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Primavera 1945, quando gli operai presero la parola all’Agusta e alla Siai

Claudio Mezzanzanica racconta la fase dei "comitati di gestione" nei primi mesi del Dopoguerra, quando i lavoratori ottennero di poter decidere del loro futuro. E di partecipare anche ai guadagni delle fabbriche

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Dopo la serie dedicata all’omicidio Matteotti e quella sull’imporsi della dittatura, Claudio Mezzanzanica approfondisce ora la fase di ripresa dopo la caduta del fascismo, il ritorno alla democrazia, il processo di epurazione e la ricostruzione del Dopoguerra

 

 

I Comitati di Gestione nel secondo dopoguerra

Alla fine della guerra gli Alleati ritenevano che l’industria italiana dovesse essere defascistizzata.
Tutte le principali aziende, e non solo quelle, avevano avuto un forte legame con il regime. Dopo il 25 Aprile, gli Anglo-americani invitarono dunque i nuovi prefetti, soprattutto nel Nord del Paese, a procedere alla nomina di commissari a capo delle industrie e, in alcuni casi, li sollecitarono a promuovere processi contro i vecchi amministratori.

A Varese il Comandante di piazza inglese fu particolarmente insistente perché fosse processata la amministratrice della “Cronaca Prealpina”. Il sostegno da parte del giornale durante il Ventennio, mai venuto meno durante i venti mesi della Repubblica di Salò, era considerato inaccettabile.

Gli Alleati si mossero decisamente anche nei confronti della industria aeronautica. Il principale gruppo, la SIAI Marchetti, all’indomani della Liberazione aveva nominato un nuovo amministratore delegato per mostrarsi pronta ad un nuovo corso. Fu scelto per questo ruolo l’ammiraglio Angelo Jachino, uno dei principali responsabili delle disfatte della Marina Militare durante la guerra, totalmente a digiuno di questioni aziendali.
Era la classica soluzione per cui tutto sembrava cambiare ma nulla cambiava. Alla direzione dell’azienda sarebbero rimasti sempre gli stessi.
Il comando interalleato intervenne per sollecitare un vero cambiamento.

Invece all’Agusta le cose procedettero in modo del tutto inusuale. Qui i lavoratori, riuniti in assemblea già il 17 maggio del 1945, estromisero dal comando dell’azienda la famiglia Agusta e nominarono commissario straordinario l’ingegnere Raffaele Capannini. Era una mossa in sintonia con lo spirito dei tempi.

I lavoratori intendevano salvare l’azienda ma non accettavano compromessi con chi aveva avuto un ruolo nel fascismo. Era un precedente pericoloso perché se questa autonomia si fosse diffusa avrebbe decretato un ruolo decisivo dei lavoratori nella gestione delle aziende.

Il prefetto nominato su indicazione del CLN fece opera di mediazione. A fine luglio, in accordo con la famiglia Agusta, venne nominato commissario il dottor De Moiana, affiancato però da un Comitato di gestione nominato dai lavoratori. La famiglia Agusta tornava nel Consiglio di amministrazione ma i lavoratori avevano ottenuto che il 25% degli utili aziendali sarebbe toccato loro sotto forma di premi salariali.

Il Comitato di gestione dell’Agusta fu il primo di un fenomeno che si allargò a macchia d’olio, non senza formidabili resistenze da parte dei proprietari. Perché la sua nascita sanciva una sorta di parità tra lavoratori e proprietà. In tutte le situazioni venne redatto un protocollo nel quale venivano sanciti la natura e i doveri dell’organismo ma anche le sue competenze. Erano funzioni molto ampie. In quei mesi le fabbriche mancano di ordinativi, materie prime, finanziamenti. I lavoratori in prima persona parteciparono o andarono autonomamente a Roma per sollecitare il governo affinché fossero prese le misure necessarie innanzitutto per sbloccare i crediti delle aziende aeronautiche nei confronti del Ministero della Difesa, poi per sollecitare i piani di investimento per evitare la chiusura delle aziende. I mesi di lotta contro il nazifascismo avevano dato ai lavoratori un peso morale e politico che le proprietà aziendali non avevano.

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Questo protagonismo operaio trova una serie di ostacoli. A Sesto Calende nella notte tra il 20 e il 21 febbraio 1946 venne affisso sui muri un volantino firmato: “TUTTI GLI OPERAI E GLI IMPIEGATI SIAI”. In esso veniva attaccato il Comitato di Gestione, accusato di sperperare il denaro e di fare favoritismi in azienda. Per i lavoratori e per il sindacato si trattava di un attacco in forma anonima da parte della vecchia direzione, ancora presente in azienda, che vedeva limitati i suoi poteri. Anche i carabinieri vi ravvisarono una azione calunniosa che non rispettava il vero sentire dei lavoratori. La riprova furono le manifestazioni, tanto in fabbrica che in paese, a sostegno del Comitato. L’atto non resta senza conseguenze nell’opinione pubblica in provincia.

Da numerose fabbriche del bustese e del gallaratese partono ordini del giorno di protesta sia per l’attacco anonimo subito ma anche peri i ritardi del governo nella concessione dei crediti per la ricostruzione. Il destinatario della protesta è il governo a cui viene ricordato che Comitati di gestione sono organi che la classe lavoratrice ha saputo conquistarsi. Nell’elenco delle fabbriche solidali scorrono nomi di importanti aziende, soprattutto tessili, oggi scomparse. Si comprende come in quei mesi il mondo operaio fosse unito e preoccupato per il suo avvenire e come la vicenda della SIAI, la più grande fabbrica della provincia, fosse sentita come una vicenda collettiva. Al tempo stesso i Comitati di gestione erano vissuti come uno strumento emancipatorio, che vedeva l’operaio uscire dalla sua condizione di pura subordinazione.

Nel luglio del 1946, dopo mesi drammatici in cui azienda e Comitato di Gestione compiono ogni sforzo per ottenere i fondi necessari per la ripresa, alla SIAI viene siglato lo statuto definitivo del Comitato di Gestione che viene definito: ”un organismo tecnico-economico che agisce a fianco della Direzione….”.

Nel frattempo alla SIAI iniziano ad arrivare le prime commesse, soprattutto di manutenzione dei pochi aerei rimasti all’Aeronautica militare italiana, e si comincia a diversificare la produzione in molteplici direzioni. Si lavora anche alla ricostruzione del ponte sul Ticino. Questi sforzi non basteranno a salvare l’occupazione di tutti gli undicimila lavoratori.

Verranno, più avanti, mesi difficili.
Il Comitato di Gestione alla SIAI chiuderà nel 1951.

Pubblicato il 13 Settembre 2024
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