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Al Multisala Impero Varese “Liliana”, il film sulla storia di Liliana Segre

La pellicola viene proposta in tre proiezioni, in vista del Giorno della Memoria

liliana film

Era l’8 dicembre 1943 quando Liliana Segre, allora tredicenne, venne arrestata al valico di Viggiù, tra Varese e Lugano. Era l’inizio di un incubo che nell’arco di poche settimane la portò dietro ai reticolati di Auschwitz-Birkenau.

È anche per questo che è preziosa la proiezione a Varese, al multisala Miv, del film “Liliana”, che propone un ritratto completo della senatrice a vita e testimone della Shoah.

Il film viene proposto nelle giornate del 20, 21 e 22 gennaio.
Lunedì e mercoledì il film è proposto in orario pomeridiano, alle 16.40. La sera di martedì 21 gennaio la proiezione (ore 21) è introdotta da Roberto Morandi di Varesenews.

Qui la scheda del film-evento sul sito del Multisala Impero Varese.

Il film, da mymovies.it:

Presentato alla Festa del Cinema di Roma nel 2024 (Special Screening), Liliana di Ruggero Gabbai è un ritratto completo e ampiamente autorizzato, in cui si alternano tre piani temporali di racconto: gli anni delle leggi razziali, la Seconda guerra e i campi di concentramento; il momento in cui per la prima volta Segre decide di parlare di quell’esperienza, negli anni Novanta; e infine il presente, in cui la senatrice a vita si racconta ritornando a Pesaro, luogo dove nel 1948 conobbe suo marito Alfredo Belli Paci, e a Milano. Ma per scelta non ad Auschwitz, di cui vediamo però scorrere immagini recenti. Grazie a un archivio inutilizzato che risale a una regia precedente di Gabbai, Memoria – I sopravvissuti raccontano (1997), realizzato con il CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea) di Milano e gli storici Marcello Pezzetti e Liliana Picciotto (qui in veste di consulente storica, intervistò Segre nel 1994), riaffiora invece una prima testimonianza video inedita di una Segre di mezza età, in cui per la prima volta il fare memoria cede, anche se minimamente, all’emozione.

Oltre a ripercorrere, a beneficio di tutti, la sua parabola eccezionale e la trasformazione, tardiva eppure naturale, in testimone della Shoah e simbolo dell’antifascismo, il film indaga un tema essenziale e poco trattato, per lo meno nel nostro cinema: il rapporto tra la generazione dei sopravvissuti ai campi e quella dei loro figli. Per la prima volta accanto a Segre appaiono e testimoniano anche i suoi: Alberto, Luciano e Federica (e i nipoti Davide e Filippo). Una delle tante famiglie spezzate da un non detto abnorme, un vissuto indicibile e disumanizzante che trova modo di trasmettersi come un DNA, di continuare a pesare e influenzare le esistenze anche quando diventa esplicito, noto, mediatizzato. “Non ero pronta ma avevo bisogno di farlo”, dice Segre, con quel misto di dolcezza e durezza ben sottolineato da Ferruccio De Bortoli, tra gli intervistati che parlano di lei, quella precisione e pertinenza di linguaggio che le fa scandire ricordi e affermazioni senza un errore, un’esitazione.

Pubblicato il 20 Gennaio 2025
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