Tutto quello che non si legge su Felicia Kingsley e il suo nuovo romanzo
Felicia Kingsley sul menù di Duemilalibri. Il pubblico l’ascolta domenica poco prima di pranzo mentre svela quello che nel romanzo non si legge sull’autrice, i personaggi e il titolo del libro
Serena Artioli in veste di Felicia Kingsley arriva a Duemilalibri. Per l’occasione la Sala degli arazzi è gremita di lettori che sulle ginocchia hanno per la maggiore Una conquista fuori menù e solo residualmente uno degli altri quattordici romanzi dell’autrice. Tantissimi segreti e aneddoti sono stati svelati da Felicia domenica mattina al Maga di Gallarate.
Cosa c’è dietro il titolo del libro?
Una conquista fuori menù è il nuovo romanzo rosa di copertina e di contenuto di Felicia Kingsley. Il titolo che oggi leggiamo ha fatto giri immensi: in un primo momento è stato “Prendilo per la gola”, poi è entrato in scena Tony Effe regalandogli l’appellativo “Sesso e salvia”. La cucina però è solo un contesto, non una trama. La chiave è honey trap, in linguaggio tecnico poliziesco americano la tecnica che prevede di sedurre l’obbiettivo allo scopo di ottenere informazioni. Interessante, ma non il più apprezzabile dei titoli nel mondo dell’editoria. Bensì, questo è ciò che accade nel libro. Dwight, agente sotto copertura dell’FBI, deve svolgere indagini su gruppi e famiglie con probabili legami con la malavita. Una delle famiglie sotto indagine è proprio quella di Julia Villa, amante del buon cibo e del buon sesso, cui però condizioni di salute limitano il menù. Sarà capace l’infiltrato di continuare a fingere il legame con la protagonista?
Julia: la protagonista diversa tra quelle di Felicia
«Julia solo a primo impatto è diversa dalle altre mie protagoniste» afferma Felicia Kingsley. Questa volta la sua mente ha sfornato una protagonista molto rischiosa, in cui la sua lettrice ideale fatica a riconoscersi, una protagonista libera e convinta dei suoi principi. Per Felicia è quella che «abbraccia il femminismo contemporaneo nella maniera più esplicita». La differenza è però attenuata da una caratteristica fisica che ha provocato in Julia insicurezze a causa delle quali fatica ad amare se stessa.
Quanto c’è di Felicia, o meglio di Serena, nel nuovo romanzo?
«Il Capitano sono io». L’autrice racconta come si riconosca nel personaggio: come lui cerca di tenere le redini delle indagini e di non far commettere guai al suo infiltrato che propone sempre soluzioni non convenzionali e al limite della professionalità, così lei sente di dover tenere le redini dei suoi personaggi. Ammette di amare quelli molto stratificati, si rende conto però che non tutti possono godere di questo privilegio che porterebbe alla deriva e non condurrebbe a un epilogo delle vicende narrate. Tuttavia, ritiene che le spalle e i personaggi secondari abbiano un ruolo rilevante: “tutti noi abbiamo degli amici, anche i miei personaggi ne hanno” afferma.
L’autrice delle storie di protagoniste newyorkesi è mai volata nella Grande Mela?
No. Felicia Kingsley non è mai stata a new York. Il pubblico è stupito. Le sue descrizioni accurate e ricche di minuziosi dettagli sono opera di attente ricerche, letture di blog e domande dirette a chi davvero abita la città nordamericana. L’autrice spiega che necessita della sospensione dell’incredulità perché il lettore accetti che quella che lei narra sia una storia vera, se qualche dettaglio interrompe la sospensione, allora la narrazione si altera e il lettore perde interesse. Ecco perché anche un viaggio da turista non avrebbe giovato al racconto, “sarebbe stato necessario un trasferimento di almeno tre anni”, sorride. La stessa necessità di documentazione e confronto è stata necessaria nel momento in cui la sua protagonista ha manifestato un disturbo. Felicia incuriosisce il pubblico informandolo che una delle sue fonti è stata Francesco Murano che attraverso i suoi contenuti su Tiktok si muove per sensibilizzare su quella che è la sua condizione.
L’ispirazione? Per l’autrice solo un falso mito
«Per me è come giocare con i Lego» rivela Kingsley al suo pubblico. Per l’autrice le idee arrivano quando il tuo cervello inizia ad assemblare i pezzettini. Certo, un’idea arriva in un momento preciso, ma mai tutta intera. Solo quando «mi allontano da una situazione che mi annoia e mi affatica, allora il mio cervello crea». L’autrice si apre in sala affermando che i suoi libri hanno trovato gestazione durante le sue sessioni di tapis roulant in palestra o mentre applicava l’olio per calli dopo una doccia. Ammette che «tutte le idee non arrivano allo stesso modo».
Il suo processo creativo, l’idea su cui si trova a lavorare, a volte è generato da un “cosa accadrebbe se…” mentre altre volte, come è stato per Matrimonio di convenienza e Ti aspetto a Central Park, sono i dialoghi tra i personaggi a dare il via all’invenzione di una storia. A chi le chiede come iniziare a scrivere consiglia di riempire un foglio bianco, da quello si può partire a lavorare. Altro punto su cui insiste è saper riconoscere e abbandonare le cattive.
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