The betrothed lovers: sul palco delle Arti di Gallarate i Promessi Sposi come una serie Netflix
Carlo Decio rilegge i classici rendendoli contemporanei, "togliendo la polvere e la ruggine". In scena solo, dà vita ai personaggi e fa riscoprire il piacere di storie appassionate e intricate
Una storia di omicidi, rapimenti, amori contrastati, villain che nel mezzo della storia cambiano vita.
Trasformata in materia di studio alle superiori, questa storia forse è divenuta noiosa, per molti, o scontata.
E allora perché non riaprire i Promessi Sposi in modo diverso?
Ci prova Carlo Decio, che a teatro mette in scena i Promessi Sposi «come una serie Netflix», tra colpi di scena, risate e suspance.
«Non è una parodia, ma una riscoperta» chiarisce subito Decio, che sarà in scena mercoledì 22 gennaio (ore 21) al Teatro delle Arti di Gallarate.
«Da qualche anno propongo al pubblico i classici in un’ora, con solo me in scena: uno spettacolo che mette insieme narrazione, mimo e commedia. In questo spettacolo faccio ventuno personaggi. I Promessi Sposi sono spesso associati alla noia dello studio a scuola, con una modalità diversa si può riscoprire la bellezza del romanzo. E ci sono tutti gli ingredienti: potenti contro poveri, omicidi, rapimenti, gli spin off della Monaca di Monza e Fra Cristoforo» continua Decio usando – non a caso – parole contemporanee per descrivere la storia di duecento (o quattrocento) anni fa.
«Addensando e andando al sodo emergono tutti gli aspetti: il drammatico, il tragico, il commovente, a cui aggiungo un pizzico di comicità che aiuta il pubblico ad entrare nei personaggi. E funziona! Lo mettiamo in scena da circa un anno e mezzo, lo facciamo nelle piazze e nei teatri. Ieri sera [giovedì 16 gennaio] siamo stati da Zelig, facendo sold out per la seconda volta. E tanti alla fine vengono a dirci che vogliono rileggere il romanzo, dopo averlo visto in modo diverso».
Con i Promessi Sposi Decio si è messo ancora una volta alla prova con il classico: non quello del teatro greco o shakespeariano, ma un classico della letteratura italiana. Da dove scaturisce questo interesse per la rilettura del classico, che pure è ricorrente nella storia del teatro?
«Tutto è nato perché stavo frequentando un laboratorio alla Paolo Grassi, con il regista Mario Gonzales. L’incontro con lui è stato folgorante, ho capito la differenza tra un insegnante e un maestro. In quel periodo stavo leggendo l’Otello, lui mi ha dato fiducia per metterlo in scena. La risposta del pubblico è stata veramente buona, quindi abbiamo proseguito con l’Odissea. È un modo per riscoprire la bellezza dei classici, qualcosa mi ha chiamato verso di loro. Un prendere la rincorsa e partire dall’anno zero del teatro, togliendo la polvere e la ruggine: ho dovuto combattere con questa cosa, l’idea che fosse pesante. E mi sono reso conto che era il mio modo, che funzionava con gli adulti e anche con le scuole».
Sul palco delle Arti una bella prova d’attore
La storia raccontata da un solo attore – in scena con poco: un baule, tre gradini, un leggìo – è una bella prova: «In questo spettacolo ci sono vent’anni di studio sulla voce, sul mimo, sul corpo».
Una prova d’attore che Decio porta con piacere sul palco delle Arti di Gallarate, che ha una tradizione nel teatro classico, ma anche una costante e rinnovata attenzione per forme più contemporanee: «La prima volta sono venuto a Gallarate per uno spettacolo con la compagnia Carlo Colla. Ho iniziato a parlare con Giulia Provasoli dei miei progetti, Mi ha aiutato molto anche nella preparazione della Mille e una notte. Ne è nata una collaborazione con lei e poi con la scuola di teatro delle Arti», che coinvolge decine di alunni dai bambini agli over 65. «Tanti studenti verranno allo spettacolo».
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