Covid: dopo 5 anni, 3 cambiamenti, 1 filo rosso
"La verità è questa: il mondo non è tornato indietro. Si è riscritto su nuove regole". Giuseppe Geneletti riflette su come è cambiata l'economia e come si è evoluto il mondo del lavoro a cinque anni dal primo caso di Covid
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Nel 2019 lavoravo come consulente e vivevo a Milano. Ogni mattina prendevo la bici per andare in ufficio, lavoravo fianco a fianco con i colleghi, pranzavo al bar, poi metro o taxi per andare dai clienti. Cinque giorni a settimana, sempre lo stesso schema. Lavoro da remoto? Rarissimo. Qualche telefonata, una videochiamata su Skype che spesso si trasformava in un’agonia tra problemi audio e partecipanti muti. Compravo su Amazon solo i regali di Natale, per il resto facevo code in banca e in posta. E per ogni pratica burocratica, si passava mezza giornata in Comune.
Cinque anni dopo, il mio mondo è cambiato completamente. Vivo in un paese a 15 km da Varese, la mia sede di lavoro è a Parma ma ci vado solo una volta alla settimana, per tre giorni. Il lunedì e il venerdì lavoro da casa. Compro su Amazon l’80% di quello che non è cibo. Le mie riunioni sono al 90% su Microsoft Teams, con qualcuno collegato da remoto e pochi colleghi in presenza. Anche la burocrazia è digitale: cambio medico con un clic, pago tutto online, persino il caffè lo prendo con
l’app.
La verità è questa: il mondo non è tornato indietro. Si è riscritto su nuove regole. E se guardiamo bene, c’è un filo rosso che collega tutto. Il lavoro è diventato (in parte) remoto; le catene di produzione sono diventate (in parte) locali; l’automazione è diventata (ovunque) diffusa. Questi cambiamenti non sono scollegati tra loro. Raccontano la stessa storia: abbiamo capito che l’efficienza estrema era fragile. Oggi, aziende e governi stanno ripensando tutto in chiave di flessibilità e distribuzione del rischio.
Sul lavoro non si torna indietro. Nel 2019 il 95% dei lavoratori andava in ufficio ogni giorno. Oggi, oltre il 60% delle aziende nei Paesi sviluppati usa un modello ibrido (fonte: McKinsey, 2024). Le aziende che hanno imposto il ritorno completo in ufficio si sono trovate davanti una realtà inaspettata con il 71% dei lavoratori che preferisce un modello flessibile e il 36% di chi è obbligato a rientrare che pensa di cambiare lavoro (fonte: Gallup, 2024). Anche i giganti come Google e Tesla hanno dovuto rivedere le loro politiche, accettando almeno qualche giorno di smart working. E qui in Lombardia? Da ABB a STMicroelectronics, molte aziende hanno adottato modelli ibridi per attrarre talenti e migliorare la produttività. Persino la pubblica amministrazione sta cambiando: perfino il mio micro-comune di Bodio Lomnago ha reso molte pratiche completamente digitali, riducendo le code agli sportelli. L’ufficio non è morto, ma la settimana lavorativa “tradizionale” non
tornerà mai più com’era prima.
Sulle catene di produzione, la globalizzazione è cambiata, non finita. Nel 2020, le interruzioni delle supply chain hanno costretto le aziende a rivalutare la dipendenza da fornitori lontani. Da allora, il 70% delle multinazionali ha spostato parte della produzione più vicino ai mercati finali (Boston Consulting Group, 2024). In Italia, molte imprese lombarde hanno riportato la produzione più vicino, specie nel settore manifatturiero. Il distretto della plastica di Varese ha visto un aumento degli investimenti nelle produzioni locali, riducendo la dipendenza dall’Asia. Le aziende tessili di Como stanno lavorando con fornitori europei per evitare i ritardi nei trasporti intercontinentali. La farmaceutica ha accelerato la produzione in Italia, con aziende come Recordati e Menarini che hanno investito in nuovi stabilimenti. Nessuno vuole più catene di produzione ottimizzate solo per il costo. Efficienza e sicurezza devono bilanciarsi.
L’automazione è il vero vincitore del post-pandemia. Il fattore che ha cambiato più profondamente le regole del gioco è l’automazione. Le aziende che avevano investito in robot, intelligenza artificiale e automazione hanno superato meglio la crisi. Da allora, gli investimenti sono esplosi: il mercato globale dell’intelligenza artificiale è cresciuto del 56% dal 2020 (Fonte: Statista, 2024). Negli USA, il numero di robot industriali installati è aumentato del 65% in cinque anni (Fonte: IFR, 2023). In Lombardia, il settore manifatturiero ha visto un aumento record degli investimenti in macchinari e automazione (Fonte: Assolombarda). Ad esempio, Leonardo, la multinazionale aerospaziale con sede a Vergiate, ha accelerato l’uso dell’intelligenza artificiale e dell’automazione per rendere più efficienti i suoi processi produttivi (Fonte: Innovation Post). Dopo il Covid, le aziende non si sono solo adattate. Hanno ridisegnato il modo in cui lavorano, riducendo la dipendenza dal lavoro umano nei processi ripetitivi.
Il nuovo modello è basato su flessibilità e ridondanza. Se mettiamo insieme queste tre macro tendenze, emerge un principio chiave: la decentralizzazione strategica è la nuova stabilità.
Prima del 2020, il business funzionava così: 1. tutti in ufficio, massimo controllo; 2. catene di produzione iper-globalizzate, zero margine d’errore; 3. automazione limitata, lavoro umano standard.
Oggi il modello vincente è diverso e basato su lavoro ibrido con un bilanciamento tra presenza e remoto; catene di produzione regionalizzate che offrono più sicurezza e meno rischio; e, infine e in modo sostanziale, automazione diffusa, che permette meno dipendenza dall’uomo nei processi ripetitivi.
Cinque anni dopo il Covid, il futuro del lavoro, della produzione e dell’innovazione si è riscritto su nuove regole. Non è più centralizzato, ma diffuso. Chi ha già unito i puntini cresce. Gli altri? Guardano ancora indietro.
“Non è possibile unire i puntini guardando avanti; potete solo unirli guardandovi indietro”, Steve Jobs.
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