Confiscato a Gallarate l’appartamento di lusso a un membro del clan Jovanovic. E la banca resta a bocca asciutta
Il giudice del tribunale di Busto Arsizio ha confiscato la dimora nel palazzo a vetri di largo Buffoni a Toni Jovanovic e alla moglie, sconosciuti al fisco. Il pm: "Acquistato con fondi illeciti"
Aveva comprato un appartamento nel lussuoso palazzo a vetri di largo Buffoni, all’ingresso dell’autostrada di Gallarate, probabilmente con fondi illeciti, Toni Jovanovic, già condannato insieme ad altri esponenti della sua famiglia per la nota truffa del rip-deal ai danni di facoltosi imprenditori di mezzo mondo e per il quale era stato condannato nel 2018.
Il 33enne appartenente alla famiglia da tempo radicata nella zona di Busto Arsizio si è visto confiscare, dal tribunale di Busto Arsizio (giudice Giulia Cuccinello) su richiesta del sostituto procuratore Nadia Calcaterra, l’appartamento da 100 metri quadri al decimo piano dell’edificio il cui acquisto era stato finanziato in parte con fondi provenienti dall’estero di (più che) dubbia provenienza e, in parte, con un mutuo intestato alla moglie che aveva presentato false buste paga. Entrambi risultavano sconosciuti al fisco e senza un’occupazione.
Nel 2018 l’uomo aveva patteggiato insieme al noto Zoran Jovanovic (deceduto lo scorso anno e protagonista anche da morto per il tentativo di funerale in stile Casamonica poi ridimensionato dalle autorità a Busto Arsizio) e ad altri famigliari per aver truffato una serie di imprenditori stranieri che erano caduto nella trappola convinti di poter trasferire ingenti somme di danaro senza lasciare traccia (con il sistema dell’hawala). Gli Jovanovic, vestiti di tutto punto, davano appuntamento ai facoltosi imprenditori in luoghi lussuosi ai quali mostravano valige di soldi pieni di banconote false che consegnavano in cambio dei soldi veri da trasferire.
La giudice ha anche accertato la mancata buona fede della banca che aveva concesso il mutuo da 180 mila euro a favore della moglie di Jovanovic. Secondo quanto accertato dalla Procura, infatti, l’istituto di credito che reclamava l’ipoteca sull’immobile, non aveva fatto i dovuti accertamenti sui redditi effettivi della donna. Per questo è stato disposto che l’appartamento finisse a disposizione dell’agenzia nazionale dei beni confiscati.
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