Quarto binario, il progetto “deraglia” nelle aule del Tar: accolto il ricorso del comitato contro l’opera
Il TAR per la Lombardia che ha accolto il ricorso del comitato per la «carenza di una valutazione della complessiva compatibilità ambientale dell’opera, in termini di attualità»
Quarto binario, è tutto da rifare? Il rischio si fa concreto dopo la sentenza del TAR per la Lombardia che ha accolto il ricorso presentato dal Comitato civico contro il potenziamento ferroviario della tratta Rho-Parabiago, quando ormai le aree di cantiere sono state delimitate e in molti casi le ruspe sono già all’opera. Sentenza che – impensabile il contrario vista la portata dell’investimento in discussione, un’opera da oltre mezzo milione di euro – dovrà reggere al vaglio del Consiglio di Stato ma intanto addensa più di una nube sul futuro dell’opera.
Vent’anni sugli scudi per il potenziamento della Rho – Gallarate
Il potenziamento della tratta ferroviaria tra Rho e Gallarate, che rientra nel più ampio intervento di potenziamento del sistema Gottardo, è tra le infrastrutture pubbliche da realizzare individuate ormai nel lontano 2001 da una legge delega al governo incentrata proprio su «infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive».
Due anni dopo RFI aveva presentato un progetto preliminare per al realizzazione di un terzo binario, che «escludeva espressamente la possibilità del quadruplicamento della linea per ragioni legate al fitto contesto urbanistico, alla presenza di vincoli fisici in corrispondenza di alcune stazioni interessate dal progetto e al fine di garantire la compatibilità con le esigenze del traffico ferroviario», come ricorda nella sentenza la sezione Terza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia. Il progetto aveva ottenuto il via libera dal Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, un “semaforo verde” che di fatto aveva messo nero su bianco automaticamente anche la compatibilità ambientale dell’opera.
Italferr, la società che si occupa dalla A alla Z dei grandi investimenti infrastrutturali del gruppo FS Italiane, aveva poi presentato un progetto definitivo che però si discostava dal “disegno” originario, prevedendo in particolare il quadruplicamento della linea fra Rho e Parabiago, la realizzazione del raccordo Y di collegamento fra la linea FS e la linea Ferrovie Nord Milano in prossimità della stazione di Busto Arsizio e il triplicamento della linea tra Parabiago e Gallarate, con la realizzazione di una nuova fermata a Nerviano e la sistemazione di quelle di Vanzago, Canegrate e Legnano. Anche il progetto definitivo, comunque, aveva ricevuto tra il 2009 e il 2010 il placet prima della Commissione tecnica di valutazione di impatto ambientale del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e poi del CIPE.
Proprio quest’ultima delibera era stata portata nelle aule di giustizia dal Comitato civico contro il potenziamento ferroviario della tratta Rho-Parabiago oltre dieci anni fa, con il TAR che – come farà poi anche il Consiglio di Stato – aveva sostanzialmente sposato la ricostruzione dei ricorrenti sottolineando che la soluzione a quattro binari introdotta dal progetto definitivo era stata espressamente esclusa dal preliminare e che rispetto alla nuova soluzione progettuale sarebbe stato necessario rinnovare la procedura di valutazione di impatto ambientale.
La procedura, però, non era “morta” con le sentenze del 2012, ma era stata portata avanti sempre sulla base di quanto previsto dal progetto definitivo, ottenendo nel 2014 un nuovo via libera pur con delle prescrizioni. Via libera che ancora una volta era finito al vaglio della giustizia amministrativa, ma questa volta senza successo: nell’attesa della motivazioni della sentenza del Consiglio di Stato, era stata poi avviata la procedura di aggiornamento della valutazione di impatto ambientale, che nel 2022 aveva portato ad un’integrazione. In parallelo, il potenziamento della tratta ferroviaria Rho – Gallarate è stato inserito tra le opere finanziate dal PNRR ed è stato oggetto di commissariamento.
Lo scorso anno, poi, era stata chiusa la Conferenza di servizi istruttoria avviata nel 2013 e “proseguita” nel 2021: la relazione istruttoria sul progetto definitivo era stata trasmessa al commissario straordinario per l’approvazione anche ai fini della compatibilità ambientale, della localizzazione urbanistica, dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e della dichiarazione di pubblica utilità riguardo alle parti del progetto definitivo modificate rispetto al progetto preliminare. Anche quest’ultima delibera, però, è finita sul tavolo del TAR.
La sentenza del Tar
La Terza Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia ha ritenuto «fondate le censure con le quali si contesta sia la carenza di una valutazione della complessiva compatibilità ambientale dell’opera, in termini di attualità rispetto al tempo di adozione del provvedimento autorizzativo impugnato, sia la sostanziale inadeguatezza dell’istruttoria».
«Rispetto al progetto definitivo del 2013 – si legge nel passaggio “cruciale” della sentenza – le valutazioni ambientali sono solo quelle emergenti dal parere della Commissione VIA del 2014, rispetto alle quali non è stata effettuata alcuna analisi della permanente attualità dei dati ambientali e scientifici pertinenti, poiché il parere del 2022 interviene solo sulle parti progettuali modificate dopo il 2013 e per il resto rinvia alle valutazioni rese nel 2014, senza alcuna rivalutazione della fattispecie, alla luce di dati aggiornati come richiesto dal quadro normativo e giurisprudenziale eurounitario e nazionale già delineato. Non solo, risulta violato anche il principio per cui la valutazione ambientale “opportuna” è quella che considera il progetto nella sua completezza e in termini di attualità».
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