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Terminal: il podcast che racconta le persone che vivono dentro all’aeroporto di Malpensa

In un aeroporto siamo tutti di passaggio, in movimento, precari. E forse è anche per questo che alcune persone lo scelgono per viverci stabilmente

podcast terminal

Chi sono gli abitanti di Malpensa?
Un aeroporto è una città sempre in movimento 24 ore su 24, dove lavorano migliaia di persone, dove non c’è mai un silenzio assoluto, ma paradossalmente gli unici abitanti sono anomali: sono i senza fissa dimora.

Un abitare informale, «la risposta immediata a un problema pressante»: lo racconta, cercando di andare in profondità, il podcast (o semplicemente documentario) “Terminal”, realizzato da Manuela Stura e Lorenzo Faggi appunto a Milano Malpensa.

La prima puntata si apre con una conversazione whatsapp, di novembre 2023, a seguito di un momento di “attrito” con una delle persone che abita in aeroporto. I messaggi vocali della conversazione aiutano non solo a introdurre la storia ma raccontano anche il metodo di costruzione dell’inchiesta da parte dei due autori.

Il podcast racconta così anche come i due autori vengono a contatto con gli abitanti di Malpensa, con le loro storie dolorose e tortuose:  una ballerina russa che teme di essere rapita, un operaio italo-vietnamita che ha perso la casa dopo che la fabbrica dove lavorava ha chiuso, persone travolte da relazioni finite, persino lavoratori digitali senza fissa dimora.

Nel podcast ci sono racconti di alcuni lavoratori aeroportuali (sono centinaia le persone che “fanno i turni” nei due terminal e nelle aree vicine, come le stazioni ferroviarie): il loro racconto a volte tradisce il fastidio, in altri casi una vicinanza umana alle persone più fragili, che porta a gesti di solidarietà in termini immediati – cibo, oggetti – e non solo. Come nel caso del barista che aiuta a rimettere in contatto una donna senza fissa dimora con la figlia che non sentiva da anni.

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C’è all’interno il tentativo di raccontare l’umanità di relazioni che possono sembrare fugaci, superficiali, a volte opache, ma che pure possono diventare durature, come raccontavamo anche nel settimo episodio di “Cara Varesenews”


Il racconto di “Terminal” è fatto di storie individuali ma anche di un tentativo di analizzare il fenomeno, ad esempio nella suddivisione basilare tra gli abitanti “h24” (che non lasciano lo scalo) e quelli – la maggioranza – che invece durante il giorno si recano a Milano.

Si tocca anche il tema degli episodi violenti o di reazioni “sopra le righe”, che spesso sono l’unico motivo per cui le storie dei senza fissa dimora finiscono sui gionali: gli “attriti” sono descritti come fenomeno «marginale» e in effetti al di là di singoli episodi (spesso denunciati dal sindacato) non è un dato ricorrente, considerando che in aeroporto vivono da anni decine di persone.

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Dietro certi “attriti” a volte c’è la difesa di un abitare informale in cui i banchi concavi, i vani, i locali dismessi «si riempiono di corpi e oggetti»: le persone creano un loro ambiente familiare, per quanto surreale possa sembrare, e cercano di rivendicarlo.
«L’aeroporto è casa perché le persone si sentono meno sole e sradicate» dice Lorenzo Faggi, nel finale della prima puntata.

Una lettura interessante è quella ripresa dalla testimonianza di un frate francescano: in aeroporto un senza fissa dimora accampato non è così diverso da un viaggiatore “accampato” in attesa del volo all’alba.
Una persona senza casa si può immaginare come in attesa di un volo, come faceva Emilietta, che per anni visse in aeroporto attendendo un decollo – mai realizzatosi – per un’isola dell’Oceano Indiana.

In aeroporto, a differenza che in altri ambienti, si produce così «una strana forma di volontà mimetica»: i senzatetto si sentono meno separati dal resto dell’umanità. Ed è paradossale che possa succedere in un luogo che per i più, è solo un non-luogo, che si attraversa senza viverlo.

Pubblicato il 30 Gennaio 2025
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