28 settembre 1934, dagli hangar della Siai esce il primo Sm79, nasce il “gobbo maledetto”
È probabilmente il velivolo più rappresentativo dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale: nato bombardiere da un progetto dell'ingegner Marchetti, divenne noto soprattutto per l'impiego come aerosilurante, dando del filo da torcere anche a dieci anni dal debutto
È probabilmente il velivolo più rappresentativo dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale: parliamo del Siai-Marchetti S.M.79, il trimotore nato bombardiere e affermatosi poi – nel conflitto nel Mediterraneo contro il Regno Unito e gli Usa – come efficace aerosilurante.
La storia dell’S.M..79 inizia il 28 settembre 1934, con l’uscita dalla fabbrica del prototipo del nuovo velivolo progettato dall’ingegner Alessandro Marchetti, che aveva già legato il suo nome a quello della Siai, la fabbrica di idrovolanti e aerei terrestri con sede a Sesto Calende, in quel distretto aeronautico cresciuto tra i laghi (Maggiore e di Varese) e la brughiera del campo volo di Malpensa.
Il primo S.M.79 nacque come prototipo civile, consegnato appunto negli ultimi giorni di settembre e portato in volo l’8 ottobre da Adriano Bacula, collaudatore della Siai che aveva già fatto staccare da terra altri velivoli dell’ingegner Marchetti.
La produzione di serie iniziò nel 1936, stesso anno dell’entrata in servizio nei reparti da bombardamento della Regia Aeronautica.
Già l’anno precedente una versione speciale partecipò al raid Istres – Damasco – Parigi con la insegna dei “Sorci verdi”, che rese celebre l’S.M.79 presso un pubblico più ampio e che è rimasto un elemento centrale e citato della storia di questo velivolo.
Il “battesimo del fuoco” dell’S.M.79 avvenne nel quadro della Guerra Civile Spagnola, in cui gli aerei della Regia Aeronautica furono rischierati come “Aviazione Legionaria” al fianco dei golpisti del generale Francisco Franco. Nel marzo del 1938 i Siai Marchetti furono anche protagonisti della campagna di bombardamenti terroristici su Barcellona, la città catalana considerata roccaforte di repubblicani, anarchici, socialisti (i bombardamenti, ordinati da Mussolini, fecero centinaia di morti).
S.m.79 dell’Aviazione Legionaria in SpagnaDa bombardiere ad aerosilurante
Già dagli anni Trenta gli S.m.79 andarono a costituire la spina dorsale della flotta da bombardamento della Regia Aeronautica, nonostante alcuni limiti tecnici legati in particolare alla stiva per le bombe, in cui gli ordigni erano collocati in verticale (con conseguenze sulla precisione al momento dello sgancio).
Iniziarono a operare fin dai primi giorni di guerra contro la Francia, per poi proseguire anche sui due teatri africani (Africa Settentrionale e Africa Orientale Italiana) e contro la Grecia.
Fin dall’inizio del conflitto fu avviato poi un Reparto Sperimentale Aerosiluranti, guidato dal maggiore Vincenzo Dequal e nelle cui fila era anche il tenente Carlo Emanuele Buscaglia, che sarebbe diventato il più grande pilota aerosilurante italiano. Nel corso della guerra di tre anni contro gli Alleati gli S.m.79 affondarono sette navi militari britanniche e australiane, oltre a decine di mercantili.
I maggiori successi furono colti durante la Battaglia di Mezzo Giugno – il principale scontro aeronavale nel Mediterraneo – quando gli S.m.79 affondarono con siluri o bombe due cacciatorpediniere (uno dei quali era stato già colpito da artiglierie navali) e danneggiarono l’incrociatore Hms Liverpool. Nel 1943 invece un S.m.79 del 41º Gruppo Aerosiluranti, partito da Gioia del Colle, danneggiò la portaerei Hms Indomitable, impegnata a copertura della “Operazione Husky”, lo sbarco angloamericano in Sicilia.
Il “gobbo maledetto”
Nacque in questi anni anche il nome più fortunato per l’Sm.79: “gobbo maledetto”, a causa della particolare forma creata dalla postazione del mitragliere dorsale alle spalle della cabina. Il nome si è per certi versi imposto di più che non il nome ufficiale, “Sparviero”, ideato all’ inizio del conflitto mondiale per ragioni di propaganda.
Dopo l’armistizio, la Regia Aeronautica lo impiegò solo come mezzo di collegamento, mentre mantenne l’impiego di aerosilurante per l’Aeronautica Nazionale Repubblicana di Salò, con il “Gruppo Faggioni”. Nato dieci anni prima, per armamento difensivo e prestazioni l’S.m.79 era ormai in parte datato e subì pesanti perdite durante le azioni e anche nei bombardamenti sui campi d’aviazione, come quello del “Campo della promessa” di Lonate Pozzolo.
D’altra parte non mancarono anche in questa fase successi contro gli Alleati tra Tirreno, Adriatico e Mediterraneo.
Curiosità: un S.m.79 in costruzione a Sesto Calende decollò nella giornata del 26 aprile con insegne modificate in rosso, sorvolando una colonna della Ss Polizei e reparti fascisti in ritirata, che venivano contrastati dai partigiani nella loro discesa dall’Ossola verso il punto di riunione a Novara. Un evento essenzialmente propagandistico, ma comunque si trattò di un curioso “volo partigiano”.
Gli esemplari ritrovati e gli Sm79 in museo
Oltre al servizio nei reparti italiani va ricordata anche l’esportazione di decine di esemplari in Iraq, Brasile e Jugoslavia, oltre ai numerosi velivoli ceduti alla Spagna dalla “Aviazione Legionaria”. Il destino più particolare fu quello dei quattro aerei destinati all’Aeronautica del Libano, impiegati come velivoli da trasporto.
I relitti di alcuni di questi furono infatti ritrovati dai contingenti italiani impegnati negli anni della guerra civile e con Israele e due di essi oggi sono esposti in musei italiani, uno al Museo Caproni di Trento e uno allestito come “fantasma del deserto” a Volandia, vicino a Malpensa.
Un altro esemplare – non libanese – è invece conservato al museo dell’Aeronautica a Vigna di Valle.
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