rohan de Lechereo, alcuni dei quali erano i cavalli “privati” degli atleti, per gli ostacoli opposti dalla Federazione.


Marina Sciocchetti, Federico Roman, il veterinario Lorenzo Zaraga, Mauro Roman e Anna Casagrande (la foto è di Caterina Vagnozzi)

“Oro e argento per i «ribelli»” intitolava il giorno dopo la Stampa di Torino. Che poneva una domanda provocatoria: “E adesso che cosa dirà la Fise?”. La polemica di allora, sulle pagine dei giornali, era forse ancora più accesa di quanto non traspaia dalle parole di Roman oggi.

Vincitori senza inno e senza tricolore, i quattro di Casorate Sempione hanno lasciato un bel risultato per l’Italia.
«Al ritorno dissi che la medaglia era di tutti, nonostante tutte le difficoltà che avevamo vissuto. E in effetti quel risultato fece sì che le discipline equestri rimanessero ben sostenute negli anni successivi dal Coni». Il Comune di Casorate Sempione diede ai quattro la cittadinanza onoraria. «Anche se forse oggi ce lo ricordiamo solo noi».

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it
Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare.
Pubblicato il 26 Luglio 2024
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